Folk Tale

Il re nel paniere

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
LanguageItalian
OriginItaly

C'era una volta un legnaiolo di Corte e questo legnaiolo di Corte aveva tre figliole. Un giorno il Re gli comandò d'andare a fare un lavoro fuori via, come sarebbe a tagliare un bosco in un paese lontano, una cosa da starci degli anni. Quest'uomo, " Non ci vado " al Re non lo poteva dire: doveva pur guadagnarsi da mangiare; ma d'andare cosí lontano gli rincresceva, per via delle figliole che avrebbe dovuto lasciar sole. Rincasò tutto afflitto. - Ragazze, Sua Maestà m'ha ordinato questo lavoro. Bisogna che vi lasci. Ma voglio che -vi contentiate d'una cosa. - Di cosa. babbo? -Che io prima di partire, vi muri l'uscio di casa, in modo che nessuno possa entrare né voi andarvene a giro. - Se voi dite cosí, babbo, noi siamo contente. Il legnaiolo fece murare l'uscio di casa, lasciò alle ragazze dei quattrini e tutto il necessario. Poi disse: - Prendete questo bel paniere grande, legatelo alla fune del pozzo e quando passa uno di quegli uomini che vendono la roba per le strade, calatelo con dentro i quattrini, e cosí comprerete tutto quello che vi serve. Si dissero addio, s'abbracciarono, piansero e se n'andò. I muratori erano lí pronti e finirono di murare la porta, perché ci aveva lasciato un pertugio per passare. Le tre ragazze, non potendo uscire, stavano sempre affacciate alla finestra naso all'aría. Le vide il Re e trovò che ragazze belle come quelle non se n'erano mai viste. Allora si vestí da merciaio e andò sotto le loro finestre a gridare: - Oh, le belle matasse d'oro! Oh, le belle matasse d'oro! Le ragazze pensarono di comprarne per i loro lavori di ricamo. Lo chiamarono. - Cosa comandano lorsignore? - disse lui. -A quanto le fate, queste matasse d'oro? Lui disse: - Tre zecchini, - un prezzo caro, perché era Re e non aveva un'idea precisa dei quattrini; ma le ragazze gli calarono uno zecchino nella cesta e gli dissero di mettere le matasse. - Attente, perché pesano. Ce la fate a tirarle su? E loro: - Volete che non ce la facciamo? siamo in tre! Allora lui disse: - Ecco! Tirate! - E si cacciò nel paniere. Quando, tirato su il paniere a gran fatica, le sorelle videro che c'era dentro un uomo, volevano buttare di sotto paniere e tutto. Ma l'uomo s'afferrò alla finestra e disse: - Ferme! Sono il Re! Sapendovi sole, son venuto a farvi compagnia! Le ragazze si strinsero l'una all'altra e dissero: - Maestà, noi siamo povere ragazze. Come possiamo ricevere un pari vostro? Il Re rispose: - Non ci pensate. lo non vado in cerca del lusso. Vengo da voi per passare un'ora, perché siete belle e certo siete buone -. E aggiunse: - Quanto mi rincresce che non ci sia vostro padre! Perché io da stasera do tre grandi feste: ed è un peccato che non possa pregare vostro padre di mandarvi. -Troppo garbato, - dissero le ragazze con un inchino, - troppo garbato. -Quando ci sarà vostro padre ne darò delle altre, di feste, disse il Re, - e voi verrete -. Cosí stette in piacevole conversazione per un'ora, poi si fece calare nel paniere. Le tre sorelle rimasero a chiacchierare fitto fitto su quella visita del Re. Disse la minore: - Ma cosa credete? Che io stasera non mi farò calare da voi giú nel paniere? - Calarti? E a far che? -Voi calatemi: poi vedrete -. Le convinse, e le sorelle la calarono giú dalla finestra. La ragazza, che si chiamava Leonetta, portò con sé il paniere e andò al palazzo reale. Entrò dalla porta della cucina; le guardie erano alla porta grande, e poté entrare. In quel momento i cuochi erano tutti andati a spiare dall'uscio l'ingresso degli invitati, e avevano lasciato i fornelli abbandonati. Leonetta cominciò a prender roba e a cacciarla nel cestino: polli arrosto, abbacchi allo spiedo, pasticci di maccheroni, torte mandorlate; e tutto quel che non poteva portar via ci buttava sopra cenere e acqua, cosí da sciuparla tutta. Poi corse via col paniere zeppo d'ogni ben di Dio. Sotto le finestre fischiò alle sorelle che con la fune tirarono su lei e tutta la roba. L'indomani quando sentirono: - Oh! le belle matasse d'oro! - calarono il paniere e tirarono su il Re. Il Re aveva la faccia scura. - Cos'avete oggi, Maestà? -Oh, ragazze mie, sapeste cosa m'è successo ieri sera! All'ora d'andare a tavola, i servi vanno in cucina e trovano tutti i piatti rovinati con cenere e acqua, uno strazio, non si poteva mangiare nulla. Si sono buttati tutti ai miei piedi, si sono detti innocenti, e gli ho creduto. Ma c'è qualche astro maligno che ce l'ha con me, o un traditore che vuole rovesciare il mio trono. Ho fatto mettere guardie dappertutto per la festa che c'è stasera. Se scopro chi è, il pezzo piú grosso che lascerò di lui sarà come un granellino di rena Le ragazze presero a rammaricarsi. - Ma no? Ma dica! Ma come si fa a far queste cose? - E la piú costernata era Leonetta: - Ma pensi, con un Re che è cosí buono, come ci può essere gente con queste idee per il capo? E il Re se n'andò un po' consolato dall'aver trovato tanta comprensione nelle tre sorelle. La sera, Leonetta fece alle altre due: - su, su, presto, calatemi! - Ma sei matta? - le dissero le sorelle, - stasera te ne stai a casa! Dopo quello che hai combinato ieri, figurati se ti caliamo! Non hai sentito cos'ha detto il Re? No e sí, no e si, finirono per calarla. Leonetta andò al palazzo reale col paniere e invece d'entrare nella cucina, che era sorvegliata dalle guardie, scese in cantina. Là i meglio fiaschi e le meglio bottiglie erano tutte per lei; quando il paniere fu pieno, diede la stura alle botti e scappò via. L'indomani, il Re si fece tirar su nella cesta, piú morto che vivo. - Che le è successo, Maestà? -Non vi, dico, ragazze mie: la cucina iersera l'hanno rispettata, ma sul piú bello della festa, quando ho dato ordine che portassero da bere agli invitati, i servi sono andati in cantina e l'hanno trovata allagata che il vino arrivava al ginocchio, con tutte le botti stappate che buttavano ancora. - Maestà, cosa ci dice! -Care ragazze, sono tempi brutti, ci dev'essere tutta una congiura per cacciarmi dal trono. Stasera metterò doppia guardia e se pesco uno di questi traditori, un granellino di rena sarà cento volte piú grosso del pezzo piú grosso che resterà di lui! E Leonetta: - Oh, lei ha ragione, Maestà! Un cosí buon signore, fargli di queste cose! Le sorelle, quella sera, non volevano proprio calarla. Ma lei tanto disse e tanto fece che la misero nella cesta, dichiarando: - Be', fa un po' quello che vuoi. Noi scriviamo subito a nostro padre che non rispondiamo di quello che fai. La cucina e la cantina stavolta erano piene di guardie. Leonetta s'intrufolò nel guardaroba e quanti mantelli, pellicce, cappelli con le penne, stivali, poté prendere tanti ne mise nel paniere. Poi diede fuoco a tutto il resto, e scappò. A casa, la prima cosa che le tre sorelle facevano ogni mattino era di nascondere tutta la roba di modo che quando veniva il Re non s'accorgesse di niente. Cosí quel giorno ebbero un bel daffare a nascondere tutti quei vestiti che s'erano provati e riprovati tutta la notte. Si rimisero i loro panni soliti, ma Leonetta si dimenticò ai piedi un paio di scarpini d'argento. Il Re, quando sali nel paniere, aveva i capelli in disordine e i cerchi sotto gli occhi. - Sapeste, ragazze mie! - disse, - sono giunti fino a tentare d'appiccare il fuoco al mio palazzo! Per fortuna ce ne siamo accorti in tempo, ma il guardaroba intanto è mezzo brucíato! Ora non darò piú feste, non farò piú niente, ho quasi voglia di abdicare e lasciare la corona. - Traditorí! - gli faceva eco Leonetta. - Un cosí buon signore! Venne l'ora solita in cui il Re se ne andava e le sorelle lo calavano giú. Ma mentre il canestro s'abbassava, lui guardando in su vide gli scarpini d'argento di Leonetta, e capi che erano quelli spariti dal suo guardaroba. Gridò: - Ah, traditora! - e fece per aggrapparsi alla finestra. Allora le sorelle mollarono tutte insieme la fune, e il Re nel paniere cadde giú fino a terra, e quasi credevano che si fosse ammazzato, ma poi si rialzò e se n'andò tutto malconcio. Tornò al palazzo zoppicando e subito meditò la sua vendetta. Scrisse al legnaíolo che tornasse ímmantinente dovendogli parlare. Il legnaiolo che s'aspettava di restar lontano chissà quanti mesi, fu tutto contento di tornare, e ancor piú contento quando si sentí chiedere dal Re la mano di una sua figlia. - Una qualsiasi delle tre, - gli disse, - quella che mi vuole. Il legnaiolo andò a casa e riferí alle figlie la proposta. La piú grande disse: - Io no, babbo, non lo prenderei davvero... E la seconda: -- Neppure io, sa, babbo: perché... E Leonetta, subito: - Lo prenderò io. Il legnaiolo tornò dal Re e disse: - Maestà, l'ho detto alle mie figlie. La prima m'ha risposto: " lo no, non lo prenderei davvero... ", la seconda m'ha risposto: " Neppure io, sa, perché... " e la terza invece: " Lo prenderò io ". Il Re si disse: " Allora è proprio lei la piú sfrontata, quella che m'ha combinato tutti i disastri ", e al legnaiolo rispose: - Allora sposerò la terza. Le nozze furono combinate di lí a pochi giorni. La sposa aveva ai suoi ordini tante damigelle della servitú reale. Disse a queste damigelle: - Sentite: voglio fare una burla al Re. - Cosa, signora, cosa vuol fare? -State zitte, mi raccomando: voglio fare una donna di pasta, grande quanto me, col petto di zucchero e miele, e che abbia dei fili che le facciano far cenno di sí e di no. Voglio metterla nel letto al mio posto e vedere se il Re se ne accorge. Le damigelle s'affaccendarono e le fabbricarono la donna di pasta. Lei la fece mettere nel letto nuziale, con la sua camicia e la sua cuffietta da notte. Dopo lo sposalizio ci fu il banchetto, la cena, e poi venne l'ora d'andare a letto. Leonetta chiese d'andar su per prima, e si nascose sotto il letto, tenendo in mano i fili per far muovere la donna di pasta. Entrò in camera il Re, chiuse la porta, e disse: - A noi due, ora, mia cara! Finalmente sei in mano mia! Ti ricordi quando mi dicevi: " Lei è tanto un buon signore, Maestà... " ? -Sì, me ne ricordo, - disse Leonetta di sotto il letto, facendo muovere il capo alla donna di pasta. - Ah si, e chi era che mi devastava la cucina? -Io, Maestà, - diceva Leonetta e la donna di pasta nel letto muoveva la testa e le mani. Bella impostora! E chi mi devastava la cantina? lo, Maestà! E il guardaroba? Sempre io, Maestà! E tu credi che tolleri questi soprusi! Non so, Maestà! L'aveva appena detto, che il Re sguainò la spada e la ficcò nel petto della donna di pasta credendo fosse la sua sposa, e fu tutto spruzzato di zucchero e di miele. -Ecco, t'ho uccisa, - prese a gridare, - l'hai voluto! - e sentendosi sulle labbra zucchero e miele: - Eppure, eri fatta di zucchero e di miele! Potevamo esser felici! Se tu fossi viva ancora ti vorrei un gran bene! E Leonetta di sotto il letto, con una vocina flebile: - Son morta... -Cos'ho mai fatto? - si diceva il Re. - Leonetta mia di zucchero e miele... se tu ci fossi ora, ti vorrei un gran bene! E Leonetta: - Ormai son morta... - Se sei morta è meglio che muoia anch'io! - disse il Re, e fece per buttarsi sulla spada. - No, che sono viva! Sono viva! - gridò Leonetta saltando fuori di sotto il letto e abbracciandolo. S'attaccarono al collo, si baciarono, e da allora in poi vissero amandosi felici come pasque.


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