Folk Tale

La colomba ladra

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU425
LanguageItalian
OriginItaly

C'era una figlia di Re e di Regina, con una treccia così bella che non voleva parrucchiere e se la pettinava sempre da sé. Un giorno, mentre si pettinava, lasciò la pettinessa (Nota 1 Pittinissa (dial. siciliano): femminile di pettini, "quel pettine lungo che è mezzo a denti radi per istrigare i capelli, e mezzo a denti fini per pettinarli e lisciarli".) sul davanzale. Sul davanzale si posò una colomba, prese nel becco la pettinessa e volò via.

- Olà! Olà! La colomba m'ha preso la pettinessa! - gridò la Reginella, ma la colomba era volata già lontana.

L'indomani, la Reginella si stava di nuovo pettinando alla finestra, quando la colomba tornò, afferrò l'intrecciatura (Nota 2 'ntrizzaturi (dial. siciliano): "nastro o laccio con cui le donne avvolgono e annodano le trecce de' lor capelli, intrecciatura".) e scappò via. Il terzo giorno, appena finito di pettinarsi, aveva ancora la tovaglia buttata sulle spalle, quando calò la colomba, afferrò la tovaglia e rivolò via. Questa volta la ragazza, indispettita, prese una scaletta di seta, si calò giù e corse dietro alla colomba. La colomba, invece di fuggire come tutte le colombe, aspettava che ella le venisse vicino, poi prendeva il volo e andava a posarsi un po' più in là. La ragazza s'indispettiva sempre di più: a furia di piccoli voli, la colomba s'era inoltrata nel bosco, e la Reginella dietro. In mezzo al bosco c'era una casetta solitaria, la colomba vi s'infilò. La porta era aperta e dentro la Reginella vide un bel giovane. Gli chiese: - Avete visto entrare una colomba con una tovaglia in bocca?

- Sì, - rispose il giovane, - quella colomba sono io. - Voi?

- Sì.

- E come?

- M'hanno fatato le Fate, e non posso uscir di qua sotto forma di uomo, finché tu non starai per un anno un mese e un giorno sotto il sole e sotto le stelle seduta alla finestra di questa casetta, con gli occhi fissi sulla montagna qua di fronte, dove io volerò sotto forma di colomba.

La Reginella, senza neppur starci a pensare, si sedette alla finestra. La colomba prese il volo e andò a posarsi sulla montagna. Passò un giorno, un altro giorno, un terzo giorno e la Reginella era sempre là ferma con gli occhi fissi; passarono le settimane, e la Reginella sotto il sole, la luna e le stelle, sempre ferma come fosse di legno. E a poco a poco diventava scura, sempre più scura, finché non fu nera come la pece. Così passò un anno un mese e un giorno, e la colomba ridiventò uomo e scese dalla montagna. Appena vide che la Reginella era diventata così nera esclamò: - Ppuh! Come sei brutta! Non ti vergogni di farti vedere così imbruttita per un uomo! Va' via! - e le sputò.

La povera ragazza si sentì morire. Prese a camminare, e mentr'era in una campagna e piangeva a dirotto l'incontrarono tre Fate.

- Che hai? - e lei, piangendo, raccontò.

- Non dubitare, - le dissero le Fate. - Non resterai sempre così, - e la più grande delle Fate le passò una mano sul viso: la ragazza ridiventò bella, ma più bella di prima, bella come il sole. La seconda delle Fate le diede un vestito da imperatrice. E la Fata più piccola una cesta di gioielli. - Adesso, - dissero le Fate, - noi staremo sempre con te e fingeremo d'esser le tue serve.

Così si misero in cammino e arrivarono alla città dov'era Re quel giovane. Le Fate, in un batter d'occhio, di fronte al palazzo del Re se ne fecero fare uno cento volte più bello. Il Re s'affaccia, vede quella meraviglia, e gli pareva di sognare. A una finestra, c'era affacciata questa ragazza che pareva un'imperatrice e il Re cominciò ad adocchiarla. - Se comincia a far la ruota, dàgli spago, - le dissero le Fate. Il Re, guarda oggi, ammicca domani, finì per domandarle se veniva a fargli visita. La Reginella cominciò a risponder di no una volta, due; poi finì per dire: - Ebbene, Maestà, se mi volete in visita, dovete fare un pontile dal mio balcone al vostro, con un tappeto di petali di rose alto due palmi.

Il Re non la lasciò neppur finire: aveva già dato l'ordine di fare il pontile. Centinaia di donne si misero a coglier rose, a coglier rose, a staccar petali, a staccar petali, a sacchi, a montagne, una cosa mai vista.

Quando il pontile coi petali di rose fu pronto, le Fate dissero alla Reginella: - Vestiti da grande imperatrice, e noi ti seguiremo come tue dame di Corte. Quando sarai a metà del pontile, fingi di sentirti punta da una spina, e poi lascia fare a noi.

La Reginella cominciò a venir avanti sui petali di rosa vestita d'un abito rosa da imperatrice. Il Re l'aspettava dall'altra parte tutto impaziente ma non poteva metter piede sul pontile per ordine dell'Imperatrice. Quando fu a metà del pontile, - Muoio! - gridò la ragazza, - m'ha punto una spina! - e finse di svenire. Le Fate la sollevarono e la riportarono al suo palazzo. Il Re voleva correre ad aiutarla ma c'era stato quell'ordine e rimase lì mordendosi le mani.

Dal suo palazzo, vedeva là di fronte un entrare e uscire di medici, di farmacisti; finì per entrare anche un prete col Viatico. Solo lui non ci poteva andare. Si diceva che la spina le avesse fatto gonfiare la gamba, che peggiorava sempre; dopo quaranta giorni si seppe che la malattia aveva girato e l'Imperatrice si stava rimettendo. Quando seppe che era guarita, il Re cominciò a ridomandare d'esser ricevuto. Le Fate allora dissero alla ragazza: - Rispondigli che tu andrai a fargli visita, ma vorrai un pontile con tre palmi di gelsomino. E quando sarai a metà del pontile, fingerai d'esserti punta con un'altra spina.

Il Re, svelto, fece cogliere tutti i fior di gelsomino del Regno e ne fece fare un gran tappeto. E quando tutto fu pronto, ella avanzò vestita da imperatrice. All'altra estremità del pontile il Re la guardava col cuore in gola per paura di qualche spina. A mezza strada: - Ahi! Muoio! Una spina m'ha trapassato un piede! - Le dame la presero sulle loro braccia svenuta, e se la riportarono al palazzo. Il Re si strappava i capelli.

Cominciò a mandare e rimandare da lei servitori, ma vedere non poteva vederla, passare sul pontile neanche, e dava la testa contro il muro dalla disperazione. Finì per mettersi a letto malato, e continuava a mandar ambasciate per sentire come stava l'Imperatrice, e finì per mandarle a dire che lo lasciasse venire da lei, malato com'era, perché voleva chiederla in sposa.

- Ditegli, - rispose la Reginella, - che m'avvicinerei a lui solo se lo vedessi steso sul cataletto.

Quando seppe questa risposta, il Re, che ormai aveva perso la testa, si fece preparare un cataletto, ci fece mettere intorno le candele, e fingendosi morto si fece portare sotto le finestre dell'Imperatrice. - Affacciatevi, Maestà, - le dissero, - c'è là sotto il nostro Re morto.

La ragazza s'affacciò al balcone e disse: - Ppuh! Alla tua faccia! Per una donna, l'hai fatto? - e gli sputò.

Il Re, a sentir quella frase, si ricordò di quel che aveva fatto a quella buona ragazza nera come la pece, e in quel momento gli venne in mente che poteva assomigliare alla bellissima Imperatrice di cui era innamorato, e tutt'a un tratto capì che era la stessa persona. Figuratevi la sua disperazione! Da morto per finta fu lì lì per diventare un morto vero.

Ma arrivarono le tre dame di Corte e gli dissero che la loro padroncina l'aspettava. Il Re entrò e le domandò perdono. Si aperse subito Cappella reale e si sposarono. Il Re voleva far restare con loro le tre Fate, ma quelle domandarono bellissima licenza e se n'andarono.


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