Folk Tale

Il Balalicchi con la rogna

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
LanguageItalian
OriginItaly

Un pescatore aveva un figlio bambino, che quando lo vedeva entrare in barca diceva: - Padre, prendimi con te.

E il pescatore: - No, ché può venire la tempesta.

E se c'era bonaccia: - No, ché può venire il pescecane.

E se non era la stagione dei pescecani: - No, ché la barca può affondare.

Così lo tenne buono fino a nove anni, ma a quell'età non ci fu verso. Dovette portarlo con sé a pescare in mezzo al mare.

In mezzo al mare il pescatore gettò le reti e il bambino la lenza. Il pescatore tirò la rete e non c'era neanche un pesciolino, il bambino tirò la lenza e c'era attaccato un pesce enorme. - Questo, padre, lo voglio portare io di persona al Re -. Tornarono a riva, il bambino si vestì bello pulito, mise il pesce in una cesta su un fondo d'alghe verdi e andò dal Re.

Il Re vide il pesce e schioccò la lingua. - Olà! - chiamò un cameriere. - Olà! Date cinquanta onze a quel pescatorino! - E a lui domandò: - Come ti chiami?

- Io mi chiamo Pidduzzu, maestà, - disse il pescatorino.

- Allora, Pidduzzu, ci vuoi stare a Palazzo reale?

- Magari! - fece il bambino.

Così, col consenso di suo padre, Pidduzzu fu allevato a Palazzo, vestito di seta fine e con tanti maestri e professori. Diventò istruito, crebbe, e non lo chiamavano più Pidduzzu ma "il cavaliere Don Pidduzzu".

A Palazzo cresceva pure la figlia del Re, che si chiamava Pippina e voleva bene a Pidduzzu come agli occhi suoi. A diciassett'anni si presentò un figlio di Re a chiederla in sposa. Il padre, che ci teneva, le parlò per convincerla a sposarlo. Ma Pippina aveva Pidduzzu in cuore e disse a suo padre che o avrebbe sposato Pidduzzu o non si sarebbe sposata mai. Il Re s'inalberò, chiamò Pidduzzu: - Mia figlia ha perso la testa per te e ciò non può essere: bisogna che tu te ne vada da Palazzo.

- Maestà, - fece Don Pidduzzu, - in questo modo mi mandate via?

- Mi dispiace, - disse il Re, - ti tenevo come un figlio. Ma non aver paura, non toglierò la mia mano dal tuo capo -. Così Don Pidduzzu andò per il mondo, e la Reginetta fu chiusa in un monastero, facciamo conto come quello di Santa Caterina.

Don Pidduzzu andò ad alloggiare a una locanda. La sua finestra dava in un pozzo di luce (Nota 1 Puzzu di lumi (dial. siciliano): "pozzo che dà luce nelle case".) e su questo pozzo di luce s'apriva pure una finestrella di quel monastero. Alla finestrella s'affacciò Pippina. Appena si videro, a gesti, a frasi, presero a consolarsi. Pippina, nella sua cella del monastero, trovò un libro d'incantesimi, nascosto da una monaca che era diventata strega, e lo calò a Don Pidduzzu giù dalla finestra.

L'indomani il Re andò a trovare sua figlia e domandò alla Madre superiora il permesso di parlarle, e siccome era Re glielo diedero. La Reginetta disse al padre: - Sentite, papà, risolviamo questa storia. Il Reuzzo ha un suo brigantino; voi date un brigantino a Don Pidduzzu. Che partano tutt'e due uno da una parte, uno dall'altra. Chi tornerà coi regali più belli, sarà mio marito.

- L'idea mi piace, - disse il Re. - Sarà fatto, - e chiamati i due pretendenti a Palazzo spiegò il piano della figlia. Quelli furono contenti tutti e due: il Reuzzo perché sapeva che Don Pidduzzu non aveva il becco d'un quattrino; Don Pidduzzu perché col libro degli incantesimi era sicuro del fatto suo.

Così, levarono le ancore e partirono. Al largo, Don Pidduzzu aperse il libro, e v'era scritto: "Domani, alla prima terra che trovi, attracca; scendi con tutta la ciurma e con un palo". L'indomani fu avvistata un'isola, Don Pidduzzu e la ciurma sbarcarono e si portarono un palo. A terra, aperse il libro. C'era scritto: "Proprio nel mezzo, troverai una botola, poi un'altra, e un'altra ancora; sollevale col palo e scendi giù". Così fece: trovò la botola nel mezzo dell'isola, la sollevò facendo leva col palo; sotto la botola ce n'era un'altra, e sotto un'altra ancora. Sollevata l'ultima, si vide una scala. Don Pidduzzu scese e si trovò in una galleria tutta d'oro zecchino: mura, porte, pavimento, soffitto, tutto d'oro, e una tavola apparecchiata per ventiquattro, con cucchiai, saliere, candelieri d'oro. Don Pidduzzu guardò nel libro. C'era scritto: "Prenditeli". Chiamò la ciurma e diede l'ordine di portare tutto quanto a bordo. Dodici giorni ci misero a caricare. C'erano ventiquattro statue d'oro così pesanti che se ne potevano caricare solo un paio al giorno. Sul libro c'era scritto: "Lascia le botole come le hai trovate". Così fece, e il brigantino alzò le ancore.

"Metti le vele e seguita il tuo viaggio", diceva il libro. Navigarono così per tutto il mese, ma i marinai cominciavano a stancarsi.

- Capitano, dove ci state conducendo?

- Tiriamo avanti, ragazzi, che presto siamo a Palermo.

Apriva tutti i giorni il libro, ma non c'era scritto niente. Finalmente, trovò: "Domani vedrai un'isola: sbarca". A terra, il libro diceva di nuovo: "In mezzo c'è una botola; sollevala; poi altre due, poi una scala; scendi e tutto quel che trovi è tuo". Questa volta Don Pidduzzu trovò una spelonca con prosciutti e caciocavalli appesi tutt'intorno tante giarre. Don Pidduzzu lesse il libro: "Non mangiare niente, prendi la terza giarra a sinistra, c'è un balsamo che guarisce qualsiasi malattia". E Don Pidduzzu portò a bordo la giarra. A bordo aperse il libro: "Torna indietro", c'era scritto. - Finalmente! - gridarono tutti.

Ma nel viaggio di ritorno, mentre navigavano e non vedevano che cielo e mare, cielo e mare, ecco che si fanno all'orizzonte le navi dei corsari turchi. Ci fu battaglia e tutta la ciurma fu presa e portata in Turchia. Don Pidduzzu e il pilota furono condotti dal Balalicchi. Il Balalicchi domandò al Catrai (Nota 2 "Balalicchi dice la narratrice essere un Re dei Turchi. Catrai o catraju, interprete".) : - Questi di dove sono?

- Siciliani, Maestà, - disse il Catrai.

- Siciliani! Dio me ne scampi! - disse il Balalicchi. - Incatenateli! Teneteli a pane e acqua, e fateli lavorare a trasportar macigni!

Così Don Pidduzzu non faceva che pensare alla sua Reginella, che lo stava aspettando coi regali.

Bisogna sapere che a quel Balalicchi era venuta la rogna. Ne era carico dalla testa ai piedi e non trovava medicina per guarirla. Quando Don Pidduzzu, dai discorsi degli altri prigionieri, venne a sapere questo fatto, dichiarò alle guardie che lui, in cambio della libertà, avrebbe guarito il Balalicchi.

Il Balalicchi lo riseppe e chiamò il siciliano. - Tutto quel che vuoi, basta che mi guarisci dalla rogna -. Don Pidduzzu non si contentò della parola: volle tanto di carta scritta, e il permesso di tornare sul suo bastimento. Il bastimento era tirato a riva; da bordo non avevano portato via niente, perché erano corsari d'onore. Don Pidduzzu prese una bottiglia del balsamo di quella giarra, tornò dal Balalicchi, lo fece coricare e poi con un pennello cominciò a ungerli la crapa, la faccia e il collo. Prima di sera il Balalicchi cominciò a cambiar pelle come un serpente, e sotto quella pelle rognosa ne aveva un'altra tutta rosea e liscia. L'indomani Don Pidduzzu gli unse il petto, pancia e schiena, e la sera la pelle si cambiò. Il terzo giorno unse le gambe e le braccia, e il Balalicchi era del tutto risanato. E Don Pidduzzu salpò con la sua ciurma.

Sbarcò a Palermo, e subito in carrozza a trovare Pippina, che non stava più in sé dalla gioia. Il Re gli chiese com'era andata. - Lo sa Dio com'è andata, Maestà, - disse Don Pidduzzu, - ora vorrei mi si preparasse una galleria per metterci i miei regali. È vero che è roba da niente, ma visto che ci sono...

E cominciò a far scaricare tutta la roba d'oro che aveva. Per un mese non fecero altro che scaricare. Messo a posto la roba, disse al Re: - Maestà, io domani sono pronto; se volete, prima andate a vedere cos'ha portato il Reuzzo, e poi le cose mie.

L'indomani il Re andò a vedere i regali del Reuzzo: suppellettili, oggetti da toeletta, belle cose, sì, niente da dire. Il Re gli fece tanti complimenti. Poi, insieme andarono a vedere da Don Pidduzzu: appena si trovò davanti a quello splendore, il Reuzzo fece: - Ah! - si voltò, si mise a correre, scese gli scalini a quattro a quattro, s'imbarcò sulla sua nave e nessuno lo vide più.

La folla gridò: - Viva Don Pidduzzu! - e il Re l'abbracciò. Insieme andarono a prendere Pippina a Santa Caterina, e dopo tre giorni i fidanzati si sposarono.

Don Pidduzzu mandò a cercare suo padre e sua madre, di cui non sapeva più niente. Poveretti! Andavano ancora a piedi scalzi. Li fece vestire da padre e da madre di Reuzzo quali erano, e li tenne con sé a Palazzo.

Tutti restarono felici e contenti / E noialtri restammo senza niente.


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