Folk Tale

Il Balalicchi con la rogna

TitleIl Balalicchi con la rogna
Book AuthorItalo Calvino
Chapter Nr.155
Language codeita
Origin (region)Palermo

Un pescatore aveva un figlio bambino, che quando lo vedeva entrare in barca diceva: - Padre, prendimi con te.

E il pescatore: - No, ché può venire la tempesta.

E se c'era bonaccia: - No, ché può venire il pescecane.

E se non era la stagione dei pescecani: - No, ché la barca può affondare.

Così lo tenne buono fino a nove anni, ma a quell'età non ci fu verso. Dovette portarlo con sé a pescare in mezzo al mare.

In mezzo al mare il pescatore gettò le reti e il bambino la lenza. Il pescatore tirò la rete e non c'era neanche un pesciolino, il bambino tirò la lenza e c'era attaccato un pesce enorme. - Questo, padre, lo voglio portare io di persona al Re -. Tornarono a riva, il bambino si vestì bello pulito, mise il pesce in una cesta su un fondo d'alghe verdi e andò dal Re.

Il Re vide il pesce e schioccò la lingua. - Olà! - chiamò un cameriere. - Olà! Date cinquanta onze a quel pescatorino! - E a lui domandò: - Come ti chiami?

- Io mi chiamo Pidduzzu, maestà, - disse il pescatorino.

- Allora, Pidduzzu, ci vuoi stare a Palazzo reale?

- Magari! - fece il bambino.

Così, col consenso di suo padre, Pidduzzu fu allevato a Palazzo, vestito di seta fine e con tanti maestri e professori. Diventò istruito, crebbe, e non lo chiamavano più Pidduzzu ma "il cavaliere Don Pidduzzu".

A Palazzo cresceva pure la figlia del Re, che si chiamava Pippina e voleva bene a Pidduzzu come agli occhi suoi. A diciassett'anni si presentò un figlio di Re a chiederla in sposa. Il padre, che ci teneva, le parlò per convincerla a sposarlo. Ma Pippina aveva Pidduzzu in cuore e disse a suo padre che o avrebbe sposato Pidduzzu o non si sarebbe sposata mai. Il Re s'inalberò, chiamò Pidduzzu: - Mia figlia ha perso la testa per te e ciò non può essere: bisogna che tu te ne vada da Palazzo.

- Maestà, - fece Don Pidduzzu, - in questo modo mi mandate via?

- Mi dispiace, - disse il Re, - ti tenevo come un figlio. Ma non aver paura, non toglierò la mia mano dal tuo capo -. Così Don Pidduzzu andò per il mondo, e la Reginetta fu chiusa in un monastero, facciamo conto come quello di Santa Caterina.

Don Pidduzzu andò ad alloggiare a una locanda. La sua finestra dava in un pozzo di luce (Nota 1 Puzzu di lumi (dial. siciliano): "pozzo che dà luce nelle case".) e su questo pozzo di luce s'apriva pure una finestrella di quel monastero. Alla finestrella s'affacciò Pippina. Appena si videro, a gesti, a frasi, presero a consolarsi. Pippina, nella sua cella del monastero, trovò un libro d'incantesimi, nascosto da una monaca che era diventata strega, e lo calò a Don Pidduzzu giù dalla finestra.

L'indomani il Re andò a trovare sua figlia e domandò alla Madre superiora il permesso di parlarle, e siccome era Re glielo diedero. La Reginetta disse al padre: - Sentite, papà, risolviamo questa storia. Il Reuzzo ha un suo brigantino; voi date un brigantino a Don Pidduzzu. Che partano tutt'e due uno da una parte, uno dall'altra. Chi tornerà coi regali più belli, sarà mio marito.

- L'idea mi piace, - disse il Re. - Sarà fatto, - e chiamati i due pretendenti a Palazzo spiegò il piano della figlia. Quelli furono contenti tutti e due: il Reuzzo perché sapeva che Don Pidduzzu non aveva il becco d'un quattrino; Don Pidduzzu perché col libro degli incantesimi era sicuro del fatto suo.

Così, levarono le ancore e partirono. Al largo, Don Pidduzzu aperse il libro, e v'era scritto: "Domani, alla prima terra che trovi, attracca; scendi con tutta la ciurma e con un palo". L'indomani fu avvistata un'isola, Don Pidduzzu e la ciurma sbarcarono e si portarono un palo. A terra, aperse il libro. C'era scritto: "Proprio nel mezzo, troverai una botola, poi un'altra, e un'altra ancora; sollevale col palo e scendi giù". Così fece: trovò la botola nel mezzo dell'isola, la sollevò facendo leva col palo; sotto la botola ce n'era un'altra, e sotto un'altra ancora. Sollevata l'ultima, si vide una scala. Don Pidduzzu scese e si trovò in una galleria tutta d'oro zecchino: mura, porte, pavimento, soffitto, tutto d'oro, e una tavola apparecchiata per ventiquattro, con cucchiai, saliere, candelieri d'oro. Don Pidduzzu guardò nel libro. C'era scritto: "Prenditeli". Chiamò la ciurma e diede l'ordine di portare tutto quanto a bordo. Dodici giorni ci misero a caricare. C'erano ventiquattro statue d'oro così pesanti che se ne potevano caricare solo un paio al giorno. Sul libro c'era scritto: "Lascia le botole come le hai trovate". Così fece, e il brigantino alzò le ancore.

"Metti le vele e seguita il tuo viaggio", diceva il libro. Navigarono così per tutto il mese, ma i marinai cominciavano a stancarsi.

- Capitano, dove ci state conducendo?

- Tiriamo avanti, ragazzi, che presto siamo a Palermo.

Apriva tutti i giorni il libro, ma non c'era scritto niente. Finalmente, trovò: "Domani vedrai un'isola: sbarca". A terra, il libro diceva di nuovo: "In mezzo c'è una botola; sollevala; poi altre due, poi una scala; scendi e tutto quel che trovi è tuo". Questa volta Don Pidduzzu trovò una spelonca con prosciutti e caciocavalli appesi tutt'intorno tante giarre. Don Pidduzzu lesse il libro: "Non mangiare niente, prendi la terza giarra a sinistra, c'è un balsamo che guarisce qualsiasi malattia". E Don Pidduzzu portò a bordo la giarra. A bordo aperse il libro: "Torna indietro", c'era scritto. - Finalmente! - gridarono tutti.

Ma nel viaggio di ritorno, mentre navigavano e non vedevano che cielo e mare, cielo e mare, ecco che si fanno all'orizzonte le navi dei corsari turchi. Ci fu battaglia e tutta la ciurma fu presa e portata in Turchia. Don Pidduzzu e il pilota furono condotti dal Balalicchi. Il Balalicchi domandò al Catrai (Nota 2 "Balalicchi dice la narratrice essere un Re dei Turchi. Catrai o catraju, interprete".) : - Questi di dove sono?

- Siciliani, Maestà, - disse il Catrai.

- Siciliani! Dio me ne scampi! - disse il Balalicchi. - Incatenateli! Teneteli a pane e acqua, e fateli lavorare a trasportar macigni!

Così Don Pidduzzu non faceva che pensare alla sua Reginella, che lo stava aspettando coi regali.

Bisogna sapere che a quel Balalicchi era venuta la rogna. Ne era carico dalla testa ai piedi e non trovava medicina per guarirla. Quando Don Pidduzzu, dai discorsi degli altri prigionieri, venne a sapere questo fatto, dichiarò alle guardie che lui, in cambio della libertà, avrebbe guarito il Balalicchi.

Il Balalicchi lo riseppe e chiamò il siciliano. - Tutto quel che vuoi, basta che mi guarisci dalla rogna -. Don Pidduzzu non si contentò della parola: volle tanto di carta scritta, e il permesso di tornare sul suo bastimento. Il bastimento era tirato a riva; da bordo non avevano portato via niente, perché erano corsari d'onore. Don Pidduzzu prese una bottiglia del balsamo di quella giarra, tornò dal Balalicchi, lo fece coricare e poi con un pennello cominciò a ungerli la crapa, la faccia e il collo. Prima di sera il Balalicchi cominciò a cambiar pelle come un serpente, e sotto quella pelle rognosa ne aveva un'altra tutta rosea e liscia. L'indomani Don Pidduzzu gli unse il petto, pancia e schiena, e la sera la pelle si cambiò. Il terzo giorno unse le gambe e le braccia, e il Balalicchi era del tutto risanato. E Don Pidduzzu salpò con la sua ciurma.

Sbarcò a Palermo, e subito in carrozza a trovare Pippina, che non stava più in sé dalla gioia. Il Re gli chiese com'era andata. - Lo sa Dio com'è andata, Maestà, - disse Don Pidduzzu, - ora vorrei mi si preparasse una galleria per metterci i miei regali. È vero che è roba da niente, ma visto che ci sono...

E cominciò a far scaricare tutta la roba d'oro che aveva. Per un mese non fecero altro che scaricare. Messo a posto la roba, disse al Re: - Maestà, io domani sono pronto; se volete, prima andate a vedere cos'ha portato il Reuzzo, e poi le cose mie.

L'indomani il Re andò a vedere i regali del Reuzzo: suppellettili, oggetti da toeletta, belle cose, sì, niente da dire. Il Re gli fece tanti complimenti. Poi, insieme andarono a vedere da Don Pidduzzu: appena si trovò davanti a quello splendore, il Reuzzo fece: - Ah! - si voltò, si mise a correre, scese gli scalini a quattro a quattro, s'imbarcò sulla sua nave e nessuno lo vide più.

La folla gridò: - Viva Don Pidduzzu! - e il Re l'abbracciò. Insieme andarono a prendere Pippina a Santa Caterina, e dopo tre giorni i fidanzati si sposarono.

Don Pidduzzu mandò a cercare suo padre e sua madre, di cui non sapeva più niente. Poveretti! Andavano ancora a piedi scalzi. Li fece vestire da padre e da madre di Reuzzo quali erano, e li tenne con sé a Palazzo.

Tutti restarono felici e contenti / E noialtri restammo senza niente.


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