Folk Tale

Il Re di Spagna e il Milord inglese

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU881
LanguageItalian
OriginItaly

Un Re, compiendo il suo unico figlio diciott'anni, gli disse: - Il tempo passa, la vecchiezza accosta. Perché non prendi moglie? Se noi moriamo, il Reame a chi va?

Al figlio questo discorso non suonava. E ripeteva al padre: - C'è tempo, padre mio!

E il Re sempre a soffiargli nell'orecchio: - Sposati! - finché il figlio, per toglierselo di torno, gli disse: - Padre mio, dovete mettervi in testa che io mi sposo solo la volta che trovo una ragazza che sia bianca come una ricotta e che sia rosa come una rosa.

Il Re allora suonò campana di Consiglio: - Signori del Consiglio, ho l'onore di annunciarvi che il Reuzzo prenderà moglie quando trova una ragazza che sia bianca come una ricotta e che sia rosa come una rosa. Adesso ditemi voi come si fa.

E i savi del Consiglio risposero: - Maestà, prendete qualcuno dei vostri Grandi di Corte, ognuno con un pittore, e poi camerieri, cocchieri e lacchè e tutto il seguito, e vadano per l'universo mondo in cerca di questa donna. In capo a un anno, la meglio delle ragazze che hanno trovato, il Reuzzo se la sposi.

Così i Grandi di Corte si partirono, ognuno con un pittore di quelli maestri, e un esercito di camerieri, di cocchieri e di lacchè. Uno andò in un Regno, uno in un altro, visitarono tutti i Regni della terra.

Uno di questi Grandi andò in Spagna; prima cosa, si fermò a discorrere con uno Speziale. Da una parola all'altra fecero amicizia.

- Ma donde ci viene la benvenuta di Vossignoria? - gli chiese lo speziale.

- Veniamo, - disse il Grande, - a cercare una donna bianca come una ricotta e rosa come una rosa. Ce n'è da queste parti?

- Oh, se non è che per questo, - disse lo Speziale, - qua c'è una bellezza rara, una giovane che davvero è bianca come una formella di ricotta e rosa come un bocciol di rosa. Ma vederla è un affar serio: non s'affaccia mai e io stesso non l'ho mai veduta e quel che vi dico lo so per sentito dire. È figlia di gente caduta in bassa fortuna e non si fa mai vedere in giro.

- E come possiamo fare per vederla?

- Ora ci penso io -. E lo Speziale andò dalla madre della giovane. - Signora, - le disse, - da me in spezieria c'è un pittore, che a tutti i più bei visi del mondo va facendo il ritratto. Gli manca il ritratto di vostra figlia. Se acconsentite, ci sono quaranta onze di mancia.

La madre, che era in strettezze, parlò alla figlia e la persuase. Il pittore salì accompagnato dal Grande e dallo Speziale. Quando videro la ragazza dissero tutti e tre: - Oh, quant'è bella!

Il pittore le fece il ritratto, lo rifinì a casa dello Speziale e il Grande ci fece mettere una cornice d'oro. E così, col quadro appeso al collo, si presentò al Re.

Era il tempo fissato per il ritorno di tutti i Grandi andati in giro per il mondo e tutti si radunarono nella sala delle udienze, ognuno con appeso al collo un ritratto. Il Reuzzo li guardò tutti e fermatosi di fronte a quello della ragazza di Spagna disse: - Se la faccia assomiglia al ritratto, è una gran faccia!

E il Grande: - Maestà, se questa faccia non vi piace, nessuna altra potrà piacervi mai.

Il Grande di Corte fu rimandato in Spagna a prendere la ragazza. Prima fu tenuta quattro mesi in un palazzo a imparare da Regina, e quando, intelligente com'era, ebbe imparato, uscì, celebrò il matrimonio per procura col Grande di Corte, poi partì in carrozza per il Regno del Reuzzo. La madre fu molto lodata per la santa educazione che le aveva dato e lo Speziale ebbe un buon guiderdone. Il Reuzzo venne incontro a cavallo, quando si incontrarono smontò di sella ed entrò in carrozza. Figuratevi la gioia!

Anche la Regina suocera la prese in simpatia. Disse in un orecchio al figlio: - Sei arrivato dove dovevi. Mi piace di questa ragazza la castità che ha negli occhi.

E davvero la Reginella prese a far vita da santa: sempre chiusa nelle sue stanze, senza affacciare neanche il viso, e si voleva bene con la suocera come un colombo e una colomba, cosa rara perché suocere e nuore calarono giù dal cielo già litigando. Ma si sa che Farfarello cerca sempre d'infilarsi nell'oliera (Nota 1 Farfareddu va circannu di infilarisi 'nta l'ogghialòru: "il diavolo va cercando di mettervi la coda".) , e un giorno, la suocera disse alla nuora: - Figlia mia, perché stai sempre così rinchiusa? Affacciati al balcone a prendere un po' d'aria.

E la giovane, obbediente, s'affacciò.

Passava in quel momento per la via un Milord inglese. Questo Milord inglese alzò gli occhi, e non li abbassò più. La giovane se n'accorse, rientrò e chiuse il balcone. Ma il Milord ormai non lo teneva più nessuno e cominciò a girar lì intorno per cercare di rivederla.

Un giorno una vecchietta gli chiese l'elemosina. E lui: - Lasciami stare, brutta vecchia! - Ma che ha Vossignoria? - gli fa la vecchia.

- Vattene, che non l'ho da dire a te.

- Chissà: provi a dirmelo, invece.

- Che ho? Ho che voglio vedere la Reginella e non la vedo.

- E per questo Vossignoria si confonde? Mi dia solo un anello con un diamante solitario e lasci fare a me.

Il Milord le credette e le comprò l'anello. Lei svelta svelta se ne andò a Palazzo. - Dove andate? - domandò la sentinella.

- Dalla Reginella: ho da vendere un anello di valore che può comprarlo solo lei.

Passarono l'ambasciata e la Reginella la fece entrare. Quando vide l'anello: - Quanto me lo fate?

- Trecent'onze, Maestà.

- Subito siano pagate trecent'onze a questa vecchierella, e dieci onze di mancia.

La vecchia, fregandosi le mani, tornò dal Milord. - Che t'ha detto la Reginella? - lui le chiese.

- Dice che di qui a dieci giorni mi dà una risposta -. E zitta zitta s'incamerò le trecent'onze.

Dopo dieci giorni tornò dal Milord: - Ho da tornare dalla Reginella: ma come, così con le mani in mano? Sapete cosa dovete fare? Mandatele una collana preziosa.

I Milordi, si sa, sono re senza corona. E la vecchia ebbe una collana di gran valore e la portò alla

Reginella.

- Bella è, - fa la Reginella, - quanto te l'ho da pagare?

- Mille onze, Maestà, perché siete voi.

- Subito le siano pagate mille onze, e quarant'onze di mancia!

La vecchia acchiappa i danari e corre dal Milord.

- Che t'ha detto la Reginella?

- Sa, c'era sua suocera, e non m'ha potuto parlare; ma il regalo l'ha preso, e la settimana che viene è cosa fatta.

- E la settimana che viene cosa le vorrai portare in regalo?

- Senta: l'anello gliel'abbiamo dato, la collana anche. Stavolta diamole un bell'abito.

Per la settimana che venne il Milord fece preparare il più bell'abito che si fosse visto e lo consegnò alla vecchia.

- Maestà, - disse la vecchia alla Reginella, - si vende questo abito. Lo volete comprare?

- Bello! Bello! Quanto vi devo dare?

- Cinquecent'onze.

- Datele cinquecent'onze e venti di mancia.

Quando fu di ritorno, - che t'ha detto? - le chiese il Milord.

E questa vecchia che le sapeva tutte gli rispose: - M'ha detto che dovete tenere una gran festa da ballo al vostro Palazzo e invitare il Reuzzo e la Reginella e così è fatta.

Il Milord, contento come una pasqua, fece fare gran preparativi e poi mandò l'invito al Reuzzo. La

Reginella disse: - Che bella cosa! Una gran festa da ballo! Mi metterò il vestito che ho comprato da quella vecchia! - Si mise anche l'anello e la collana e andarono.

Il primo ballo, il Milord andò a invitare la Reginella, e persuaso che ormai fosse tutto combinato, fece l'occhiolino. La Reginella, a vedersi fare l'occhiolino, si gira e lo pianta in asso, e si va a sedere a fianco del Reuzzo. Il Milord pensava che volesse fare un po' la preziosa; la va a invitare di nuovo, e le rifà l'occhiolino. Lei si gira ancora e va a sedersi dal Reuzzo. Il Milord va a invitarla una terza volta, sempre facendole l'occhiolino; la Reginella gli gira le spalle. Alla fine della festa, Reuzzo e Reginella salutano e se ne vanno e il Milord resta a mordersi le mani.

"Eppure l'anello se l'è messo, la collana se l'è messa, l'abito se l'è messo: e con me non ha voluto ballare! Come va questa storia?"

I Regnanti a quel tempo avevano l'usanza di camuffarsi da paesani e di andare in giro per i caffè a sentire cosa dicevano i popoli. In un caffè di questi andò a finire che s'incontrarono il Reuzzo col Milord. E il Milord, non riconoscendo il Reuzzo camuffato, di discorso in discorso, gli andò a dire: - Vedi un po' questa cialtrona della Reginella. Le ho mandato un anello e se l'è preso, le ho mandato una collana e se l'è presa, le ho mandato un vestito e s'è preso anche quello, tutta roba che lo so solo io quanto costava; mi ha promesso mari e monti, m'ha fatto dare una festa da ballo apposta, e poi non mi ha neanche detto: bah!

Come il Reuzzo intese questa storia, diventò di fuoco. Corre a Palazzo, trae la spada e si butta sulla moglie. La madre fu pronta: si buttò in mezzo e gli levò la nuora di davanti. Non contento, il Reuzzo chiama un Capitano di bastimento: - Capitano, prendete a bordo la cialtrona, - (da quel momento la Reginella non ebbe più altro nome), - e portatevela al largo; quand'è là, ammazzatela, tagliatele la lingua, mettetela sotto sale e al ritorno portatemela. Tutto il resto buttatelo a mare!

Il Capitano si prese quella sventurata e partì. La suocera, che le si spezzava il cuore, non ebbe cuore di dirle niente; si separarono... E tutti intorno non facevano che piangere.

A bordo, il Capitano aveva un cane. Ammazzò il cane e mise la lingua sotto sale. Quando, dopo un lungo viaggio, il bastimento giunse in vista d'una terra, il Capitano fece calare la povera Reginella sulla spiaggia, con gran provviste per mangiare e per coprirsi. La nave ripartì, e la principessa restò sola.

Si rifugiò in una grotta e lì giorno per giorno consumava le sue provviste. Erano quasi finite, quando nel mare passò una fregata. La Reginella fece dei segnali, il Capitano della fregata se ne accorse: - Poggia! - E poggiarono.

- Voi qua, Signora? - disse il Capitano inchinandosi.

- Io qua, signor Capitano. Viaggiavo su di un bastimento; si perse; mi salvai io sola.

- Dove vuole ch'io la porti?

- Al Brasile, - disse pronta la giovane ricordandosi che il Reuzzo aveva un fratello maggiore, che era l'Imperatore del Brasile, e che la Regina madre ne parlava sempre con grande affezione, - sì, al Brasile, dove ho certi parenti.

Il Capitano la imbarcò, e mise vela per il Brasile. Prima d'andare al Brasile, ella gli disse: - Capitano, vorrei da voi un altro favore: vorrei esser vestita da uomo, per non esser subito riconosciuta dai parenti. Il Capitano la fece camuffare e tagliare la chioma dei capelli. Bella com'era, pareva un bel cavalierino.

Appena sbarcata, cominciò a girar per le strade guardandosi attorno. Vide una banca di Notaio. - Signor Notaio, mi vorreste per giovane di studio?

- Signorsì che vi vorrei, - e la prese per giovane di studio. Le diede un lavoro da fare e lei in un batter d'occhio glielo fece. Il Notaio la guardò con tanto d'occhi; le diede un altro lavoro più rognoso, e lei, tac tac, glielo portò fatto; insomma il Notaio era pieno d'ammirazione per questo giovane di studio che era capace a dipingere uccelli in aria (Nota 2 Pincìa aceddi 'nta l'aria (dial. siciliano): "coglieva a volo qualunque concetto e sapeva esprimerlo in carta".) e gli diede dodici tarì al giorno tanto per cominciare.

Il Notaio aveva una figlia. Pensò: "Ora la do al giovane di studio". Cominciò a dirlo a lui.

- Guardi, Signor Notaio, - gli disse il giovane di studio, - per ora è meglio di no; lasciatemi far progressi nella mia carriera, e poi sarò io a chiedervela.

La nomea del giovane di studio del Notaio si sparse: lo mandarono a chiamare dalla Segreteria reale. Il giovane si presenta e il Segretario gli dà una carta da copiare: e in un momento gliela copiò. La fama di questo giovane che copiava così bene qualsiasi carta, arrivò fino all'orecchio dell'Imperatore (cioè sarebbe a dire suo cognato), e l'Imperatore disse: - Fatelo venire qua, questo giovane!

Lo vide, gli andò a genio, lo impalazzò e lo prese per Bracciere.

Lasciamo loro e prendiamo il Reuzzo. Passata la prima rabbia, s'era già pentito. "E se fosse stata innocente? Ah, moglie mia, come t'ho persa! E che ne è ora di te? Ah moglie mia, son stato un assassino!" e sempre con questi pensieri, usciva pazzo.

A questo punto, la Regina grande si sedette a tavolino e scrisse a suo figlio Imperatore del Brasile, dicendogli che suo fratello era come pazzo e i popoli erano lì lì per rivoltarsi. "Vieni tu per un poco di giorni", finiva la lettera. L'Imperatore la lesse e scoppiò a piangere. - Bracciere, - disse, - volete andare voi da mio fratello? Vi nomino Viceré e vi do carta bianca.

Il Bracciere disse di sì: prese con sé un gran seguito, due bei vascelli e partì. La distanza era lunga; ma a suo tempo arrivò. - Arriva il Viceré! - gridava la gente. - Arriva il Viceré -. I cannoni sparavano a salve e il Viceré scese a terra. La Regina venne a riceverlo con tanti onori come fosse stato suo figlio in persona. - Benvenuto, Viceré!

- Ai piedi di Vostra Maestà! Permettete che prima d'aggiustare ogni altra cosa, Maestà, aggiustiamo le cose dei vostri popoli, - e cominciò a sbrigare il mucchio d'affari che c'erano in sospeso, e ai popoli non pareva vero d'avere questo Viceré a governare.

Un giorno, finalmente, il Viceré disse alla Regina: - Ora, Maestà, ditemi un poco come va quest'affare di questa nuora che avete perduto.

La Regina gli raccontò dal principio alla fine: del Milord, del discorso al caffè, della partenza di sua nuora, tutto, e raccontando gli occhi le si empivano di lacrime.

- Bene. Ora ci pensiamo, - disse il Viceré. - Mandiamo a chiamare questo Milord che fu la causa di tutta la vostra rovina.

Venne il Milord. Gli fu data udienza. - Milord, qui si cola l'oro. Come fu questa storia con la Reginella? - chiese il Viceré.

Il Milord raccontò tutto quel che lui sapeva, senza togliercene né mettercene.

- Ma voi, Milord, con lei avete mai parlato?

- Io mai.

- E queste cose gliele avete date voi da mano a mano?

- No: la vecchia, - (e intanto la Regina madre, origliando, sentiva tutto, e vicino ci aveva il Reuzzo, ancora mezzo intontito).

- E la vecchia che vi fece tutti questi favori è morta o è viva? - chiese il Viceré.

- Può darsi che sia viva.

- Ebbene, chiudete questo Milord in una stanza, - diede ordine il Viceré, - e sia chiamata la vecchia. Ordine di Viceré, la vecchia fu trovata.

- Dimmi, buona vecchia: come andò l'affare delle cose che hai venduto alla Reginella?

E la vecchia vuotò il sacco.

- E, dimmi, vecchierella mia, le portasti mai qualche ambasciata alla Reginella?

- Mai, Viceré.

Al Reuzzo, lì per lì, gli tornarono tutti i sentimenti: - Ah, moglie mia, che moristi innocente! - cominciò a gridare. - Ah, moglie mia, che t'uccisi senza colpa!

E il Viceré: - E statevene un po' zitto, Maestà, che forse troveremo un rimedio!

- E che rimedio ci può essere, una volta che è morta! Moglie mia, moglie mia, io t'ho perduta!

Il Viceré va dietro una tenda, si veste come la Reginella che era, rimette la chioma di capelli che s'era tagliata e si ripresenta alla suocera, al Reuzzo e alla Corte.

- E voi chi siete? - gridò la Regina.

- Vostra nuora! Non mi riconoscete? - ma già il Rezzo la stringeva sul suo petto, stringi e bacia, stringi e bacia.

La sentenza l'aveva già data quand'era ancora vestita da Viceré: la vecchia bruciata e il Milord inglese alla ghigliottina; non perdettero tempo ad eseguirla.

La Regina grande scrisse a suo figlio l'Imperatore del Brasile raccontandogli la cosa, e lui è ancora lì che dice: - Figlioli, figlioli, il mio segretario era mia cognata, e io non lo sapevo!

Ai due Capitani, quello che invece d'ammazzare lei ammazzò il cane e quello che la salvò e portò in

Brasile, fu dato il grado di Grandi di Corte. E a tutti i marinai fu dato un fiocco rosso sul berretto.


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