Folk Tale

Lo stivale ingioiellato

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
LanguageItalian
OriginItaly

Il figlio d'un mercante restò orfano in giovane età con la sorella cui voleva bene come alla pupilla dei suoi occhi. Aveva fatto gli studi e si mise alla Corte del Re di Portogallo; aveva una così bella scrittura che il Re lo pigliò per Segretario. Successe che certe lettere scritte da lui capitarono sott'occhio al Re di Spagna, che disse: - Oh, che bella scrittura! Questo qui andrebbe bene per mio Segretario, - e scrisse al Re di Portogallo in questi termini: Ho letto la vostra lettera e sono tutto ammirato della bella scrittura del vostro Segretario; vi prego, per l'amicizia che ci lega, di cedermelo come Segretario perché in Spagna non c'è nessuno che scriva così bene.

Questi Re tra loro badavano a non farsi scortesie. Così il Re di Portogallo, per quanto gli spiacesse di privarsene, disse al Segretario di partire.

- Maestà, - chiese il giovane, - come posso fare per mia sorella che non so a chi lasciare?

E il Re: - Don Giuseppe, non so che fare, voi dovete partire. Vostra sorella è una buona giovane e sta ritirata; basterà che la raccomandiate alla cameriera, e potrete dormire con la guancia sulla mano.

Al giovane non restò che parlare alla sorella: - Sorellina mia, le cose stanno così e così. Devo partire, il Re di Spagna mi vuole per Segretario. Tu resterai con la cameriera. Quando sarò sistemato ti manderò a prendere e verrai anche tu in Spagna -. La sorella scoppiò in pianto. E lui: - Per non sentirci così lontani facciamoci fare il ritratto. Io mi prendo il tuo, e tu il mio, - e così fecero.

Il Re di Spagna fece grandi feste a Don Giuseppe e lo mise subito a scrivere e stava a guardare ammirato la sua bella scrittura. E tanto s'era affezionato a questo nuovo Segretario che su ogni questione del Regno gli diceva: - Don Giuseppe, fate voi... Non ci siete voi? Io mi fido: quel che fate voi è ben fatto!

Ne venne una gran gelosia tra tutti i primari della Corte, il Bracciere, il Segretario di prima, il Cavaliere; e cercarono qualche motivo per calunniarlo.

Così il Bracciere venne a dire al Re: - E bravo Maestà! l'avete trovato il buono! Questo è il Don

Giuseppe di cui vostra Maestà canta e ricanta le virtù! Chissà con chi se la intende, mentre voi non vedete che per i suoi occhi!

- Perché? Che c'è?

- Che c'è? Tutti i giorni nella sua stanza tira fuori un ritratto, lo guarda, lo bacia e piange. E poi lo nasconde!

Il Re entrò di sorpresa mentre Don Giuseppe baciava il ritratto. - Allora si può sapere chi baciate, Don Giuseppe?

- Mia sorella, Maestà.

Il Re guardò il ritratto e vide una giovane così bella che non poté restare indifferente. E il fratello cominciò a raccontarne tutte le virtù.

Ma c'era lì anche il Bracciere che a Don Giuseppe gli andava sempre come un dito in un occhio. Buttò uno sguardo sul ritratto dietro le spalle del Re e disse: - Chi, questa? Ma io questa la conosco e ci ho avuto a che fare.

- Con mia sorella? - esclamò il giovane. - Ma se non è mai uscita di casa? Se la sua faccia non l'ha mai vista neanche un grillo?

- Sì, con vostra sorella!

- Siete un mentitore.

Così, dopo molti: - Sì, è vero! - e: - No, siete un mentitore! - e: - Sì, è vero! - parlò il Re: - La questione sia risolta: se è vero che tu, - disse al Bracciere, - hai avuto a che fare con la sorella di Don Giuseppe, hai tempo un mese per portarne una prova. Se la porti, Don Giuseppe sarà decapitato; se non la porti, sarai decapitato tu.

Ordine di Re, non c'era da discuterlo. Il Bracciere partì. Giunto a Palermo, cominciò a sentire cosa si diceva in giro di questa giovane, e tutti dicevano che era una bellezza rara, ma nessuno l'aveva mai vista perché stava sempre chiusa in casa. Passavano i giorni e ogni giorno il Bracciere si sentiva la testa sempre meno attaccata al collo. Così girava una sera strappandosi i capelli e dicendo: "Come posso fare?", quando gli venne vicino una vecchia: - Mi faccia la carità, signor Cavaliere, sono morta di fame!

- Vattene, vecchia del diavolo!

- Mi faccia la carità e vedrà che l'aiuto.

- E chi mi può aiutare?

- Sissignore, mi dica quel che le manca e io l'aiuto.

E il Bracciere le raccontò tutto.

- Uh, è tutto qui? Lasci fare a me e faccia conto d'averla già in tasca, quella prova.

La notte piovve a diluvio; lampi, tuoni, saette. La vecchia, ba-ba-ba!, si mise contro il portone a tremare di freddo, e piangeva da sfaldare il cuore. A sentire questo lamento la padrona, che era la sorella di Don Giuseppe, disse: - Meschina! Fatela entrare!

Aprirono il portone e la vecchia si rannicchiò dentro. - Ba-ba-ba! Muoio di freddo!

E la signora la fece subito mettere vicino al camino, le fece preparare tavola. La vecchia, svelta com'era, di stanza in stanza, vide dov'era quella dove la padrona dormiva. Quando la padrona andò a letto e stanca di quella nottata di maltempo s'addormentò, la vecchia entrò pian piano nella stanza, sollevò le coperte, guardò la giovane dalla testa ai piedi. Sopra la spalla destra essa aveva tre peluzzi come tre fili d'oro; la vecchia con una forbicina li tagliò; li legò in una cocca di fazzoletto, ricoprì la giovane e adagio adagio tornò al posto che le avevano assegnato.

Si rannicchiò di nuovo e ricominciò a lamentarsi, a battere i denti: - Ba-ba-ba! Ahi, mi manca il respiro, qui non ci posso stare, apritemi!

La padrona si risvegliò e diede ordine alla cameriera: - Fa' uscire questa vecchia, se non dorme lei e non lascia dormire noi.

Fuori del Palazzo c'era il Bracciere che camminava in lungo e in largo. La vecchia gli diede i tre peluzzi e si prese una gran mancia. Il Bracciere l'indomani s'imbarcò per la Spagna.

- Maestà, - disse, presentandosi al Re, - questo è il segno della sorella di Don Giuseppe! Tre peluzzi d'oro della spalla destra!

- Me sventurato! - disse Don Giuseppe e si coperse il viso con le mani.

- Ora ti darò tempo un mese: o ti difendi o sarà eseguita la sentenza. Guardie!

Vennero le guardie, presero in mezzo il Segretario e lo portarono in carcere; e gli danno una fetta di pane e un bicchiere d'acqua al giorno. Il carceriere però, vista la bontà d'animo del prigioniero, cominciò di nascosto a passargli il vitto dei carcerieri. Ma a Don Giuseppe la cosa che faceva più soffrire era che non aveva potuto scrivere neanche una riga a sua sorella. E finì per buttare le braccia al collo del carceriere e dirgli: - Me la faresti una carità? Me le fareste scrivere due parole a mia sorella e le buttereste voi alla posta?

Il carceriere, uomo di cuore, disse: - Faccia, - e Don Giuseppe scrisse a sua sorella raccontandole tutto quel che era successo, e come qualmente per causa sua stava per essere decapitato. Il carceriere prese la lettera e la impostò.

La sorella, che non ricevendo più nulla dal fratello non sapeva più cosa pensare, lesse la lettera con ansia. - Ah fratellino mio! - gridò. - E come cadde questo gran fuoco nella mia casa? - e si mise a pensare come poteva aiutarlo.

Fece vendere tutti i loro fondi e i loro beni e coi denari ricavati comprò quanti più bei gioielli poteva. Andò da un bravo orefice e gli disse: - Fatemi un bello stivale incastonato con tutti i miei gioielli -. Poi si fece fare un vestito da lutto, tutto nero; s'imbarcò e andò in Spagna.

Giunta in Spagna, sentì le trombe e cosa vide? i soldati che portavano un uomo bendato al patibolo. Vestita di quel grande abito nero, con un piede con la sola calza, e l'altro con infilato quello stivale che era una meraviglia, si mise a correre, si gettò in mezzo alla folla e gridava: - Grazia, Maestà! Grazia, Maestà!

Vedendo questa bella signora nerovestita, con un piede così ben calzato e l'altro scalzo, tutti le facevano largo. La udì il Re. - Fermatevi! - disse ai soldati. - Che c'è?

- Grazia, Maestà, e Giustizia! Grazia, Maestà!

Il Re a vedere questa bella apparizione disse: - Grazia ti sia concessa. Parla!

- Maestà, il vostro Bracciere, dopo aver goduto della mia persona, mi ha rubato lo stivale compare di questo, - e mostrò lo stivale incastonato di diamanti e pietre preziose.

Il Re fu sbalordito. Si rivolse al Bracciere: - E tu hai potuto far questo! Dopo esserti preso piacere di questa bella giovane, le hai rubato lo stivale! E hai il coraggio di presentarmiti davanti!

Il Bracciere cascò nella trappola; disse: - Ma, Maestà, io questa signora non l'ho mai vista!

- Come non m'avete mai vista! - disse la giovane. - Badate bene a quel che dite!

- Vi giuro che non vi ho mai vista!

- E allora perché avete detto che avete avuto da fare con me?

- E quando l'ho mai detto?

- Quando avete detto d'aver conosciuto la sorella di Don Giuseppe, per mandarlo a morte! - e così si presentò al Re.

Il Bracciere fu costretto a confessare il suo inganno. Il Re vedendo l'innocenza della sorella, fece sciogliere Don Giuseppe e lo volle al suo fianco, e al patibolo fece salire il Bracciere bendato. Fratello e sorella s'abbracciarono piangendo. - Decapitatelo! - disse il Re e il Bracciere fu decapitato seduta stante. Il Re tornò a Palazzo con fratello e sorella e, vedendola così bella e virtuosa, la volle in moglie.

Loro restarono felici e contenti / E noi siam qua che ci nettiamo i denti.


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