Folk Tale

Le nozze d'una Regina e d'un brigante

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU955
LanguageItalian
OriginItaly

Si racconta che c'era una volta un Re e una Regina. Avevano una figlia e volevano sposarla. Il Re fece affiggere un bando che tutti i regnanti e i titolati concorressero a palazzo reale per esser passati in rivista. Tutti concorsero, e il Re con sua figlia al braccio stava a veder passare la sfilata. Il primo che a sua figlia fosse piaciuto gliel'avrebbe dato in sposo. Prima sfilarono tutti i Re, poi i Principi, poi i Baroni, i Cavalieri e i Professori. La figlia del Re non trovò nessun Re che le piacesse, e neanche nessun Principe. Sfilarono i Baroni e neanche quelli le piacevano. I Cavalieri lo stesso. Passarono i Professori e lei puntò il dito su uno di loro: - Padre mio, il mio sposo sarà quello -. Era un Professore forestiero, che nessuno conosceva. Il Re aveva dato la sua parola e dovette farla sposare al Professore. Dopo le nozze, lo sposo volle subito partire. La sposa salutò il padre e la madre, e partirono, seguiti dalla truppa. Dopo aver marciato per mezza giornata i soldati dissero allo sposo: - Altezza, ora pranziamo.

E lui: - A quest'ora non si pranza.

Dopo un altro po' di cammino, gli fecero la stessa proposta. E lui rispose ancora: - A quest'ora non si pranza.

I soldati, che non ne potevano più, gli dissero: - Allora ve n'andate a quel paese, voi e la vostra sposa. E lui: - Andateci voi e tutto lo stato maggiore -. I soldati fecero dietro-front e i due sposi continuarono da soli.

Arrivarono in un posto solitario, tutto piante selvatiche e dirupi. - Siamo arrivati a casa, - disse lo sposo.

- Come? Qui non c'è nessuna casa! - fece la figlia del Re che cominciava ad aver paura.

Lo sposo batté tre volte il suo bastone e s'aperse una caverna sotterranea. - Entra.

Ma la sposa disse: - Ho paura.

- Entra o t'ammazzo!

La sposa entrò. La caverna era piena di morti. Morti giovani e vecchi, buttati uno sull'altro a cataste.

- Vedi questi morti? - disse lo sposo. - Il tuo lavoro è questo: prenderli uno per uno e metterli in piedi in fila contro il muro. Ogni sera ne porto un carro pieno.

Così la figlia del Re cominciò la sua vita da sposa. Sollevava i morti dalla catasta e li metteva in piedi appoggiati al muro, in modo che occupassero meno spazio e ce ne stessero di più. E ogni sera arrivava il marito con un carro pieno di morti freschi. Era un lavoro duro, perché i morti, oltretutto, pesavano. E non poteva mai uscire dalla caverna perché era perfino sparita l'apertura.

La figlia del Re s'era portata con sé un po' di mobilia, e fra questa c'era un vecchio canterano, regalo d'una zia che era un po' fata. Il canterano, una volta che la sposa aperse un cassetto, parlò e disse: - Comanda, padroncina!

E lei, subito: - Comando d'andarmene subito a casa da mio babbo e da mia mamma.

Allora dal canterano uscì una colomba bianca, che disse: - Scrivi una lettera a tuo padre e mettimela nel becco.

Così fece la sposa, e la colomba la portò al Re e aspettò la risposta. Il Re scrisse: Figlia mia, informati senz'indugio di come si può uscire dalla tua caverna e confida nel mio aiuto.

Quando la colomba riportò alla giovane la risposta del padre ella decise di fare buon viso al marito quella sera, per riuscire a fargli rivelare il segreto. Al mattino si svegliò come stesse sognando. - Sai cosa sognavo? - disse. - Che ero uscita dalla caverna.

- Eh, ci vuol altro! - disse il marito.

- Perché? Cosa ci vuole? - fece lei, con l'aria innocente.

- Be', tanto per cominciare ci vuole un settimino come me che batta il bastone tre volte sulla rupe perché la caverna si apra.

Appena la colomba ebbe trasmesso al Re il segreto del settimino, il Re sguinzagliò i soldati per città e campagne, perché trovassero un settimino. Una lavandaia che metteva la roba ad asciugare, vedendo quel movimento di truppe pensò: "Qui mi rubano le lenzuola", e cominciò in fretta a tirarle via dalle corde.

- Non aver paura che non veniamo per rubare, - le disse un caporale. - Stiamo cercando un settimino, chiunque sia, perché lo vuole il Re.

- Oh - disse la lavandaia, - io ho proprio un figlio settimino -. Andò a casa e lo presentò ai soldati, per andare a liberare la Reginella. Batté il bastone tre volte sulla rupe, s'aperse la caverna, la Reginella era già pronta ad aspettarli e se n'andò col padre, il settimino ed i soldati.

Per la strada videro una vecchia in un orto. - Nonna, - le dissero, - se passa un uomo e vi chiede di noi, non ci avete veduti, d'accordo?

- Come? - fece la vecchia, - volete uva passa e aranci spremuti per ricordo?

- Benissimo, - dissero loro, - siete proprio quel che fa per noi.

Di lì a poco, passò il brigante, che aveva trovato la caverna aperta e la sposa sparita. - Avete visto una donna con la truppa? - chiese alla vecchia.

- Che? Volete una cipolla per la zuppa?

- Macché cipolla! Un settimino e il Re insieme a sua figlia. - Ah! Un etto di prezzemolo e basilico!

- No: la figliola del Re con i soldati!

- No, non cetrioli salati!

Il brigante scrollò le spalle e se ne andò. - Ma signore, perché vi siete offeso! - gli diceva dietro la vecchia. - Nessuno ha parlato mai di cetrioli salati!

La Reginella, giunta in salvo a casa di suo padre, si risposò poco dopo con il Re della Siberia. Il suo primo sposo brigante, però, continuava ad andare sulle sue tracce e architettò una cosa. Si vestì da santo, e si fece mettere in un quadro. Era un quadro grande con una spessa cornice chiusa con tre chiavistelli, e ci stava dentro il brigante in piedi che sembrava un santo, dietro uno spesso vetro. Il quadro fu portato a vendere al Re della Siberia, che lo vide così bello che sembrava vero, e lo comprò per metterlo al capezzale. Mentre nella stanza non c'era nessuno il brigante uscì dal quadro e mise sotto il guanciale del Re una carta con l'incantesimo. La Regina, quando vide al capezzale quel quadro di santo ebbe un sussulto, perché le pareva somigliasse al suo primo marito brigante. Ma il Re la rimproverò perché non doveva aver paura del quadro d'un santo.

Andarono a dormire. Appena si furono addormentati, il brigante aperse il primo catenaccio per uscire. La Regina si svegliò al rumore del catenaccio e diede un pizzicotto al marito, che tendesse l'orecchio anche lui, ma il Re dormiva, perché l'incantesimo di quella carta era che chi l'aveva sotto il guanciale dormiva e non si poteva svegliare. Il brigante aperse il secondo catenaccio: il Re non si svegliava e la Regina era fredda di paura. Aperse il terzo catenaccio, uscì e disse alla Regina: - Ora ti taglio la testa, metti bene il collo sul guanciale.

La Regina per tener il collo ben alto prese anche il guanciale del marito e così facendo la carta dell'incantesimo andò in terra. Il Re all'istante si svegliò, suonò la tromba che portava appesa al collo notte e giorno come fanno i Re, e tutti i soldati accorsero al passo. Videro il brigante, lo ammazzarono e così finì.


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