Folk Tale

Il Gran Narbone

TitleIl Gran Narbone
Book AuthorItalo Calvino
Chapter Nr.176
Language codeita
Origin (region)Provincia d'Agrigento

Si racconta a Vossignori che c'era un Regnante e aveva un figlio. Questo figlio, volendosi sposare, mandò pittori per tutti i Regni a dipingere le meglio facce di ragazze d'ogni ceto di persone. Il primo pittore che tornò portò il ritratto d'una figlia di lavandaia che era ragazza di bellezze rare. Come la vide, il figlio del Regnante disse: - Questa voglio! - e partì con scorta di servi e di soldati per la città dov'era la ragazza.

La ragazza veniva da lavare: portava un fagotto di panni sulla testa. Il Reuzzo con una manata le buttò il fagotto in fiume e disse: - Io ti sposo e tu sarai Regina -. La prese per mano e disse: - Andiamo da tuo padre -. La ragazza scoppiò a piangere.

Il padre s'arrabbiò: - Andate a canzonarvi tra voialtri, e lasciate la povera gente pensare ai proprii guai!

Ma il Reuzzo: - Parola d'onore, voglio vostra figlia per moglie, e voi avrete una rendita da papa.

Gli lasciò una quantità di somme, fece vestire pulito la ragazza, in stile da Regina e partì. A Palazzo, dopo le nozze, fecero otto giorni di feste da ballo, poi si ritirarono nel loro quartiere e si volevano bene.

Intanto al padre del Reuzzo gli intimarono la guerra: e chi gliela intimò era il Re d'Africa. A difendere il Regno andò il figlio: partì e affidò la moglie al padre come la vita sua. Andò in guerra e alla prima battaglia fu lui il vincitore.

Lasciamo lui in guerra e pigliamo sua moglie, che c'era un Ministro del Re che s'incominciò a montare la testa con questa Reginotta. Ma la prima volta che si provò a girarle intorno, la Reginotta gli dié un manrovescio che si girò dall'altra parte.

Verde per lo scorno subito, il Ministro corse subito dal Re: - Maestà, Vossignoria vede che la sua nuora se l'intende col cuoco e altre persone...

Il Re scrisse al figlio, e il figlio rispose: "Quel che volete fare di mia moglie, fatene".

Il Re mostrò la lettera al Ministro. - Che condanna le diamo?

- Maestà, - disse il Ministro, - pigliamo due manigoldi, consegniamogliela, che la vadano ad ammazzare in un bosco.

Così fu fatto. La Reginotta non sospettava niente; sapeva che doveva andare in campagna, e s'era vestita coi gioielli. Arrivata a un certo punto disse a quei due: - Ma dove andiamo?

- Andate avanti e zitta! - e uno dei due trasse fuori un coltello e cominciò a punzecchiarla per farla camminare. Giunti in un punto buio, volevano ammazzarla. - Perché mi dovete ammazzare? - piangeva la poverina. - Qua ci sono le mie gioie, basta che non mi ammazziate!

I manigoldi presero i gioielli e la lasciarono viva. La Regina restò sola e amara. Passò un capraio, gli diede una mancia e si fece dare vestiti da uomo. Le sue vesti da Reginotta le nascose sotto un gelso e fece un segno sul ceppo per ricordarsi il posto.

Si mise in strada vestita da uomo e incontrò quattro ladri. - Chi va là? - dissero i ladri. - Sono una persona latitante, - fece la Reginotta.

- Ma chi siete?

- Il Gran Narbone.

- Oh, l'abbiamo sentito nominare, abbiamo inteso le prodezze che ha fatto... - e la portarono con loro in una grotta. Si radunarono altri ladri, una ventina, e sentendo che era il Gran Narbone, persona tanto valorosa, gli fecero molte riverenze e lo nominarono loro Caporale.

- Giacché mi date questo onore di farmi Caporale, - disse Narbone, - quel che io dico si deve fare: firmiamo una scrittura a sangue per sangue.

- Signorsì, - dissero i ladri e tutti si fecero uscire sangue dal braccio e firmarono sulla carta obbedienza al Caporale.

In quel mentre entrò la sentinella e disse che stavano per passare dodici argentieri coi loro carichi: - Chi va a fare questo furto? - si chiesero i ladri.

- Ci vado io e altri due, - disse Narbone.

Gli argentieri, vedendosi colti di sorpresa, fecero fuoco, ma i ladri fecero più fuoco di loro, così gli argentieri fuggirono lasciando dodici carichi di oggetti d'oro. (Era stato il Gran Narbone a dargli il largo).

I ladri si presero i carichi d'oro e gridarono: - Evviva il Gran Narbone!

Tornò il Reuzzo dalla guerra, si chiuse nel suo appartamento, e piangeva. Ci andarono i nobili e presero a confortarlo: - Reuzzo, cos'è questo pianto? Ci perdete gli occhi. Venite a divertirvi con noi in campagna.

Vanno in campagna a caccia e li prendono i ladri. Li portano alla grotta. - Voi siete il Reuzzo, vero? - chiese il Gran Narbone. - E il Ministro di vostro padre è vivo ancora?

- Sì che è ancora vivo, - disse il Reuzzo.

- Fategli subito una lettera e mandatelo a prendere, - disse il Gran Narbone, - che venga alla grotta della Gran Montagna.

Il Reuzzo scrisse e il Ministro non poté rifiutarsi di venire. I ladri stavano di vedetta; appena videro il Ministro lo presero e lo portarono alla grotta. Il Caporale Gran Narbone fa fare una bella tavolata e l'invita tutti a pranzo: i ventiquattro ladri, il Reuzzo venticinque, il Ministro ventisei e lui che faceva ventisette. Pranzando, dice: - Ora, signor Ministro, ditemi un po' com'era andata quella storia della moglie del Reuzzo?

Il Ministro cominciò a tremare. - Io non so nulla...

- No, senza tremare: raccontagli il fatto al Reuzzo; cosa volevate fare con sua moglie? - E poiché il Ministro non voleva parlare, il Gran Narbone gli si voltò contro con la pistola puntata e disse: - O racconti tutto o ti faccio la vampa!

Il Ministro balbettando cominciò a raccontare.

- Maestà, - disse al Reuzzo il Caporale dei ladri, - avete sentito come è andata la storia di vostra moglie? - e tratto un coltellaccio tagliò la testa del Ministro e la mise in mezzo alla tavola.

- Vedete, Maestà, come finisce quell'empio! Ora possiamo continuare a mangiare! Il corpo buttatelo fuori dalla grotta! - e riprese a mangiare con le mani insanguinate.

Finito il pranzo, domandò licenza, andò sotto quel gelso a prendere le vesti da Reginotta e se le mise. Quando il Reuzzo la vide entrare e riconobbe che era sua moglie, si mise a piangere di tenerezza e a domandarle perdono.

La Reginotta fece graziare i ladri, e tutti a cavallo, con la carrozza del Reuzzo e della Reginotta in mezzo, andarono a Palazzo. Immaginatevi le feste! I ladri tornarono ricchi ai loro paesi e non fecero più i ladri.

Loro restarono contenti e felici / E noialtri restiamo con gli amici.


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