Folk Tale

La volpe Giovannuzza

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU545
LanguageItalian
OriginItaly

C'era una volta un poveruomo, che aveva un solo figlio, sciocco e ignorante per giunta. Quando il padre fu lì lì per morire, disse al giovane, che si chiamava Giuseppe: - Figliolo, sto per morire, e non ho altro da lasciarti che questa casetta e l'albero di pero accanto.

Il padre morì, e Giuseppe rimase solo nella casetta; vendeva le pere del suo albero e così campava. Ma, finita la stagione delle pere, pareva destinato a morir di fame, poiché non era capace di guadagnarsi il pane in alcun modo. Invece, la stagione delle pere finì, ma le pere non finirono. Staccati tutti i frutti ne crescevano degli altri, anche in pieno inverno, perché era un pero fatato, che dava pere tutto l'anno, e così il giovane poteva campare.

Un mattino, Giuseppe era andato come al solito a coglier le pere mature, e vide che qualcuno già le aveva colte. "Come faccio, adesso? - si domandò. - Se mi rubano le pere, sono finito. Stanotte voglio restare a far la guardia". E si mise la notte sotto il pero con lo schioppo, ma dopo un po' s'addormentò, e le pere furono rubate anche stavolta. La terza notte, oltre lo schioppo si portò uno zufolo e si mise a suonare sotto il pero. Poi smise di suonare, e allora la volpe Giovannuzza, che era la ladra delle pere, credendo che Giuseppe si fosse addormentato, saltò fuori e s'arrampicò sul pero.

Giuseppe le puntò contro lo schioppo, e la volpe: - Non sparare Giuseppe: se me ne dài una cesta, farò la tua fortuna.

- Eh, Giovannuzza, se te ne do una cesta, io cosa mangio?

- Sta' tranquillo, e fa' quel che ti dico, - rispose la volpe, - vedrai che sarà la tua fortuna.

Allora il giovane diede alla volpe una cesta delle pere più belle, e la volpe Giovannuzza le portò al Re. - Sacra Corona, il mio padrone vi manda questa cesta di pere e vi prega di fargli il favore di accettarle, - disse al Re.

- Pere di questa stagione! - esclamò il Re. - Non mi era ancora capitato di assaggiarne! Chi è il tuo padrone?

- Il Conte Pero, - rispose Giovannuzza.

- Ma come fa ad avere pere in questa stagione? - chiese il Re.

- Oh, lui ha tutto quel che vuole, - rispose la volpe. - È l'uomo più ricco che ci sia.

- Più ricco di me? - domandò il Re.

- Sì, più ricco di voi, Sacra Corona.

Il Re era un po' preoccupato. - Che cosa potrei regalargli per contraccambiarlo? - chiese.

- Non v'incomodate, Sacra Corona, - disse Giovannuzza, - non pensateci nemmeno, è così ricco che qualsiasi regalo gli si faccia, si fa brutta figura.

- Ebbene, - fece il Re, pieno d'imbarazzo, - di' al Conte Pero che lo ringrazio per le sue meravigliose pere.

Quando vide la volpe di ritorno, Giuseppe esclamò: - Ma, Giovannuzza, non mi hai portato niente in cambio delle pere, e io son qui che muoio di fame!

- Sta' tranquillo, - rispose la volpe, - lascia fare a me. Ti dico che sarà la tua fortuna!

Dopo un po' di giorni, Giovannuzza disse: - Mi devi di nuovo dare una cesta di pere.

- Eh, comare cosa mangio se mi porti via le mie pere?

- Sta' tranquillo e lascia fare a me.

Portò la cesta al Re, e disse: - Sacra Corona, poiché mi avete fatto la grazia di accogliere la prima cesta di pere, il Conte Pero, mio padrone, si permette di offrirvene di nuovo una seconda.

- Ma possibile! - esclamò il Re, - pere appena colte, in questa stagione!

- Questo è niente, - disse la volpe, - il Conte alle pere non ci fa neanche caso, ha tanta roba ancor più preziosa.

- E come posso sdebitarmi?

- Ecco, - disse Giovannuzza, - m'incarica di pregarvi di concedergli una cosa.

- Che cosa? Se il Conte Pero è tanto ricco, non so cosa possa esser degno di lui.

- La mano di vostra figlia, - disse la volpe.

Il Re fece tanto d'occhi. - Ma io, - rispose, - non posso neanche accettare tanto onore, perché è molto più ricco di me.

- Sacra Corona, se non se ne preoccupa lui, perché volete preoccuparvene voi? Il Conte Pero desidera proprio vostra figlia e non gli importa se la dote sarà grossa o meno grossa, tanto, per grossa che sia, di fronte a tutte le ricchezze che ha lui, sarà nulla.

- Va bene, allora pregalo di venire qui a mangiare.

Allora la volpe Giovannuzza andò da Giuseppe e gli disse: - Ho detto al Re che tu sei il Conte Pero e che vuoi la sua figlia per sposa.

- Comare mia, cos'hai fatto! Quando il Re mi vede, mi fa tagliare la testa!

- Lascia fare a me, e sta' tranquillo, - disse la volpe. Andò da un sarto, e disse: - Il mio padrone il Conte Pero, desidera il più bell'abito che abbiate in bottega; il danaro ve lo pago in contanti un'altra volta.

Il sarto le diede un abito da gran signore, e la volpe andò da un mercante di cavalli. - Mi vendereste, per il Conte Pero, il più bel cavallo che ci fosse del mercato? Non badiamo a spese, pagamento anticipato il giorno dopo.

Vestito da gran signore, sulla sella d'un magnifico cavallo, Giuseppe andò al Palazzo, e la volpe correva davanti a lui. - Comare Giovannuzza, quando il Re mi parlerà cosa gli rispondo? - le gridava lui. - Non sono capace di spiccicar parola davanti alle persone altolocate. - Lascia parlare a me e stattene tranquillo; basta che tu dica: "Buon giorno" e "Sacra Corona", tutto il resto lo dirò io.

Arrivarono al Palazzo. Il Re si affrettò incontro al Conte Pero, lo salutò con tutti gli onori. - Sacra Corona, - disse Giuseppe.

Il Re lo condusse a tavola. E a tavola era già seduta la bella figlia del Re. - Buon giorno, - disse il Conte Pero.

Si sedettero e cominciarono la conversazione. Ma il Conte Pero, zitto come un pesce. - Comare Giovannuzza, - disse piano il Re alla volpe, - il tuo padrone s'è forse morsicato la lingua?

- Sapeste, Sacra Corona, - disse la volpe, - quando uno ha da pensare a tante terre e a tanti tesori, resta preoccupato tutto il giorno.

E per tutta la durata della visita, il Re si guardò bene dal disturbare il Conte Pero dai suoi pensieri.

La mattina dopo Giovannuzza disse a Giuseppe. - Dammi ancora una cesta di pere, che la porti al Re.

- Fa' quel che vuoi, comare, - rispose il giovane, - ma vedrai che ci rimetterò il collo.

- Sta' tranquillo, - esclamò la volpe, - se ti dico che sarà la tua fortuna.

Così lui colse le pere, e la volpe le portò al Re, dicendo: - Il Conte Pero, mio padrone, vi manda questa cesta di pere, e vorrebbe avere una risposta alla sua richiesta.

- Di' al Conte che il matrimonio potrà aver luogo quando gli piaccia, - rispose il Re. La volpe, tutta contenta, portò questa risposta a Giuseppe.

- Ma, comare Giovannuzza, questa sposa, dove la porterò? Non posso mica condurla in questa catapecchia!

- Lascia fare a me. Di che cosa ti preoccupi? Non ho forse fatto tutto per il meglio? - disse la volpe. Così fu celebrato un gran matrimonio, e il Conte Pero sposò la bella figlia del Re.

Dopo qualche giorno, la volpe Giovannuzza disse: - Il mio padrone vuol portare la sposa al suo palazzo.

- Bene, - disse il Re, - li voglio accompagnare, così vedrò finalmente tutti i possessi del Conte Pero. Salirono tutti a cavallo, e il Re prese con sé un gran seguito di cavalieri. Mentre cavalcavano verso la pianura Giovannuzza disse: - Io vado ad avvisare per i preparativi, - e corse avanti. Incontrò un gregge di mille e mille pecore, e chiese ai pastori: - Di chi sono queste pecore?

- Del Babbo-Drago, - le risposero.

- Parlate piano, - sussurrò la volpe, - vedete tutta quella cavalleria che viene avanti? È il Re che ha dichiarato guerra al Babbo-Drago. Se gli dite che sono del Babbo-Drago, vi ammazzano.

- Cosa dobbiamo dire allora?

- Ma! Provate a dire: sono del Conte Pero!

Quando il Re arrivò vicino al gregge, chiese: - A chi appartiene questo bellissimo gregge di pecore?

- Al Conte Pero! - gridarono i pastori.

- Accidenti, dev'essere proprio ricco! - esclamò il Re, tutto contento.

Un po' più avanti, la volpe incontrò un branco di mille e mille maiali. Chiese ai porcari: - Di chi sono questi maiali?

- Del Babbo-Drago.

- Piano, piano, guardate quanti soldati a cavallo stanno per arrivare. Se gli dite che i maiali sono del

Babbo-Drago, v'ammazzano. Dovete dire che sono del Conte Pero.

Quando il Re fu vicino ai guardiani dei maiali e chiese a chi appartenevano, quelli gli risposero: - Al

Conte Pero! - e il Re si rallegrò di avere un genero così ricco.

Così incontrando una gran mandra di cavalli: - Di chi sono questi cavalli? - chiese il Re, e i guardiani:

- Del Conte Pero, - e ai bovari: Di chi sono tutti questi buoi? - Del Conte Pero! - E il Re si rallegrava sempre di più del buon matrimonio che aveva fatto sua figlia.

Finalmente Giovannuzza arrivò al palazzo del Babbo-Drago, che viveva tutto solo con la Mamma- Draga sua moglie. Salì in tutta fretta ed esclamò: - Oh, poveretti, sapeste che destino vi minaccia!

- Cos'è successo? - chiese il Babbo-Drago, tutto spaventato.

- Vedete quel polverone che viene avanti? È un reggimento di cavalleria, mandato dal Re per ammazzarvi.

- Comare volpe, comare volpe, aiutaci tu! - piagnucolarono i due.

- Sapete cosa vi dico? - disse Giovannuzza, - nascondetevi nel forno; quando se ne saranno andati, vi darò una voce.

Il Babbo-Drago e la Mamma-Draga obbedirono: strisciarono dentro il forno, e quando furono là dentro, la pregarono: - Cara Giovannuzza, chiudi la bocca del forno con dei rami, che non ci vedano -. Era proprio quel che voleva fare la volpe, e riempì tutto il buco con dei rami.

Poi si mise alla porta, e quando il Re arrivò fece una riverenza e disse: - Sacra Corona, si degni di scendere da cavallo; questo è il palazzo del Conte Pero.

Il Re e gli sposi scesero da cavallo, salirono lo scalone, e trovarono una ricchezza, una magnificenza, che il Re stava a bocca aperta e pensava: "Neanche il mio palazzo è la metà bello di questo". E Giuseppe, poveraccio, stava a bocca aperta anche lui.

Gli chiese il Re: - Perché non si vedono servitori?

E la volpe, svelta: - Sono stati tutti licenziati perché il mio padrone non voleva stabilire niente prima di conoscere i desideri della sua bella sposa; ora può comandare lei come più le piace.

Quando ebbero guardato tutto ben bene, il Re tornò nel suo palazzo, e il Conte Pero con la figlia del Re rimasero nel palazzo del Babbo-Drago.

Intanto, il Babbo-Drago e la Mamma-Draga erano chiusi nel forno. Di notte, la volpe s'avvicinò al forno e chiese piano: - Babbo-Drago, Mamma-Draga, ci siete?

- Sì, - risposero loro, con un fil di voce.

- E ci resterete, - disse la volpe. Accese i rami, fece un gran fuoco, e il Babbo-Drago e la Mamma- Draga bruciarono nel forno.

- Ora siete ricchi e contenti, - disse Giovannuzza al Conte Pero e a sua moglie, - e dovete promettermi una cosa: quando morirò, mi dovete mettere in una bella bara e sotterrarmi con tutti gli onori.

- Oh, comare Giovannuzza, perché andate a parlare di morte? - disse la figlia del Re, che si era affezionata alla volpe.

Dopo un po' di tempo Giovannuzza volle metterli alla prova. Si finse morta. Quando la figlia del Re la vide lunga stecchita, esclamò: - Oh, Giovannuzza è morta, povera la nostra cara comare! Adesso dobbiamo affrettarci a farle una bellissima bara.

- Una bara per una bestia? - fece il Conte Pero. - Ma buttiamola dalla finestra! - e la prese per la coda.

Appena si sentì presa per la coda, la volpe saltò su e gridò: - O morto di fame, o traditore, o ingrato, hai dimenticato tutto, hai dimenticato che la tua fortuna è tutta opera mia! Che se non c'ero io eri ancora all'elemosina! Pitocco, ingrato, traditore!

- Volpe, perdonami, ti prego, comare, - si mise a supplicarla il Conte Pero, tutto confuso. - Non volevo far nulla di male; mi sono scappate le parole di bocca, ho parlato senza pensare...

- A me da questo momento, non mi vedrai più... - e prese la porta.

- Perdonami, Giovannuzza, ti supplico, resta con noi... - ma la volpe correva via per la strada, girava alla svolta, spariva e non si vide mai più.


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