Folk Tale

Il convento di monache e il convento di frati

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU879
LanguageItalian
OriginItaly

C'era un sarto che aveva una figliola a nome Giannina. Questa Giannina era bella e andava a scuola. Da quant'era bella, c'era un giovane che si chiamava Gianni e le stava sempre dietro, e lei non sapeva più come sfuggirgli. Finché un giorno disse alle sue compagne: - Mettiamo su un convento?

E le compagne: - Mettiamolo su.

Tra queste compagne c'erano figlie di Re, di cavalieri e gran signori. Si misero insieme in dodici e dissero ai loro padri: - Vogliamo fare un convento di monache.

- Come, vi fate un convento di monache così tutto tra di voi?

Ma loro vollero fare questo convento, e lo fecero lontano dal paese. Portarono delle gran provviste e se ne stettero là tutte e dodici. Giannina la fecero Badessa.

Quel Gianni che era innamorato di Giannina, disse ai suoi compagni: - Non vedo più Giannina da tanti giorni. Dove mai sarà?

- A noi, lo chiedi?

- Visto che non trovo più la mia innamorata, voglio farmi frate. Perché non mettiamo su un convento di frati?

E misero su un convento di frati.

Una notte, al convento delle monache finirono le provviste. L'incarico di provvedere al mangiare spettava alla Badessa Giannina. S'affacciò al balcone e vide una luce lontano. Si mise in via verso quella luce per cercar provviste. Arrivò a una casa, entrò, e non c'era nessuno. C'era una tavola apparecchiata con dodici bicchieri, dodici cucchiai, dodici tovaglioli, e dodici gran piatti di maccheroni ben conditi. Giannina mise i dodici piatti di maccheroni in un canestro e tornò al convento. Suonò la campanella del refettorio, vennero le monache, Giannina distribuì un piatto a ciascuna e mangiarono.

La casa dove aveva preso i maccheroni, era il convento dei frati. Quando tornarono e videro la tavola sparecchiata, il Padre guardiano, che era Gianni, disse: - Chi sarà questa gazza ladra che ci ha portato via la cena? Domani notte bisogna far la guardia!

La notte dopo fu messo uno di guardia e gli dissero: - Appena fai un fischio accorriamo tutti. Bada bene a non addormentarti -. Ma il frate dopo un po' russava già come un ghiro. La Badessa tornò, vide i dodici piatti di maccheroni sulla tavola, si guardò intorno, vide il frate addormentato, mise i maccheroni nel canestro, poi prese la padella e fregò la faccia del frate addormentato con l'unto della padella.

Tornò al convento, suonò la campanella e mangiarono.

Il Guardiano, quando vide quel frate con la faccia nera, disse: - Bella guardia abbiamo lasciato! - E la notte dopo mise di guardia un altro frate. Ma anche questo s'addormentò e si ritrovò con la faccia nera. E così per undici notti, sempre cambiando frate, finché non toccò al Guardiano.

Gianni fece finta d'addormentarsi, ma stava sveglio. Quando Giannina, riempito il canestro di maccheroni, andò per tingergli la faccia di nero di padella, lui si levò e disse: - Ferma là che questa volta non l'hai fatta franca!

- Ahi! - disse lei. - Non farmi male, per carità!

- Non ti farò niente, ma devi portarmi qui le tue undici monache.

- Sì, ma a patto che non ci facciate nulla di male.

- Lo prometto.

E la Badessa se ne andò col suo cesto di maccheroni. Dette da mangiare alle monache, poi disse: -

Sapete, sorelle, dobbiamo andare al convento dei frati. - E cosa ci faranno?

- Niente di male. L'hanno promesso.

E andarono.

- Vogliamo una stanza tutta per noi dove possiamo stare chiuse dentro.

Il Guardiano le condusse in una stanza con dodici letti e le monache se ne andarono a dormire. Tornarono gli altri frati e videro la tavola sparecchiata. - Ah, con tutto che c'era Vossignoria a far la guardia, la cena è andata anche stanotte!

- State zitti, - gli disse il Guardiano, - che la gazza ladra l'abbiamo acchiappata.

- Davvero?

- Sì, e altre undici insieme a lei, e adesso ci cucineranno loro i maccheroni -. Va a bussare dalle monache e dice: - Presto, svegliatevi, che dovete cucinarci i maccheroni.

Dice la Badessa: - Le mie monache non sanno fare da mangiare se non sentono suonare la musica.

- E noi suoneremo, - dicono i frati.

E si mettono a suonare, trombe e violini, mezzi morti di fame come sono. La Badessa e le monache intanto, invece di mettersi a far da mangiare, prendono i materassi e li buttano dalla finestra, prendono le lenzuola e le legano al davanzale, e così scendono lungo le lenzuola e saltano sui materassi, scappano via una a una. Corrono al loro convento e si chiudono dentro.

Intanto i frati continuavano a suonare e non ci vedevano più dalla fame. - Allora, - si dicono, - questi maccheroni non sono pronti? - Bussano alla porta delle monache e nessuno risponde. Buttano giù la porta e vedono i letti vuoti, senza lenzuola e senza materassi. - Ah! Ce l'hanno fatta! Bisogna render loro pan per focaccia!

Fanno una botte, ci mettono dentro il Guardiano, lo chiudono dentro. Vanno al convento delle monache, e si nascondono tutti intorno, ad aspettare il buio. A sera, uno dei frati s'avvicina al convento delle monache, mandando avanti quella botte, rotolon rotoloni. Bussa; s'affaccia una monaca. - Ce lo fa un piacere? Ci tiene questa botte in portiera, per stanotte? - E lascia lì la botte.

Ma la Badessa aveva capito il trucco, e si disse: "Siamo rovinate!" Le monache andarono a mangiare, e lei: - Sentite, sorelle, non abbiate paura, perché qui succederà chissà che cosa -. Difatti, mentre stavano mangiando, il Guardiano uscì dalla botte, e bussò alla porta del refettorio.

- Chi è?

- Aprite.

Le monache aprirono e il Guardiano entrò.

- Buona sera, s'accomodi -. E il Guardiano si mise a mangiar con loro, discorrendo del più e del meno. Alla fine della cena, tolse di tasca un'ampolla. - Prendiamo un bicchierino, monache.

Le monache bevvero, ma la Badessa se lo gettò dentro l'abito. Tutte le monache caddero addormentate, ma la Badessa fece solo finta. Quando le vide tutte addormentate, il Guardiano le legò alla vita con una fune una per una, per calarle dalla finestra. Si fece alla finestra a chiamare gli altri frati; ma Giannina gli andò dietro senza farsi sentire, lo prese per le caviglie e lo buttò dalla finestra a capofitto.

Poi svegliò le compagne: - Presto, bisogna andarcene di qui. Scriviamo ai nostri padri che ci vengano a riprendere perché non vogliamo più far le monache!

E tornarono ognuna a casa sua. Anche i frati lasciarono il loro convento e tornarono alle loro case.

Gianni era di nuovo innamorato di Giannina e andò a chiederla in sposa con la testa fasciata, e lei finalmente disse di sì. Ma prima di sposarsi si fece una bambola di zucchero grande quanto lei.

La notte del matrimonio, disse al marito: - Quando entrerai in camera da letto, spegni la candela, perché in convento mi sono abituata a stare al buio.

La notte del matrimonio, andò in camera, mise a letto la bambola di zucchero, si nascose sotto il letto, e con un filo faceva muovere la bambola. Entrò il marito, e in mano teneva una spada. Disse: - Allora, Giannina, cosa m'hai fatto? Ti ricordi quando mi rubavi la cena?

E la bambola faceva segno di sì.

- Ti ricordi quando m'hai buttato dalla finestra e m'hai rotto la testa?

E la bambola: - Sì, sì.

- E hai anche il coraggio di dirmi di sì?

Leva la spada e la caccia nel petto della bambola di zucchero.

- Giannina, t'ho ammazzata! Ora voglio bere il tuo sangue! - E passa la lingua sulla spada: -

Giannina! Eri dolce in vita e sei dolce in morte! - e rivoltò la spada contro di sé, per ammazzarsi. Quand'ecco, da sotto al letto salta fuori Giannina: - Fermati, non t'ammazzare, sono viva!

S'abbracciarono e d'allora in poi furono sposi felici.


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