Folk Tale

Quaquà! Attaccati là!

TitleQuaquà! Attaccati là!
Book AuthorItalo Calvino
Chapter Nr.38
Language codeita
Origin (region)Friuli

Un Re aveva una figlia, bella come la luce del sole, che tutti i principi e i gran signori l'avrebbero voluta in sposa, se non fosse stato per via del patto che aveva stabilito con suo padre.

Bisogna sapere che una volta questo Re aveva offerto un gran pranzo, e mentre tutti gli invitati ridevano e stavano in allegria, solo sua figlia rimaneva seria e scura in volto. - Perché così triste? - le domandarono i commensali. E lei: zitta. Tutti si provarono a farla ridere, ma nessuno ci riusciva.

- Figlia mia, sei arrabbiata? - le disse il padre.

- No, no, padre mio.

- E allora, perché non ridi?

- Non riderei nemmeno se ne andasse della mia vita.

Al Re allora venne quest'idea: - Brava! Visto che ti sei così intestata a non ridere, facciamo una prova, anzi un patto. Chi ti vorrà sposare, dovrà riuscire a farti ridere.

- Va bene, - disse la Principessa. - Ma ci aggiungo questa condizione: che chi cercherà di farmi ridere e non ci riuscirà, gli sarà tagliata la testa.

E così fu stabilito, tutti i commensali erano testimoni e ormai la parola data non si poteva più ritirarla.

La voce si sparse per il mondo, e tutti i principi e i gran signori volevano provare a conquistare la mano di quella Principessa così bella. Ma quanti ci provavano, tutti ci rimettevano la testa. Ogni mattina di buonora la Principessa si metteva sul poggiolo ad aspettare che arrivasse un pretendente. Così passavano gli anni, e il Re aveva paura di vedersi questa figlia andarsene in spiga come un vecchio cespo di insalata.

Ora accadde che la notizia capitò anche in un paesotto. Si sa che a veglia si vengono a sapere storie di tutti i generi, e così si parlò di quel patto della Principessa. Un ragazzo con la tigna in testa, figlio di un povero ciabattino, era stato a sentire a bocca aperta. E disse: - Ci voglio andare io!

- Ma va' là, tu! non dire sciocchezze, figlio mio, - fece suo padre. - Sì, padre, voglio andare a vedere. Domani mi metto in viaggio. - T'ammazzeranno. Quelli non scherzano.

Padre, io voglio diventare Re!

- Sì, sì, - risero tutti, - un Re con la tigna in testa!

L'indomani mattina, il padre non pensava nemmeno più a quell'idea del figlio, quando se lo vide comparire davanti e dire: - Allora, padre, io vado; qui tutti mi guardano brutto per via della tigna. Datemi tre pani, tre carantani (Nota 1 Carantàn (dial. friulano): "moneta di rame che era la sessantesima parte di un fiorino, conosciuta in antico con questo nome pel commercio con la vicina Carintia" (Pirona).) e una boccia (Nota 2 Bozze (dial. friulano): "mezzetto, vaso di terra ad uso di misurare liquidi; è la metà del boccale" (Pirona).) di vino.

- Ma pensa...

- Ho già pensato a tutto, - e partì.

Cammina cammina, incontra una povera donna che si trascinava appoggiandosi a un bastone. -

Avete fame, padrona? - le chiese il tignoso.

- Sì, figlio: e tanta. Avresti qualcosa da darmi da mangiare?

Il tignoso le diede uno dei suoi tre pani, e la donna lo mangiò. Ma visto che aveva ancora fame, le diede anche il secondo, e poiché gli faceva proprio pietà, finì per darle anche il terzo.

E cammina, cammina. Trova un'altra donna, tutta in stracci.

- Figliolo, mi daresti qualche soldo per comprarmi un vestituccio?

Il tignoso le diede un carantano; poi pensò che forse un carantano solo non bastava, gliene diede un altro; ma la donna gli faceva tanta pietà che le diede anche il terzo.

E cammina, cammina. Incontra un'altra donna, vecchia, grinzosa, che se ne stava a lingua fuori dalla sete che aveva.

- Figliolo, se mi dài un po' d'acqua da bagnarmi la lingua, salvi un'anima del Purgatorio.

Il tignoso le porse la sua boccia di vino; la vecchia ne bevve un po' e lui la invitò a bere ancora, finché non gliel'ebbe scolata tutta. Rialzò il viso, e non era più una vecchia, ma una bella fanciulla bionda, con una stella tra i capelli.

- Io so dove vai, - gli disse, - e ho conosciuto il tuo buon cuore perché le tre donne che hai incontrato ero sempre io. Voglio aiutarti. Prendi questa bella oca, e portatela sempre con te. È un'oca che quando qualcuno la tocca, strilla: "Quaquà!" e tu devi dire subito: "Attaccati là!" - E la bella fanciulla sparì.

Il tignoso continuò la strada portandosi dietro l'oca. A sera arrivò a un'osteria e, senza soldi com'era, si sedette fuori, su una panca. Uscì l'oste e voleva cacciarlo via, ma in quella capitarono le due figlie dell'oste e, vista l'oca, dissero al padre: - Ti prego, non mandar via questo forestiero. Fallo entrare e dàgli da mangiare e da dormire.

L'oste guardò l'oca, capì che cosa avevano in testa le figlie e disse: - Bene, il giovane dormirà in una bella camera, e l'oca la porteremo nella stalla.

- Questo poi no, - disse il tignoso, - l'oca la tengo con me; è un'oca troppo bella per stare in una stalla.

Dopo mangiato, il tignoso andò a dormire e l'oca la mise sotto il letto. Mentre dormiva, gli parve di sentire un tramestio; e tutt'a un tratto l'oca fece: - Quaquà!

- Attaccati là! - gridò lui e s'alzò a vedere.

Era la figlia dell'oste, che s'era avvicinata carponi, in camicia, aveva abbrancato l'oca per portarle via le piume e ora era rimasta appiccicata in quella posizione.

- Aiuto! Sorella! Vienimi a staccare! - gridò. Venne la sorella, in camicia anche lei, abbraccia la sorella alla vita per staccarla dall'oca, ma l'oca grida: - Quaquà! - E il tignoso: - Attaccati là! - E anche la sorella resta lì attaccata.

Il giovane s'affacciò alla finestra: era quasi giorno. Si vestì e uscì dall'osteria, con l'oca dietro e le due figlie dell'oste attaccate. Per strada incontrò un prete. Vedendo le figlie dell'oste in camicia, il prete cominciò a dire: - Ah, svergognate, è così che si va in giro a quest'ora! Ora vi faccio vedere io! - E giù una sculacciata.

- Quaquà! - fa l'oca.

- Attaccati là! - dice il tignoso, e il prete resta attaccato anche lui.

Continuano la strada, con tre persone attaccate all'oca. Incontrano un calderaio carico di casseruole, pentole e tegami. - Ah, che cosa mi tocca di vedere! Un prete in quella posizione! Aspetta a me! - E giù una bastonata.

- Quaquà! - fa l'oca.

- Attaccati là! - fa il tignoso, e ci resta attaccato anche il calderaio, con tutte le sue pentole.

La figlia del Re quella mattina era come al solito sul poggiolo, quando vide arrivare quella compagnia: il tignoso, l'oca, la prima figlia dell'oste attaccata all'oca, la seconda figlia dell'oste attaccata alla prima, il prete attaccato alla seconda, il calderaio con casseruole, pentole e tegami attaccato al prete. A quella vista la Principessa scoppiò a ridere come una matta, poi chiamò suo padre, e anche lui si mise a ridere: tutta la Corte s'affacciò alle finestre e tutti ridevano a crepapancia.

Sul più bello della risata generale, l'oca e tutti quelli che c'erano attaccati sparirono.

Restò solo il tignoso. Salì le scale e si presentò al Re. Il Re gli diede un'occhiata, lo vide lì con la tigna in testa, vestito di mezzalana, tutto rattoppato, e non sapeva come fare. - Bravo giovane, - gli disse, - ti prendo per servitore. Ti va? - Ma il tignoso non volle accettare: voleva sposare la Principessa.

Il Re, per prender tempo, cominciò a farlo lavare bene, e vestire da signore. Quando si ripresentò, il giovane non si riconosceva più: era tanto bello che la Principessa se ne innamorò e non vide più che per gli occhi suoi.

Per prima cosa, il giovane volle andare a prendere suo padre. Arrivò in carrozza, e il povero ciabattino si stava lamentando sulla soglia della porta, perché quell'unico figlio lo aveva abbandonato.

Lo portò alla Reggia, lo presentò al Re suo suocero e alla Principessa sua sposa e si fecero le nozze.


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