Folk Tale

Gesù e San Pietro in Friuli I.

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU774
LanguageItalian
OriginItaly

Come fu che San Pietro è andato col Signore C'era una volta un poveruomo che si chiamava Pietro e faceva il pescatore. Una sera tornò a casa stanco, senza aver preso neanche un pesce, e la moglie non gli aveva preparato cena. - Sono andata in giro tutto il giorno ma non ho trovato niente, - gli disse, - e soldi non ne abbiamo.

- E come faccio ad andare a letto senza cena? Presto, trovami qualcosa da mangiare!

- Qui non c'è niente, Pietro. Se proprio vuoi, andiamo in quel campo, dove ci sono dei bei torsi di verze, e prendiamoceli.

- Ma io non voglio fare il ladro!

- Allora digiuniamo.

- Verze, dici? Ma se ci prendono? Tutt'e due insieme...

- Ecco: per non dar nell'occhio, andiamoci uno da una parte e uno dall'altra.

Pietro si decise e si avviarono a quel campo, lui da una strada e sua moglie da un'altra. Per la sua strada, Pietro incontrò un uomo biondo con gli occhi grigi, che stava seduto su di un paracarro. "Chissà cosa fa qui questo forestiero!", si domandò Pietro, e gli chiese: - Galantuomo! Che facciamo di bello?

- Sono qui per insegnare agli uomini a non fare del male... - disse il forestiero.

"Oh, pare dica proprio a me!", pensò Pietro.

- ...e se han fatto del male, per fargli fare penitenza... - aggiunse il forestiero.

A Pietro quel discorso non piaceva: tagliò corto, e continuò la sua strada. Ma le parole del forestiero continuavano a ronzargli in testa. Arrivato al campo, vide un'ombra di donna che si muoveva. "La padrona! La padrona! Scappiamo!" e Pietro fuggì di corsa buttandosi attraverso filari, fossi e siepi. Corse a casa, sempre pensando a quelle parole: "Fargli far penitenza", e appena arrivato pigliò il manico della scopa e giù bastonate sulla schiena di sua moglie. - Ah, ladro volevi che diventassi! Ah, cagna! Ah, canaglia!

- Pietà, Pietro, perdonami! - gridava la donna. - Non ho potuto prender nulla: è venuto il padrone e ho dovuto scappar via.

- E a me m'ha fatto scappare via la padrona! Cagna! Canaglia! Farmi diventare un ladro! Ma io non voglio star più con te, voglio andare a far penitenza anch'io.

E corse via, sulla strada, finché non trovò quel forestiero e gli raccontò tutto.

- Sì, Pietro, hai fatto bene a venire da me, - disse il forestiero. - Adesso sappi che tu non hai visto la padrona e che tua moglie non ha visto il padrone, ma eravate solo voi due, che vi siete spaventati a vicenda, e la vostra coscienza sporca non v'ha fatto riconoscere. Vieni con me, sarai il mio primo amico e il mio braccio destro: io sono il Signore.

II.

La coratella di lepre Una volta il Signore e San Pietro passarono per un campo, quando tra un filare e l'altro schizzò fuori una lepre e intoppò nei piedi del Signore.

- Presto, Pietro! Apri il sacco e mettila dentro.

Pietro la mise nel sacco e disse: - È tanto che non mangiamo, Signore: questa ce la facciamo arrosto. - Bene, Pietro! Stasera ci faremo una buona cena. Tu che sei bravo a far il cuoco, cucinerai la lepre. Arrivarono a un paese, videro la frasca (Nota 1 L'insegna dei tavernari.) su una porta ed entrarono.

- Buona sera, signor oste.

- Buona sera, galantuomini.

- Ci porti mezza boccia di vino, - disse il Signore. - E tu Pietro intanto va' a far cuocere la lepre.

San Pietro, esperto com'è, piglia un coltellaccio, lo arrota con la roncola che portava con sé, spella la lepre, la squarta, e poi la butta in un tegame. Mentre cuoceva, gli venne l'acquolina in bocca: "Che grassa che è! E che buon odore! Aspetta a me! Ora assaggio un po' se è buona! Oh, buona! Ecco che la coratella s'è già cotta: non potrei mangiarmela io, con questa crosta di pane? Figuriamoci se il Signore se n'accorge!" Detto fatto, tira fuori la coratella con la forchetta e se la mangia. Poi chiama: - Signore, la lepre è cotta! La metto in tavola?

- Già cotta? Portala, portala.

Pietro reggendo il tegame con una mano e con l'altra nettandosi dal grasso i baffi, torna dal Signore. Serve metà lepre nel piatto del Signore e metà nel suo, e si mettono a mangiare. Ma il Signore si mette a cercare nel piatto.

- Di', Pietro, e la coratella, dov'è?

- Mah, Signore, non so, non ci ho badato. Forse era una lepre senza coratella... Non c'è neanche nel mio piatto...

- Eh, dev'essere così, - dice il Signore, sorride e riprende a mangiare.

Ma Pietro non può mandar giù neanche un boccone.

- Su, Pietro, cos'hai che sei così biascicone? Hai forse la coratella sullo stomaco? - Io, Signore?

- Eh, non do mica la colpa a te. Mangia, mangia.

- Non posso, Signore, ho come un groppo qui. Adesso bevo un bicchiere di vino.

La notte, Pietro non poteva chiudere occhio. All'alba s'era appena addormentato, quando il Signore lo svegliò perché dovevano mettersi in strada per arrivare in città prima di mezzogiorno. E Pietro s'alzò, sempre col pensiero di quella coratella e del Signore che forse sapeva tutto.

In città non vedono che facce serie, occhi bassi, nessun avviso di balli e di feste come ce n'è sempre nelle città. "Cosa succede qui?" si domanda San Pietro, e il Signore gli dice: - Pietro, domanda un po' a qualcuno.

Pietro domanda a un soldato, e quello, sottovoce, gli dice che la figlia del Re è tanto malata, che i medici l'hanno data per spacciata, e il Re ha promesso un sacco di napoleoni a chi la guarirà.

Il Signore disse a Pietro: - Senti, Pietro, voglio farti guadagnare quel sacco di napoleoni. Vai al palazzo e di' che sei un gran dottore. Quando sarai solo nella camera della figlia del Re, prendi la tua roncola e tagliale la testa. Metti la testa in fresco e dopo un'ora tirala fuori, riattaccala al busto e la figlia del Re sarà guarita.

Pietro fila dritto dal Re e chiede d'esser lasciato un'ora da solo nella camera della figlia. Appena è solo con lei, tira fuori la roncola e giù un colpo: la testa si stacca, tutto il letto si riempie di sangue. Pietro butta la testa in un secchio d'acqua e si siede ad aspettare che passi un'ora.

Passata l'ora "Tum! Tum!" bussano alla porta.

- Aspettate un momento! - fa Pietro; tira fuori la testa, la rimette sul busto, ma niente! Non s'attacca. Pietro comincia ad aver paura.

Di fuori bussano. "Tum! Tum!" - Apri, dottore! - è la voce del Re.

"Come faccio? - dice Pietro. - Come faccio?"

Punf! Buttano giù la porta. Entra il Re e vede tutto il sangue.

- Che hai fatto, canaglia? Hai assassinato mia figlia! Questa la pagherai sulla forca! Guardie! Legatelo e portatelo alla forca!

- Maestà, perdono, misericordia!

- Via, marsc!

"Non può salvarmi che il Signore!", pensa Pietro, trascinato per la città tra i soldati; e proprio in quel momento, tra la folla, vede il Signore. - Salvami, salvami, Signore! - Dove portate quest'uomo? - fa il Signore ai soldati.

- Alla forca.

- Cos'ha fatto?

- Cos'ha fatto, chiedete? Ha ammazzato la figlia del Re!

- Non è vero, lasciatelo, anzi, riportatelo dal Re perché prenda il sacco dei napoleoni. La figlia del Re è sana come un pesce.

I soldati tornano indietro per vedere se è vero. E arrivati davanti al palazzo reale, vedono la Principessa sul balcone tutta allegra, e il Re che viene incontro a Pietro, e gli dà il sacco di napoleoni.

Pietro, vecchio com'è, in quel momento si sente tanto in forze che solleva il sacco come una piuma, se lo mette sulla schiena e va al crocicchio dove l'aspetta il Signore.

- Hai visto, Pietro?

- Be', Signore, poi direte che non sono buono a nulla!

- Dammi qua i soldi che li dividiamo come al solito.

Pietro posa il sacco, e il Signore si mette a fare i mucchi.

- Cinque a me, cinque a te, cinque all'altro... - e così continua. - Cinque a me, cinque a te, cinque all'altro...

Pietro lo sta un po' a guardare, poi gli chiede: - Ma Signore, noi siamo in due! Perché fate tre mucchi?

- Eh, Pietro! - E il Signore continua: - Questo a me, questo a te, questo all'altro...

- E chi è l'altro?

- È quello che ha mangiato la coratella...

- Signore, Signore, - dice svelto Pietro, - sono stato io a mangiarla!

- Ecco che t'ho preso al laccio. Hai fatto male, Pietro, e la paura che t'ho fatto prendere è stata il tuo castigo. Ti perdono, ma non farlo più.

E Pietro promise...

III.

L'ospitalità Una sera Gesù e San Pietro, dopo aver molto camminato per le strade della montagna, capitarono in casa d'una donna e domandarono asilo per quella notte. La donna li squadrò dalla testa ai piedi e disse: - Coi vagabondi non voglio averci a che fare!

- Per l'amor di Dio, padrona!

Ma la donna gli sbatté la porta in faccia.

Pietro, permaloso come al solito, lanciò un'occhiata al Signore come a dirgli che sapeva lui cosa meritava quella donna. Ma il Signore, senza badargli, tirò avanti, ed entrò in un'altra casa più povera, nera di fuliggine, dove una donnetta stava filando accanto al fuoco.

- Padrona, ci fate la carità di darci alloggio per stanotte? Abbiamo fatto tanta strada che non riusciamo più a tirarci dietro le gambe.

- Ma! Sia come Dio vuole! Fermatevi pure, galantuomini. E dove volete andare, ormai, che fa più scuro che nella bocca d'un lupo? Farò quel poco che posso; intanto venite qua, sedetevi al fuoco. Scommetto che avrete fame, anche.

- Eh, l'avete detta quasi giusta, - disse Pietro.

La donnetta, che si chiamava Donna Catìn, buttò quattro sterpi sul fuoco, e si mise a preparare da cena: brodo e fagioli teneri teneri, che Pietro a mangiarli andava in gloria, e un po' di mele, che teneva appese alle travi del soffitto. Poi li portò a dormire sul fieno.

- Benedetta donna! - disse Pietro stendendosi beato.

L'indomani di buonora, nel licenziarsi da Donna Catìn, il Signore disse: - Padrona, quel che comincerete a fare stamattina, possiate continuare a farlo tutto il giorno, - e se ne andarono.

La donnetta si mette subito a tessere, e tesse, tesse, tesse per tutta la giornata. La spola andava e veniva nell'ordito, e la casa si riempiva di tela, di tela, di tela, che usciva dalla porta, dalle finestre, arrivava fin sotto le tegole. A sera venne Comare Giacoma a trovare Donna Catìn. Comare Giacoma era quella che aveva sbattuto la porta in faccia a Gesù e a San Pietro. Vede tutta quella tela e non dà pace a Donna Catìn finché non le ha raccontato tutto. Quando seppe che i due forestieri che lei aveva cacciato avevano fatto quel regalo alla vicina, si morse le dita dalla rabbia, e chiese: - Ma sapete se avevano intenzione di ripassare di qui, quei forestieri?

- Credo di sì; hanno detto che andavano solo fino alla valle.

- Allora, se tornano, mandatemeli a casa mia, vi prego, ché forse faranno una grazia così anche a me. - Volentieri, comare.

E l'indomani sera, quando i due pellegrini si ripresentarono alla sua porta, Donna Catìn fece: - A dire il vero, stasera sono un po' imbrogliata a darvi alloggio; ma andate pure dalla mia comare Giacoma, in quella casa là sotto, che si farà in quattro per contentarvi.

Pietro, che aveva buona memoria, storse un po' il naso, e voleva dire di Comare Giacoma tutto quel che pensava; ma il Signore gli fece cenno di tacere, e andarono a quella casa. La donna venne incontro con tanti complimenti: - Oh, buona sera! I signori han fatto buon viaggio? Entrino, entrino: siamo povera gente, ma di buon cuore. Si vogliono scaldare al fuoco? Adesso preparo cena...

Così, tra tanti complimenti, il Signore e San Pietro mangiarono e dormirono in casa di Comare Giacoma, e al mattino, si disposero per uscire, con la donna che continuava a far auguri e riverenze.

- Padrona, - disse il Signore, - che quel che cominciate a fare stamattina, possiate continuare a farlo tutto il giorno -. E se ne andarono.

"Ora vi faccio vedere io! - si disse la comare rimboccandosi le maniche. - Voglio tessere il doppio di tela di Donna Catìn". Ma prima di mettersi al telaio, per non dover più interrompere dopo, pensò d'andare svelta svelta in concimaia a fare i suoi bisogni. Va, comincia, ma per quanto pensasse di far svelta, non riusciva più a finire. "O bella! E cosa mi succede! Come mai non finisco più... Cosa m'avrà fatto male? Al diavolo! Ma qui... ma non sarà che..."

Dopo mezz'ora provò a togliersi di lì e rimettersi al telaio. Ma sì! Dovette tornare in concimaia di gran corsa. E così, ci passò tutta la giornata. Altro che tela! Fu un miracolo se non traboccò il Tagliamento.

IV.

Il grano saraceno Al calar del sole, tre viandanti accaldati, sudati, impolverati, entrarono in un villaggio. Nei cortili stavano finendo di battere il grano, e per l'aria ancora volava la pula.

- O di casa! - dissero i tre a una donna che stava spulando. Questa donna, che era una vedova, li fece entrare e diede loro da mangiare e da dormire nel fienile, a patto che l'indomani l'aiutassero a battere. Quei viandanti, che erano il Signore, San Giovanni e San Pietro, andarono a dormire nel fienile. Allo spuntar del giorno, Pietro sentì cantare il gallo e disse: - Su, spicciamoci ad alzarci, perché abbiamo mangiato ed è giusto che si lavori.

- Dormi e taci, - rispose il Signore, e San Pietro si voltò dall'altra. S'erano appena riaddormentati, quando capitò la vedova con un bastone in mano e: - Be'? Credete di starvene a poltrire fino al giorno del giudizio, voialtri? Dopo aver mangiato e bevuto alle mie spalle? - Lasciò andare una legnata sulla schiena di Pietro, e se n'andò di furia.

- Avete visto se avevo ragione? - disse Pietro, fregandosi le spalle. - Su, su, andiamo a lavorare, se no quest'accidente di donna ci concia per le feste.

E il Signore, di nuovo: - Dormi e taci.

- Dite bene, voi: ma se torna se la prende con me!

- Se hai tanta paura di una donna, - disse il Signore, - passa qua, e lascia che al tuo posto vada

Giovanni.

Cambiarono di posto e poi si riaddormentarono tutti e tre.

La vedova tornò tutta invelenita, col bastone. - Come, ancora a dormire, siete! - E per non far ingiustizie, stavolta diede una bastonata a quello in mezzo: che era di nuovo Pietro!

- Sempre a me! - gemeva Pietro, e il Signore, per farlo star tranquillo scambiò il posto con lui. - Così sei più riparato. Dormi e taci.

Tornò la vedova e: - Adesso tocca a te! - e giù un'altra legnata a Pietro, che stavolta saltò fuori dal fieno. - Il Signore dica pure quel che vuole, ma io qua non ci resto, - e corse in cortile a prendere la trebbia e a mettersi al lavoro più lontano che poteva da quel diavolo di donna.

Un momento dopo giunsero anche il Signore e San Giovanni, presero le trebbie anche loro, ma il Signore disse: - Portami un tizzone acceso, - e fatto segno agli altri che stessero quieti, diede fuoco ai quattro angoli dell'aia. In un attimo ci fu una gran fiammata che avvolse i covoni. Quando si spense si credeva di veder solo cenere: invece c'era tutto lo strame a destra, tutta la paglia a manca, la pula in aria, e il grano in mezzo, tutto fuori dalle spighe, bello e pulito come fosse già spulato e abburattato. La battitura era fatta, senza neanche dare un colpo di trebbia.

I tre non aspettarono nemmeno d'esser ringraziati; escono dal cortile e se ne vanno. Ma la vedova, invece di pentirsi della sua prepotenza e di contentarsi di quella bella trebbiatura senza fatica, fa subito sgombrare l'aia, fa misurare e portar via il frumento, e fa portare sull'aia un altro carico di covoni. Appena gli uomini ebbero slegato i covoni, la vedova prese anche lei un tizzone e diede fuoco all'aia. Ma stavolta le fiamme bruciarono davvero, e il grano ardeva scoppiettando come frittelle in padella.

La vedova, con le mani nei capelli, corse fuori del villaggio per raggiungere i tre viandanti. Appena li vide, si buttò in ginocchio e raccontò la sua disgrazia. Il Signore, visto che era pentita davvero, disse a Pietro: - Va', salva quello che puoi, e insegnale che si deve render bene per male.

San Pietro arrivò sul battuto e fece il segno della croce: la fiamma si spense e il grano mezzo abbrustolito si radunò tutto in un grumo. Nero com'era, sformato, scoppiato, non sembrava più frumento; ma per la benedizione di San Pietro, era ancora pieno di farina, e quei granelli scuri, piccini, puntuti, furono il primo grano saraceno che si vide sulla terra.


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