Folk Tale

La corona rubata

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
LanguageItalian
OriginItaly

Un Re aveva tre figlioli e gli voleva molto bene. Un giorno, questo Re andò a caccia col suo Primo Ministro, e stanco com'era si buttò sotto un albero e s'addormentò. Quando si sveglia, per prima cosa cerca la corona. In testa non ce l'aveva, vicino neanche, nel carniere nemmeno. Dov'era andata a finire? Chiamò subito il Primo Ministro e: - Chi m'ha preso la corona?

- Sacra Maestà, si figuri se io le tocco la corona! E non ho neppure visto nessuno che l'abbia presa!

Il Re tornò a casa su tutte le furie e fece condannare a morte il Primo Ministro. Poverino, lui non ne aveva colpa: a rubare la corona era stata la Fata Alcina, la Regina delle Fate.

Di mostrarsi al popolo senza la corona in testa, il Re si vergognava; si chiuse in camera e diede ordine che nessuno lo venisse a cercare. I figli non sapevano niente, e non capivano cosa avesse il Re. Il maggiore un giorno disse: - Cosa sarà che nostro padre sta sempre chiuso in camera e non vuol vedere nessuno? Dev'essergli successa una disgrazia. Voglio entrare per vedere se riesco a consolarlo -. Ma il padre lo mandò via urlando, e se non faceva presto a scappare si pigliava una sberla.

- Voglio provare anch'io, - disse il figlio mezzano, ma anche a lui capitò la stessa storia e tornò indietro tutto mortificato.

Non restava che il più piccolo, che si chiamava Beniamino, ed era il beniamino di suo padre. Anche lui entrò nella stanza del Re e lo pregò di raccontargli cosa l'affliggeva.

- A te racconterei tutto, - disse il Re, - ma questo è un disonore troppo grande e non posso.

E il figlio, pronto: - Già che non mi vuoi raccontare, piuttosto che vederti soffrire m'ammazzerò, - e si puntò al petto una pistola.

- Fermati, figlio mio! - gridò il Re. - Saprai tutto! - e si mise a raccontargli per lungo e per largo come aveva perso la corona, pregandolo però di non dir niente ai fratelli.

Beniamino ascoltò in silenzio, poi disse: - Sapete chi v'ha rubato la corona? Non può essere che la Fata Alcina, che si diverte tanto a tormentare la gente. Voglio andare a girare il mondo finché non la trovo. O tornerò con la corona o non mi vedrete mai più.

E così fece: sellò il cavallo, preparò una borsa di quattrini, e partì. A un crocevia, trovò tre strade: ogni strada era segnata da una pietra. Su una pietra c'era scritto: Chi va - per di qua - tornerà; sull'altra: Chi va - per di qua - chissà; e nella terza invece: Se tu - vai laggiù - non torni più. Lui stava per imboccare la prima, poi ci ripensò e si diresse per la seconda, ma tornò subito indietro e imboccò la terza.

Per un tratto, la strada era buona, ma poi cominciarono spini, sassi, serpenti, insetti e ogni qualità di bestie selvatiche. Il cavallo non riusciva più a proseguire. Beniamino scese di sella, legò il cavallo a un albero, gli diede un bacio e gli disse quasi piangendo: - Forse non ci vedremo più -. Poi continuò la strada a piedi.

Cammina e cammina, trovò una casetta. Batté alla porta, perché aveva una gran fame. - Chi è? - chiese una voce.

- Un povero cavaliere senza cavallo che domanda un poco di ristoro.

Gli aperse una vecchia e tutta stupita gli domandò: - Ma cosa sei venuto a fare da queste parti, bel giovane? Non venire dentro, per carità! Se arriva mia figlia ti ammazza e ti mangia. Non sai? Io sono la madre della Bora. Aspetta qui che ti porto qualcosa da mangiare.

Mentre mangiava, Beniamino raccontò alla vecchia il perché e il percome egli stava girando il mondo alla ricerca della Fata Alcina. La vecchia non ne sapeva niente, ma, siccome era una buona diavola, promise d'aiutarlo. Lo fece entrare, lo nascose sotto il letto, e quando arrivò la Bora tutta furiosa e affamata, prima le diede da mangiare tanto da toglierle tutta la fame, poi le raccontò la storia di questo giovane e si fece promettere che non gli avrebbe torto un capello.

La Bora, che ormai era sazia, lasciò uscire Beniamino di sotto il letto e gli parlò amichevolmente. E gli disse che girando il mondo come lei faceva, aveva visto la corona del Re suo padre: era sopra il letto della Fata Alcina. E poi gli disse che insieme alla corona c'erano uno scialle di stelle e una mela d'oro che suonava la musica, e che era tutta roba portata via a due Regine, e che le Regine erano prigioniere in un pozzo per un incantesimo. E poi gli spiegò dov'era il palazzo della Fata Alcina e dov'era il pozzo delle due Regine.

- Ma come potrò entrare nel palazzo? - domandò Beniamino.

- Ecco questa bottiglia, - disse la Bora, - con la quale addormenterai il guardiano. Così potrai entrare e troverai il giardiniere.

- E col giardiniere come faccio?

- Non ci pensare, - disse la Bora. - Devi sapere che il giardiniere della Fata Alcina è mio padre. Ora io e mia madre ti daremo una lettera di raccomandazione per lui.

Beniamino ringraziò molto madre e figlia, e si mise in cammino. Andò finché non trovò il palazzo della Fata; addormentò il guardiano e trovò il giardiniere, che promise d'aiutarlo. - Guarda che per le scale ci sono due mori, che hanno ordine d'ammazzare tutti quelli che passano, tranne me quando vado su a portare i fiori alla Fata.

Allora Beniamino si vestì da giardiniere, prese tra le braccia un gran vaso di tuberose che gli nascondeva la faccia, e così salì su per le scale, in mezzo ai due mori che lo lasciarono passare. Entrò nella stanza della Fata, che stava dormendo, prese la corona che era in cima al baldacchino, lo scialle di stelle e la mela d'oro. Poi si voltò a guardare la Fata: era tanto bella che gli venne voglia di baciarla mentre dormiva. E stava già per sfiorarla con le labbra, quando la mela d'oro si mise a suonare la musica, e Beniamino, per paura che la Fata si svegliasse, scappò subito via, nascondendo il viso in un vaso di gelsomini perché i mori non lo vedessero. Aveva passato un bel rischio: chi baciava la Fata Alcina restava di marmo dalla testa ai piedi.

Beniamino ringraziò il giardiniere e si mise sulla strada del ritorno. Dopo sei o sette ore di cammino, trovò un pozzo asciutto, profondo che non se ne vedeva la fine. E intorno a questo pozzo girava un'oca con le ali così grandi, che ci poteva star sotto più d'una persona. L'oca capì subito che Beniamino voleva scendere nel pozzo e s'avvicinò in modo ch'egli potesse mettersi sotto un'ala. Poi cominciò a volare giù nel pozzo.

In fondo al pozzo c'erano le due Regine prigioniere di quell'incantesimo. - Ecco il vostro scialle di stelle, e la vostra mela d'oro che suona la musica! - disse Beniamino, saltando fuori di sotto all'ala dell'oca. - Siete libere! Se volete venire con me, salite anche voi qui sull'oca.

Le due Regine contente si misero anche loro sotto le ali, e l'oca volò su fuori dal pozzo e poi sopra boschi e montagne, fino al punto dov'era legato il cavallo di Beniamino.

Beniamino salutò l'oca, prese le due Regine in sella e tornò da suo padre.

A rivedere la sua corona, il Re era fuor di sé dalla gioia. Fece inginocchiare il figlio e gli pose la corona sul capo. - È tua e te la meriti.

Beniamino si sposò con una Regina, la più bella delle due. Fecero grandi feste e bella vita e la mia fiaba è ormai finita.


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