Folk Tale

Il palazzo delle scimmie

TitleIl palazzo delle scimmie
Book AuthorItalo Calvino
Chapter Nr.63
Language codeita
Origin (region)Montale Pistoiese

Una volta ci fu un Re che aveva due figli gemelli: Giovanni e Antonio. Siccome non si sapeva bene chi dei due fosse nato per primo, e in Corte c'erano pareri contrastanti, il Re non sapeva chi di loro far succedere nel regno. E disse: - Per non far torto a nessuno, andate per il mondo a cercar moglie, e quella delle vostre spose che mi farà il regalo più bello e raro, il suo sposo erediterà la Corona.

I gemelli montarono a cavallo, e spronarono via uno per una strada uno per l'altra.

Dopo due giorni, Giovanni arrivò a una gran città. Conobbe la figliola d'un Marchese e le disse della questione del regalo. Lei gli diede una scatolina sigillata da portare al Re e fecero il fidanzamento ufficiale. Il Re tenne la scatolina senza aprirla, aspettando il regalo della sposa d'Antonio.

Antonio cavalcava e non incontrava mai città. Era in un bosco folto, senza strade, che pareva non avesse mai fine e doveva farsi largo tagliando i rami con la spada, quando a un tratto gli s'aperse davanti una radura, e in fondo alla radura era un palazzo tutto di marmo, con le vetrate risplendenti. Antonio bussò, e chi gli aperse la porta? Una scimmia. Era una scimmia in livrea da maggiordomo; gli fece un inchino e lo invitò a entrare con un gesto della mano. Due altre scimmie lo aiutarono a scender da cavallo, presero il cavallo per la briglia e lo condussero alle scuderie. Lui entrò e salì una scala di marmo coperta di tappeti, e sulla balaustra c'erano appollaiate tante scimmie, silenziose, che lo riverivano. Antonio entrò in una sala dove c'era un tavolo apparecchiato per il gioco delle carte. Una scimmia lo invitò a sedere, altre scimmie si sedettero ai lati, e Antonio cominciò a giocare a tressette con le scimmie. A una cert'ora gli fecero cenno se voleva mangiare. Lo condussero in sala da pranzo, e alla tavola imbandita servivano scimmie col grembiule, e i convitati erano tutte scimmie coi cappelli piumati. Poi l'accompagnarono con le fiaccole a una camera da letto e lo lasciarono a dormire.

Antonio, sebbene allarmato e stupefatto, era tanto stanco che s'addormentò. Ma sul più bello, una voce lo svegliò, nel buio, chiamando: - Antonio!

- Chi mi chiama? - disse lui, rannicchiandosi nel letto.

- Antonio, cosa cercavi venendo fin qua?

- Cercavo una sposa che facesse al Re un regalo più bello di quella di Giovanni, cosicché a me tocchi la Corona.

- Se acconsenti a sposare me, Antonio, - disse la voce nel buio, - avrai il regalo più bello e la Corona.

- Allora sposiamoci, - disse Antonio con un fil di voce.

- Bene: domani manda una lettera a tuo padre.

L'indomani Antonio scrisse al padre una lettera, che stava bene e sarebbe tornato con la sposa. La diede a una scimmia, che saltando da un albero all'altro arrivò alla Città Reale. Il Re, sebbene sorpreso dell'insolito messaggero, fu molto contento delle buone notizie e alloggiò la scimmia a Palazzo.

La notte dopo, Antonio fu di nuovo svegliato da una voce nel buio: - Antonio! Sei sempre del medesimo sentimento?

E lui: - Sicuro che lo sono!

E la voce: - Bene! Domani manda un'altra lettera a tuo padre.

E l'indomani di nuovo Antonio scrisse al padre che stava bene e mandò la lettera con una scimmia.

Il Re tenne anche questa scimmia a Palazzo.

Così ogni notte la voce domandava ad Antonio se non aveva cambiato parere, e gli diceva di scrivere a suo padre, e ogni giorno partiva una scimmia con una lettera per il Re. Questa storia durò per un mese e la città reale, ormai, era piena di scimmie: scimmie sugli alberi, scimmie sui tetti, scimmie sui monumenti. I calzolai battevano i chiodi con una scimmia sulla spalla che gli faceva il verso, i chirurghi operavano con le scimmie che gli portavano via i coltelli e il filo per ricucire i malati, le signore andavano a spasso con una scimmia seduta sull'ombrellino. Il Re non sapeva più come fare.

Passato un mese, la voce nel buio finalmente disse: - Domani andremo assieme dal Re e ci sposeremo.

La mattina, Antonio scese e alla porta c'era una bellissima carrozza con una scimmia cocchiere montata in serpa e due scimmie lacchè aggrappate dietro. E dentro la carrozza, su cuscini di velluto, tutta ingioiellata, con una grand'acconciatura di piume di struzzo, chi è che c'era? Una scimmia. Antonio si sedette al suo fianco e la carrozza partì.

All'arrivo alla città del Re, la gente fece ala a quella carrozza mai vista e tutti stavano sbigottiti dalla meraviglia a vedere il principe Antonio che aveva preso in sposa una scimmia. E tutti guardavano il Re che stava ad aspettare il figlio sulle scale del Palazzo, per vedere che faccia avrebbe fatto. Il Re non era Re per niente: non batté ciglio, come se lo sposare una scimmia fosse la cosa più naturale del mondo. Disse soltanto: - L'ha scelta, la deve sposare. Parola di Re è parola di Re, - e prese dalle mani della scimmia uno scatolino sigillato come quello della cognata. Gli scatolini si sarebbero aperti l'indomani, giorno delle nozze. La scimmia fu accompagnata nella sua stanza e volle esser lasciata sola.

L'indomani Antonio andò a prendere la sposa. Entrò e la scimmia era allo specchio che si provava l'abito da sposa. Disse: - Guarda se ti piaccio, - e così dicendo si voltò. Antonio restò senza parola: da scimmia che era voltandosi s'era trasformata in una ragazza bella, bionda, alta e benportante che era un piacere a vederla. Si fregò gli occhi, perché non riusciva a crederci, ma lei disse: - Sì, sono proprio io la vostra sposa -. E si buttarono l'uno nelle braccia dell'altro.

Fuori del palazzo c'era tutta la folla venuta per vedere il Principe Antonio che sposava la scimmia, e quando invece lo videro uscire al braccio d'una così bella creatura, restarono a bocca aperta. Più in là lungo la strada facevano ala tutte le scimmie, sui rami, sui tetti e sui davanzali. Quando passò la coppia reale ogni scimmia fece un giro su se stessa e in quel giro tutte si trasformarono: chi in dama col manto e lo strascico, chi in cavaliere col cappello piumato e lo spadino, chi in frate, chi in contadino, chi in paggio. E tutti fecero corteo alla coppia che andava a unirsi in matrimonio.

Il Re aprì gli scatolini dei regali. Aprì quello della sposa di Giovanni e c'era dentro un uccellino vivo che volava, che era proprio un miracolo potesse esser stato chiuso lì tutto quel tempo; l'uccellino aveva nel becco una noce, e dentro alla noce c'era un fiocco d'oro.

Aperse lo scatolino della moglie di Antonio e c'era un uccellino vivo pure lì, e l'uccellino aveva in bocca una lucertola che non si sapeva come facesse a starci, e la lucertola aveva in bocca una nocciola che non si sapeva come ci entrasse, e aperta la nocciola c'era dentro tutto piegato per bene un tulle ricamato di cento braccia.

Già il Re stava per proclamare suo erede Antonio, e Giovanni aveva già la faccia scura, ma la sposa d'Antonio disse: - Antonio non ha bisogno del regno di suo padre, perché ha già il regno che gli porto io in dote, e che lui sposandomi ha liberato dall'incantesimo che ci aveva fatto scimmie tutti quanti! - E tutto il popolo di scimmie tornate esseri umani acclamarono Antonio loro Re. Giovanni ereditò il Regno del padre e vissero di pace e d'accordo.

Così stettero e godettero / Ed a me nulla mi dettero.


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