Folk Tale

L'uva salamanna

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU653
LanguageItalian
OriginItaly

Ci fu una volta un Re che aveva una figlia: unica, di gran bellezza, e da marito. Un Re suo confinante aveva tre figli giovanotti e si innamorarono tutti e tre di questa Principessa. Il padre della Principessa disse: - Per me siete tutti e tre uguali e non posso far preferenze per l'uno o per l'altro. Ma non vorrei nascessero contrasti tra voi. Fate così: andatevene in viaggio per il mondo, e quello che di voi di qui a sei mesi tornerà col regalo più bello, lo sceglierò per mio genero.

I tre fratelli partirono, e in un punto in cui la strada maestra si spartiva in tre diverse vie, presero ognuno per una via.

Il fratello maggiore passò tre mesi, quattro, cinque e ancora non aveva trovato una cosa che meritasse d'essere portata in regalo. Una mattina del sesto mese, era in una lontana città, quando sotto la finestra dell'albergo sentì una voce: - Tappeti! Tappeti fini! - S'affacciò e il tappetaio gli chiese: - Lo vuol comprare un bel tappeto?

Lui disse: - Proprio i tappeti mi mancano! Nel mio palazzo c'è pieno di tappeti anche in cucina.

E il tappetaio: - Ma un tappeto con la virtù di questo, certo non ce l'ha.

- E quale sarebbe, questa virtù?

- È un tappeto, - disse il tappetaio, - che quando ci si mette sopra i piedi, fa cento miglia al giorno. Il Principe schioccò forte le dita: - Ecco il regalo che fa per me! Quanto ne volete, galantuomo?

- Cento scudi tondi, né uno di più né uno di meno, - disse il tappetaio.

- Affare fatto, - disse il Principe, e gli contò i cento scudi.

Appena mise i piedi sul tappeto, il tappeto valicò monti e valli e arrivò all'osteria dov'egli aveva combinato di trovarsi coi fratelli alla fine dei sei mesi. Gli altri non erano ancora arrivati.

Anche il fratello mezzano fino agli ultimi giorni aveva girato da ogni parte senza trovare un regalo che gli andasse. Ed ecco che incontrò un merciaio ambulante che gridava: - Cannocchiali! Cannocchiali perfetti! Signorino, le piace un cannocchiale?

- Che me ne faccio? - disse il Principe. - A casa mia c'è pieno di cannocchiali, tutti delle fabbriche migliori.

- Scommettiamo, che cannocchiali con le virtù di questi, non ne ha mai visti? - disse il cannocchialaio. - Che virtù?

- Questi cannocchiali vedono lontano anche cento miglia, e non solo all'aperto, ma anche attraverso i muri.

Esclamò il Principe: - Allora è proprio quello che fa al caso mio! Quanto vi do?

- Cento scudi tondi.

- Ecco cento scudi, datemene uno, - e appena ebbe il cannocchiale, fece ritorno all'osteria. Vi trovò il fratello maggiore, e insieme aspettarono il più piccolo dei tre.

Il più piccolo dei tre, fino al giorno prima dello spirare dei sei mesi, non aveva trovato il regalo e ormai disperava di trovarlo, quando già sulla via del ritorno, trovò un fruttivendolo, che gridava: - Uva salamanna! Chi ne vuole? Compratela, l'uva salamanna!

Il Principe, che non aveva mai sentito nominare l'uva salamanna perché al suo paese non cresceva, domandò: - Com'è quest'uva che vendete?

- Si chiama salamanna, - disse il fruttivendolo. - È l'uva più squisita che ci sia, e questa per di più ha una virtù speciale.

- E in che consiste questa virtù?

- A metterne un chicco in bocca a una persona in fin di vita, la si fa tornare subito in salute.

- Ma no? - fece il Principe. - Allora io la compro subito. A quanto la vendete?

- Eh, va a chicchi. Le farò cento scudi tondi per chicco, perché è lei.

Trecento scudi in tasca aveva il Principe, e tre chicchi soli di uva salamanna poté comprare. Li mise in una scatolina ben conservati con la bambagia e andò a raggiungere i fratelli.

Quando furono tutti e tre assieme all'osteria, si domandarono l'un l'altro cosa avevano comperato.

- Io? Uh, un tappetino... - fece il maggiore.

- Be', io un cannocchialetto... - fece il mezzano.

- Un po' di frutta e nient'altro, - disse il terzo.

- Chissà cosa succede adesso a casa nostra? E al palazzo della Principessa? - disse uno di loro.

E il mezzano, così, facendo finta di niente puntò il cannocchiale verso la capitale del loro Regno.

Tutto era come al solito. Poi puntò il cannocchiale verso il Regno confinante, dov'era il palazzo della loro innamorata, e diede un grido.

- Che c'è? - dissero i fratelli.

- Sapete cosa vedo? - disse il fratello. - Al palazzo della nostra innamorata, c'è un viavai di carrozze, gente che piange e si strappa i capelli. E dentro... Dentro vedo un medico, un prete con la stola, al capezzale d'un letto, sì, il letto della Principessa, distesa e pallida come una morta. Presto, fratelli, corriamo, se vogliamo arrivare ancora in tempo... Sta morendo!

- Come facciamo? C'è più di cinquanta miglia!

- Non sgomentatevi, - disse il fratello maggiore, - arriveremo in tempo. Presto: montate tutti sul mio tappeto.

E il tappeto volò fino alla camera della Principessa, entrò dalla finestra e si posò ai piedi del letto come uno scendiletto qualsiasi, coi tre fratelli sopra.

Il fratello più piccolo aveva già tolto dalla bambagia i tre chicchi d'uva salamanna, e ne mise uno tra le pallide labbra della Principessa. Ella inghiottì e immediatamente aperse gli occhi, e subito il Principe le mise un altro chicco tra le labbra, che tutt'a un tratto presero colore. Le fece ancora inghiottire il terzo chicco, ed essa respirò e alzò le braccia: era guarita. S'alzò sul letto e chiese le sue vesti più belle alle cameriere.

In mezzo all'allegria generale, il fratello più piccolo disse: - Allora la vittoria è mia e la Principessa è la mia sposa. Senza l'uva salamanna, a quest'ora era già morta.

- No, fratello, - protestò il mezzano, - se io non avevo il cannocchiale e non vi dicevo che la Principessa era in fin di vita, i tuoi chicchi non servivano a niente. Perciò la Principessa me la sposo io.

- Mi dispiace fratello, - interloquì il maggiore. - La Principessa è mia e nessuno può togliermela. Le vostre ragioni sono nulla in confronto del mio tappeto, perché per arrivare qua in tempo, solo il mio tappeto poteva servire, e non il vostro cannocchiale o la vostra uva salamanna.

Così la lite che il Re voleva evitare scoppiò più aspra di prima, e il Re per farla finita, decise di sposare la figlia a un quarto pretendente, che era venuto a mani vuote.


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