Folk Tale

Il gobbino che picchia

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU301
LanguageItalian
OriginItaly

C'era una volta un Re che aveva tre figlie. La maggiore era innamorata del fornaio che veniva a portare il pane a palazzo, e il fornaio era innamorato di lei. Ma come fare a chieder la sua mano? Il fornaio si rivolse al Segretario del Re e gli espose il suo caso: - Ma sei pazzo? - gli disse il Segretario. - Un fornaio innamorarsi d'una figlia del Re? Se il Re lo viene a sapere, povero te!

- Era proprio per questo che venivo a parlarle, - disse il fornaio, - perché lei cominci a preparare il terreno con Sua Maestà, tanto per abituarlo all'idea.

- Poveri noi! - e il Segretario si mise le mani nei capelli. - Non me lo sogno nemmeno! Il Re comincerebbe a prendersela con me e ci andrei di mezzo anch'io.

Ma il fornaio, che era un giovane ostinato, continuò a insistere ogni giorno col Segretario, perché ne parlasse al Re, finché il Segretario, per levarselo di torno, gli fece: - Ebbene, ne parlerò a Sua Maestà, ma bada che ne nascerà un guaio!

Approfittò d'un giorno che il Re era di buon umore, e gli disse: - Maestà, se mi permette, vorrei dirle una parola, ma prima mi dovrebbe promettere di non prendersela con me.

- Di' pure, - fece il Re, e il Segretario gli rifece il discorso del fornaio.

Il Re impallidì: - Eh? Come ti permetti! Guardie! Olà! Arrestatelo! - e già il povero Segretario stava per esser condotto in prigione, quando il Re si ricordò d'avergli dato la sua parola di non prendersela con lui, e allora diede ordine di arrestare le figlie, tutte e tre, e di tenerle chiuse a pane e acqua.

Ce le tenne per sei mesi; poi pensò che era giusto far loro prendere un po' d'aria e le mandò in carrozza chiusa, coi servitori, a fare una trottata per lo stradone. Arrivate a mezza strada, sullo stradone calò una nebbia fitta fitta, e in mezzo a questa nebbia venne fuori un Mago, aperse la carrozza, prese con sé le ragazze e le portò via.

Passata la nebbia, i servitori trovarono la carrozza vuota. Richiami e ricerche, tutto inutile: tornarono a palazzo a mani vuote. Al Re non restò che gettare un bando: chi ritrovava le tre figlie avrebbe potuto scegliersene una in sposa.

Il fornaio, che era stato subito cacciato via dal palazzo, s'era messo con due compagni a girare il mondo. Una sera, in un bosco, avevano trovato una casa illuminata. Vanno per bussare, e la porta si spalanca da sé: entrano, salgono le scale, e non vedono nessuno; ma c'era una tavola apparecchiata per tre con la cena pronta già nei piatti. Si sedettero a mangiare, poi trovarono tre camere da letto coi letti rifatti e andarono a dormire.

Al mattino accanto ai loro letti trovarono tre schioppi. In cucina c'era roba da mangiare, ma ancora cruda. Allora decisero che due sarebbero andati a caccia e uno sarebbe restato a fare da cucina. Andò a caccia il fornaio con un compagno. Quello che restò, andò per accendere il fuoco; mentre metteva il carbone, dal camino saltò fuori una palla d'oro, e gli si mise a ballare fra i piedi. L'uomo non sapeva dove saltare; quella palla gli correva sempre intorno alle caviglie, e lui le sferrò un calcio, la palla fece un giro e gli tornò tra i piedi. Lui, un altro calcio, e la palla gli tornava sempre tra i piedi. Più s'accaniva a dar pedate, meno riusciva a togliersela di torno. Alla fine, a un calcio più forte degli altri, la palla d'oro si spaccò in due e ne saltò fuori un gobbino con un randello in mano. Con quel randello il gobbino cominciò a mulinare bastonate. Era un gobbino alto così e gli arrivava solo alle gambe col randello e tutto, ma menava bastonate tanto furiose che quel poveruomo non poteva tenersi ritto, e cadde giù con le gambe tutte un livido. Allora il gobbino rientrò nella palla, la palla si richiuse e sparì nel camino.

Mezzo morto, l'uomo si trascinò con le mani fino alla sua stanza e si buttò sul letto; a far da cucina non ci pensò neppure. E poiché era d'animo tristo, pensò: "Se io mi sono preso le legnate, se le devono prendere anche i miei compagni". Così quando gli altri due tornarono e trovarono che il desinare non era pronto e lui era a letto e gliene domandarono ragione, rispose: - Non è nulla, è il cattivo carbone di questi posti che m'ha dato alla testa.

La mattina dopo, quello che ne aveva toccate stava meglio e andò a caccia col fornaio. Restò l'altro a far da cucina, andò per accendere il fuoco e dal camino saltò fuori la palla d'oro. Anche lui la prese a pedate sperando di togliersela di torno, finché non saltò fuori il gobbino e gli diede tante di quelle bastonate da mandarlo anche lui a letto mezzo morto.

- Il carbone ha fatto male anche a me, - disse, quando i compagni tornarono e non trovarono niente di pronto.

- Mah! Domani voglio sentire un po' io! - disse il fornaio.

- Oh, sì! Sentirai, certo che sentirai anche tu! - dissero gli altri due che le avevano già buscate. L'indomani restò il fornaio. Andò per accendere il fuoco, e la palla d'oro cominciò a ruzzolargli tra i piedi. Lui andava avanti e indietro e la palla era sempre a ballargli intorno. Salì in piedi su una seggiola: la palla saltò sulla seggiola. Salì su un tavolino; e la palla saltò sul tavolino. Mise la seggiola sul tavolino e salì in piedi sulla seggiola; e lassù lasciando che la palla ballasse quanto voleva, si mise tranquillamente a spennare un pollo.

Dopo un po' la palla d'oro si stancò di ballare. S'aperse e uscì il gobbino: - Giovanotto, - gli disse, - tu mi piaci: i tuoi compagni m'hanno preso a calci e tu no; a loro li ho presi a bastonate, a te ti voglio aiutare.

- Bravo, - disse il fornaio, - allora aiutami a far da cucina, che mi hai fatto perdere abbastanza tempo. Vammi a prendere la legna e tienila ferma che io la spacco.

Il gobbino prese a reggergli un ciocco, il fornaio alzò la scure, ma invece di colpire il ciocco menò un colpo fortissimo tra capo e collo del gobbino e gli tagliò la testa di netto. Poi lo prese e lo buttò nel pozzo.

Tornarono i compagni e il fornaio: - Eh, poverini, altro che carbone! Erano le bastonate che vi hanno fatto male!

- E come? Tu non le hai avute?

- Non solo non le ho avute ma ho tagliato la testa al gobbino e l'ho buttato nel pozzo.

- Ma va'! A chi la conti!

- Se non ci credete, calatemi nel pozzo e ve lo porto su.

I compagni gli legarono una fune alla vita e lo calarono. A metà del pozzo c'era un finestrone illuminato, e dietro i vetri si vedevano le tre figlie del Re chiuse in una stanza, che cucivano e facevano ricami. Figuratevi la contentezza dei due innamorati a ritrovarsi! Ma la figlia del Re gli disse: - Scappa! Sta per tornare il Mago. Torna stanotte quando dorme e liberaci!

Il fornaio tutto contento seguitò a calare fino in fondo al pozzo, prese il cadavere del gobbino e lo portò su per farlo vedere ai compagni.

Quella stessa notte si fece calare con una sciabola in mano per andare a liberare le figlie del Re. Entrò dal finestrone e c'era il Mago addormentato su un sofà, con le tre figlie del Re che gli facevano vento. Se per un momento smettevano di fargli vento si svegliava. Il fornaio disse: - Proviamo a fargli vento con la sciabola -. Il Mago si svegliò, ma era già morto, col collo tagliato da una sciabolata, e la testa che volava giù nel pozzo.

Le figlie del Re apersero i cassetti del comò, che erano tutti pieni di zaffiri, diamanti e rubini: il fornaio ne riempì una corba, la legò alla fune e la fece tirar su dai compagni. Poi una per una legò le ragazze e le fece tirar su.

- Te', tieni questa noce, - disse la prima, nel momento in cui la legava.

- Te', tieni questa mandorla, - gli disse la seconda.

La terza, che era la sua innamorata, siccome era rimasta per ultima gli poté dare un bel bacio, e poi gli lasciò una nocciola.

Adesso toccava al fornaio di farsi tirar su, ma lui diffidava dei due compagni, che già gli avevano fatto quel tiro di non dirgli nulla del gobbino; e alla fune invece di legare sé legò il corpo del Mago decapitato. Vide il corpo innalzarsi, innalzarsi e poi, tutt'a un tratto, precipitare in fondo al pozzo con la fune e tutto, perché i compagni avevano mollato la fune, per portarsi via le figlie del Re e dire al Re che le avevano liberate loro.

Le ragazze, quando videro che non tiravano più su il fornaio, si misero a strepitare: - Come? Lui che ci ha liberate? E lo volete lasciare laggiù?

- State zitte, colombine! - fecero i due bricconi, - che è meglio per voi. Ora tornate a palazzo con noi, buone buone, e dite sempre di sì a quel che diciamo noi.

Il Re, credendoli i veri salvatori delle figlie, li abbracciò e fece loro molte feste, e sebbene non fossero tipi da garbargli molto, promise loro una figlia in sposa per ciascuno. Ma le figlie cominciarono a trovare scuse per rimandare le nozze, e passavano i giorni ad aspettare che il povero fornaio riuscisse a ritornare.

Lasciato laggiù in fondo, il fornaio s'era ricordato dei tre doni delle figlie del Re. Aveva schiacciato la noce, e ci aveva trovato un vestito da principe, bello e splendente. Aveva schiacciato la mandorla e ne era uscita una carrozza con un tiro a sei. Aveva schiacciato la nocciola e ne era uscito un reggimento di soldati.

Così, vestito da principe, montato sul suo tiro a sei e seguito dal reggimento di soldati, intraprese il viaggio dal mondo di sotto al mondo di sopra, e arrivò alla città del Re.

Sentendo che arrivava un signore così potente, il Re gli mandò i suoi ambasciatori. - Venite per la pace o venite per la guerra?

- Per la pace a chi m'ama e per la guerra a chi m'ha tradito, - disse il fornaio.

- È lui, è lui, il nostro salvatore! - dissero le tre figlie del Re che erano salite in cima alla torre a guardare con il cannocchiale.

- È lui, è lui il mio sposo! - disse la maggiore.

- Cosa vuole questo villano travestito? - dissero i due compagni e si fecero in campo armati. Il reggimento sparò tutte le sue fucilerie e i due traditori caddero morti.

Il Re accolse il nuovo arrivato come il vincitore e liberatore delle sue figlie.

- Sono il fornaio che lei ha licenziato, Maestà! - disse il giovane.

Il Re ci restò tanto male che abdicò in suo favore, e il fornaio regnò felice con la sposa.


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