Folk Tale

Fioravante e la bella Isolina

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU531
LanguageItalian
OriginItaly

Un Re, trovandosi in là con gli anni, e col figlio già grande che non voleva imparar nulla, s'insospettì e lo mandò a chiamare. - Fioravante, - gli disse, - m'affanno tanto con te per darti l'istruzione, ma è come pestar l'acqua nel mortaio. Come faccio a lasciarti la corona?

- Caro padre, - disse Fioravante, - sono innamorato d'una fanciulla, e tutto quel che mi dite m'entra da un orecchio e m'esce dall'altro.

Quella fanciulla era Sandrina, una povera tessitrice. Il Re ci restò male. - Ma cosa diranno di te? Un figlio di Re che s'innamora d'una tessitrice? Non ci badi al decoro? - E pensò di scrivere a suo fratello Re di Parigi che si pigliasse per un po' suo figlio a Corte, così da dimenticare la tessitrice.

Fioravante prese un cavallo brillantino, e cominciò il viaggio. Cammina cammina, passava per un bosco da lupi buio e intricato, quando il cielo si riempì d'un mucchio di nubi, il tuono mugolò lontano, i lampi presero a far lume, e si scaraventò giù una gran tempesta. I lupi nelle tane urlavano. Fioravante scese di sella e si coricò sotto la pancia del cavallo, accese la pipa e lasciò che venisse giù anche il cielo. Quando spiovve, vide, lontano nel bosco, un lumicino. Arrivò a una casina, bussò, e aprì una vecchia: - Dove siete capitato, signor mio... - disse, con una voce rantolante, e dietro di lei comparve un omaccione con una barba fin sul petto.

Era uno che faceva l'assassino. - Chi siete? - fece al giovane. E Fioravante: - Sono il figlio del Re di Londra e vado da mio zio Re di Parigi a imparare l'istruzione.

Rispose l'assassino: - Se vuoi salva la vita, devi darmi i tuoi vestiti e far finta che io sia te, e tu far da mio servitore, cosicché il Re di Parigi mi riconosca come suo nipote. Ma se parli, ti faccio la pelle. Ci stai?

- Eh, se ci sto...!

Andarono a Parigi. Lo zio accolse l'assassino credendolo il nipote che aspettava. E Fioravante fu messo nella stalla, a lustrare i cavalli e a mangiare biada con loro.

Un giorno l'assassino disse al Re: - Tutti i Re hanno delle belle pariglie per le loro carrozze e voi no, come mai?

Il Re rispose: - Avrei cavalli da farmi le pariglie più belle di tutti i Re del mondo. Ma sono cavalli selvatici, e pascolano nei prati, tutti in branco. Nessuno è mai riuscito a catturare una pariglia per la mia carrozza.

E l'assassino: - Il mio servitore è capace di catturare tutte le pariglie che volete, o almeno così lui si vanta.

- Ci provi, - disse il Re, - ma se non ce la fa, pena la testa!

L'assassino corse subito da Fioravante e gli disse: - Sai, il Re s'è messo in testa che tu gli devi procurare una pariglia di cavalli dal suo branco che pascola nei prati. E se non ci riesci, sarai decapitato. Fioravante, che a star sempre nella stalla s'annoiava, sellò un cavallo e andò verso i prati. Per via, passò per un giardino in cui erano tutti i fiori e tutte le piante, e passando vicino a una quercia sentì una voce come di donna che diceva: - Fioravante! Fioravante!

Restò sorpreso, perché in quei posti non c'era mai stato in vita sua e non capiva come potessero sapere il suo nome. - Chi è? - fa, e vede uscire dal tronco della quercia una bella cavallina, che parla e dice: - Non aver paura, sono io! Se vuoi portar via una pariglia dal branco, lascia il tuo cavallo e monta in groppa a me.

Fioravante legò a un albero la sua bestia, montò sulla cavallina a pelo nudo e andò sui prati. Raggiunse il branco, gettò il laccio, prese due cavalli, gli mise la cavezza, tutto come fosse la cosa più facile del mondo.

Il Re, quando vide la pariglia, bella che non ne aveva mai visto una uguale, disse all'assassino: - Tu per servitore hai un grand'uomo. Ma adesso vediamo se sa domarla.

Fioravante, seguendo i consigli della cavallina, con un battitoio di quelli da trebbiare, ridusse i due cavalli mansueti e ubbidienti.

Il Re disse: - Quel tuo servitore lo voglio invitare a pranzo.

Ma l'assassino: - Maestà zio, è meglio di no, perché s'è abituato a mangiar biada come i cavalli, e se si disabitua, chissà cosa pretende -. Così convinse il Re a non invitarlo, e invece lui gli stava sempre dietro con discorsi come questi: - Maestà zio, lei è in là con gli anni, purtroppo; a chi la lascerà, la sua corona? Lei non ha figli, e mi seccherebbe finisse per toccare proprio a me...

Il re gli rispondeva: - Figli maschi non ne ho; tu sai che avevo una figlia, un occhio di sole, ma mi è morta a quattordici anni. E non ho neanche visto la sua tomba, perché è sepolta in un convento delle Indie Basse (Nota 1 "In alcuni volgari d'Italia le Indie Basse denotano un paese che, nell'opinione comune, è lontanissimo" (Nuti).) . E io la piango ancora.

E il falso nipote: - Maestà zio, non piangete, il mio servitore dice che è capace di riportarle questa figlia sana e salva.

E il Re: - Ma chi è mai questo servitore, da resuscitare i morti?

- Mah, così lui dice, - fece l'assassino.

- Il tuo servitore si vanta troppo. Digli che provi a fare quello che dice, pena la testa se non mi porterà Isolina.

Ma Fioravante aveva la sua cavallina, che gli disse: - Non perderti d'animo. Va' dal tuo padrone e chiedigli una coppa di cristallo senza bolle, una gabbia tutta d'oro, staggi d'oro, gretole d'oro, e beverello d'oro; e una nave che non faccia un pelo d'acqua.

Fioravante andò dall'assassino e gli fece tutta la spiegazione. E il Re diede ordine che gli fosse tutto preparato.

Con la nave Fioravante salpò per le Indie Basse, portandosi a bordo la fida cavallina. In mezzo al mare, vide un pesce che guizzava fuor dall'acqua. - Piglialo! - gli disse la cavallina, e Fioravante con un'acciuffata riuscì a pigliarlo al volo. - Mettilo nella coppa di vetro, adesso, - disse la cavallina.

Sbarcati alle Indie Basse, si misero in marcia verso il convento. Passò un uccello volando basso, e la cavallina disse: - Acchiappalo! - E Fioravante l'agguantò. - Mettilo nella gabbia d'oro, - disse la cavallina.

Arrivarono al convento e Fioravante domandò alla Badessa dov'era sepolta Isolina, la figlia del Re di Parigi. La Badessa accese un cero, lo condusse in chiesa, gli mostrò la tomba e lo lasciò lì. Fioravante si mise a scavare: scavò, scavò e sotto la terra gli apparve la figlia del Re, ornata d'oro e di diamanti, fresca come fosse addormentata. Fece per tirarla su ma non riusciva a muoverla, come fosse diventata tutt'uno con la pietra. Andò a domandare consiglio alla cavallina, che aspettava fuori dalla chiesa. - Devi sapere, - gli disse la cavalla, - che a Isolina le manca una treccia bionda che aveva intorno al capo, e senza quella non si stacca dalla tomba. Fatti dire dalle monache dove l'hanno messa: quando riavrà la treccia, verrà via come un petalo di rosa.

Fioravante andò a bussare dalla Badessa e le domandò della treccia. - La treccia s'è persa in mare, - disse la Badessa, - nel viaggio per portarla al convento a seppellire.

Allora la cavallina gli disse: - Sai cosa devi fare? Ributta in mare il pesce che hai nella coppa e digli che in cambio della libertà ti porti la treccia d'Isolina.

La treccia era in fondo al mare e due delfini se la disputavano facendo a tira tira. Il pesce, liberato, passò in mezzo veloce, afferrò la treccia con la bocca e la strappò via con sé. I delfini andarono a coda levata tutti e due, e non seppero più dov'era finita la treccia. Per vendicarsi si misero a mangiare tutti i pesciolini che incontravano. Ma intanto il pesce aveva portato la treccia a Fioravante che lo aspettava sulla riva, e lo ringraziò e lo lasciò libero.

Fioravante mise la treccia intorno al capo d'Isolina, fece per alzarla, e lei venne su leggera come una piuma. La portò sulla nave, ma era morta e Fioravante si domandava se a vederla tornare così suo padre non ne avrebbe avuto ancora più dolore. Ma la cavallina gli disse: - Va' dalla Badessa e chiedile dov'è lo spirito di Isolina. Quando riavrà il suo spirito ritornerà viva.

La Badessa disse: - Lo spirito d'Isolina è così lontano che nessuno lo può raggiungere. Figuratevi che è in cima a una montagna a picco come una torre, tanto alta che per raggiungere la cima bisogna passare l'aria rossa, l'aria verde e l'aria nera, e affrontare bestie feroci di tutte le specie e nazioni.

- Come si fa? - disse Fioravante alla cavallina.

E lei: - Libera l'uccello dalla gabbia d'oro.

L'uccello spiccò il volo via per il cielo, salì fino all'aria rossa e diventò tutto rosso, passò nell'aria verde e diventò tutto verde, entrò nell'aria nera e diventò tutto nero. Fuor dell'aria nera usciva la vetta della montagna, e su questa vetta, in una piccola ampolla, c'era lo spirito della bella Isolina. L'uccello prese l'ampolla col becco, e si tuffò giù per l'aria, ridiventò nero, verde e rosso, e tornò sulla nave da Fioravante con l'ampolla. Fioravante gli ridiede libertà, prese l'ampolla e la versò tra le labbra della bella Isolina. Isolina trasse un sospiro, le si colorirono le gote, e disse: - Oh, quanto ho dormito!

La nave tolse le ancore e partì.

Al porto di Parigi c'era il Re che li aspettava. Appena vide che Fioravante gli aveva riportato la figlia viva, uscì fuor di sé dall'allegria, e disse al falso nipote: - Quel tuo servitore è il più grand'uomo che esista!

Ordinò un gran pranzo, con Re e Regine per invitati, e volle che ci venisse anche il servitore. Stavolta il falso nipote non riuscì a persuaderlo con la storia della biada e dovette trasmettergli l'invito. Ma aggiunse: - Sai, Fioravante, a tavola non devi aprire bocca; tu sei abituato a stare coi cavalli e ti metteresti a nitrire. Siamo intesi? - e lo guardò con quell'aria che si capiva che gli avrebbe fatto la pelle alla prima parola che Fioravante avesse pronunciata.

E Fioravante, che s'era già consigliato con la cavallina: - Tutto come vuoi, però di' al Re che al pranzo io ci vado solo se invita anche la mia cavallina.

Il re a sentire quella stranezza, voleva rifiutare, ma quell'uomo gli aveva risuscitato la figlia e non si poteva guardar tanto per il sottile. Sicché al pranzo, tutti quei Re e quelle Regine si videro seduti a tavola col servitore e con la cavallina, e non sapevano che faccia fare. Mangiato e bevuto, cominciarono le chiacchiere, e ognuno diceva la sua. Solo Fioravante stava zitto.

- E tu che ne hai passate tante, stai zitto? - gli chiesero. Ma lui sorrideva e non apriva bocca.

Allora la cavallina s'alzò con le zampe davanti sul tavolo e disse: - Se lorsignori mi danno il permesso parlerò io per lui.

A sentir parlare la cavallina, tutti presero paura. Ma ancora più stupiti rimasero, quando dalla voce della cavallina intesero tutta la storia di Fioravante dal principio alla fine. Il falso nipote aveva fatto per scappare ma le guardie l'avevano subito arrestato.

Il Re disse: - Fioravante, nipote mio, prendi questo assassino e castigalo come merita.

Rispose la cavallina: - Basta che Fioravante mi monti in groppa e l'assassino sia legato alla mia coda. Andremo a fare un giro così per la città. Se tornerà vivo, ben per lui.

Così presero il trotto, coll'assassino trascinato dietro. Coppie di calci, schizzate, botte contro tutti i sassi. Quando furono di ritorno l'assassino non si muoveva più.

E il Re disse: - Fioravante, tu m'hai rimesso al mondo la figlia: è giusto che la sposi.

E Fioravante: - Se mio padre mi dà licenza di sposare la cugina, lo farò.

Il Re di Parigi scrisse a Londra al fratello, che fu tutto contento anche perché così il figlio si toglieva dal capo quella tessitrice.

Dopo le nozze, Fioravante andò dalla cavallina. - Sai? - le disse, - ho sposato la figlia del Re.

- Lo so, - disse la cavallina, - ora so che per me non c'è più bene...

- Ma che dici, cavallina? Io ti vorrò sempre più bene, non t'abbandonerò mai...

- No, ti dimenticherai di me...

A sera, prima di ritirarsi con la sua sposa, Fioravante pensò di andare a salutare la cavallina come faceva tutte le sere. Isolina gli disse: - Ora è già buio, ci andrai domani, - e Fioravante le disse di sì. La mattina, quando scese nella stalla, la cavallina gli fece: - Hai visto? Non ti ricordi più di me...

- Ma, cavallina...

- Ecco, se mi vuoi bene, questa è l'ultima prova: prendi la spada e tagliami netto la testa.

- No! Non sarà mai!

- Vuol dire che non mi vuoi bene.

Col cuore che gli piangeva, Fioravante alzò la spada e zac! le tagliò netto la testa. E cosa vide? Dal collo della cavallina uscì fuori, bell'e vestita, una bella ragazza, bianca e rossa come una mela. Era Sandrina, la tessitrice, la sua antica innamorata. - Vedi, Fioravante, - gli disse, - per salvarti la vita mi sono fatta fare un incantesimo da una maga, e ho preso l'aspetto d'una cavallina. E ora tu m'hai abbandonato...

- O Sandrina! Se avessi saputo che eri tu mai più avrei sposato la Isolina! O se potessi tornare indietro!

Ma indietro non poteva tornare e per rimediare in qualche modo egli diede a Sandrina una ricca dote, così da farla sposare a un mercante di Fiesole, e lui restò Re di Londra e di Parigi e marito della bella Isolina dalla treccia bionda.


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