Folk Tale

Giuanni Benforte che a cinquecento diede la morte

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU1640
LanguageItalian
OriginItaly

C'era una volta a Roma un tagliamacchie che si chiamava Giuanni. Un giorno mentre tagliava un ramo di quercia, il ramo gli cascò addosso, gli ruppe uno stinco e lo mandò per tre mesi all'ospedale. Quando non ne poté più di stare all'ospedale, scappò e venne quaggiù in Marca. Un giorno stava seduto e si sfasciò la gamba che aveva la piaga; e sulla piaga si posavano le mosche. Lui tutte le mosche che gli si posavano dava una manata e le stendeva morte. Quando non ne vennero più le contò in terra: erano cinquecento. Fece un cartello e se l'attaccò al collo: Giuanni Benforte che a cinquecento diede la morte. Andò in città e prese alloggio in una locanda.

L'indomani lo mandò a chiamare il Governatore. - Visto che sei così forte, - gli disse, - va' a prendere il Gigante che sta qui nei dintorni e rapina tutte le persone.

Giuanni andò nella macchia, e camminò finché non trovò un pastore. - Dove sta la grotta del

Gigante? - gli chiese.

- Che ci vai a fare? Ti mangia in un boccone, - disse il pastore.

E Giuanni: - Dammi tre o quattro ricotte, che te le pago -. E se ne andò con una pila di ricotte in braccio.

Quando fu sopra la grotta del Gigante si mise a pestare i piedi forte per far rumore. Uscì il Gigante.

- Chi vive?

Giuanni prese in mano una ricotta e disse: - Sta' zitto, o ti stritolo come questa selce, - e stringeva la ricotta che i pezzi gli cascavano di qua e di là dalle mani.

Allora il Gigante gli chiese se voleva mettersi con lui. Giuanni gli disse di sì, buttò via le altre ricotte e raggiunse il Gigante.

La mattina dopo, il Gigante, non avendoci più legna, prese una corda lunga lunga e andò nella macchia con Giuanni. Sradicò una quercia con una mano, ne sradicò un'altra con l'altra mano e disse a Giuanni: - Dài, prendi qualche quercia anche tu.

Disse Giuanni: - Di' un po', Gigante, non l'avresti una corda un po' più lunga? Vorrei girarla intorno a tutta la macchia e tirarla via tutta insieme, in modo da non aver più da tornare per legna un'altra volta.

Il Gigante gli rispose: - Lascia andare: non mi vorrai far perdere la razza della legna? Basta quella che ho preso io, dammi retta, non combinar disastri -. Si caricò le querce sradicate e Giuanni non ebbe da portar niente.

Un giorno il Gigante volle fare una scommessa alla trottola: chi arrivava più lontano con un tiro vinceva cento scudi. Per spago prese un canapo da mulino e per trottola una macina. Tirò e fece quasi un miglio. Andò a riprendere la trottola, fece un segno dov'era arrivato, e disse a Giuanni: - Tocca a te.

Giuanni si guardava bene dal toccare la macina, che non l'avrebbe potuta spostare d'un dito; ma si mise a urlare: - Oooh! Oooh! Badate! Oooh! Badate tutti!

Il Gigante aguzzò gli occhi: - E a chi gridi? Chi c'è laggiù? Io non vedo nessuno.

- Dico a quelli di là dal mare!

- Be', lascia andare, se no qui la trottola non la troviamo più, - e gli diede i cento scudi senza farlo tirare.

Giuanni allora gli propose una scommessa lui: - Tu che sei tanto bravo, facciamo a chi va più dentro con una ditata in una quercia?

E il Gigante: - Facciamoci altri cento scudi!

Giuanni, prima, con un trivello ed un coltello, aveva fatto un buco in una quercia e poi ci aveva riappiccicato la scorza, che non si vedeva niente. Andarono, e il Gigante diede una ditata che penetrò nel tronco mezzo dito; Giuanni mirò nel buco che aveva fatto, e ci ficcò più di mezzo braccio.

Il Gigante gli diede i cento scudi, ma non si fidava più a tener con sé un uomo tanto forte. E lo mandò via. Aspettò che Giuanni stesse scendendo giù pel monte, e gli rotolò dietro una valanga di macigni. Ma Giuanni, che non si fidava, s'era nascosto in una caverna; e quando sentì cascare quegli scogli si mise a gridare: - E che casca giù dal cielo, i calcinacci?

Il Gigante si disse: "Accidenti! Gli ho buttato giù i macigni e dice che sono calcinacci. Questo è meglio averlo amico che nemico!" e lo richiamò nella sua grotta. Ma pensava ancora al modo di disfarsi di lui. Una notte, mentre Giuanni dormiva, s'avvicinò pian piano e gli diede una mazzata in testa. Bisogna però sapere che Giuanni sul guanciale ogni notte ci metteva una zucca, e lui dormiva con la testa al posto dei piedi. Appena il Gigante ebbe sfracellato la zucca, sentì la voce di Giuanni: - Che tu m'abbia rotto la testa non m'importa; ma che tu m'abbia rotto il sonno, questa me la pagherai!

Il Gigante aveva sempre più paura. Pensò: "Lo porto là in quel bosco, lo lascio solo e i lupi se lo sbraneranno". Disse a Giuanni: - Vieni, andiamo a fare quattro passi.

- Sì, - disse Giuanni.

- Vuoi che facciamo una corsa tra noi due? - chiese il Gigante.

- Facciamola, - disse Giuanni, - basta che mi dài un po' di vantaggio, perché hai le gambe più lunghe. - Giusto! ti do dieci minuti.

Giuanni prese la corsa, e andò finché trovò un pastore con le pecore. - Me ne vendi una? - gli chiese; la comprò, tirò fuori il coltello, la sventrò, e buttò in mezzo alla strada le budella, il fegato e tutte le interiora. - Se un Gigante ti domanda di me, - disse al pastore, - digli che per far più presto a correre mi sono tolto le budella, e dopo andavo come il vento, e mostragli le budella qui per terra.

Dopo dieci minuti, ecco il Gigante a gran galoppo. - Hai visto un uomo che correva? - fa al pastore.

Il pastore gli spiegò delle budella e gliele mostrò. Il Gigante disse: - Dammi un coltello che faccio anch'io così, - e si aprì la pancia da cima a fondo, cadde a terra e crepò. Giuanni che s'era arrampicato su un albero saltò giù, prese due bufale e fece trasportare il Gigante in città, dove il Governatore lo fece bruciare in mezzo alla piazza. E a Giuanni dette da mangiare per tutta la vita.


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