Folk Tale

La Bella dei Sett'abiti

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
LanguageItalian
OriginItaly

Una volta c'era un padre di due figli. Sentendo che s'avvicinava l'ora sua, chiamò il figlio grande e disse: - Figlio, sto per morire, per me non c'è più speranza; dimmi che cosa preferisci, la santa benedizione o una somma di danari?

E il figlio, senza tante cerimonie: - Datemi i danari, ché con la benedizione non ci mangio.

Poi il padre chiamò il figlio piccolo e gli fece la stessa domanda.

- A me di danari importa poco, - disse il piccolo, - preferisco la vostra santa benedizione.

Il padre morì e lo portarono al camposanto; il piccolo, che aveva avuto solo la santa benedizione, piangeva di gran cuore, mentre il grande, che aveva ereditato tutti i beni, pensava a come poteva goderseli nel miglior modo. Difatti, aperse un caffè e si mise al banco; e il fratello piccolo, che si chiamava Francesco, avendo pochi soldi, se ne andò pel mondo in cerca di fortuna.

Una sera, dopo aver molto camminato, vide un lumicino assai lontano, e disse: - Se vuole il Signore, io là devo arrivare -. Così giunse a una casa, e bussò. Accompagnata da sette dame, scese la Bella dei Sett'abiti e gli offerse da mangiare e da dormire. La mattina, la Bella si mise a discorrere col giovane, e tanto fu presa dalla sua bellezza e dalle sue maniere, che finì per dirgli che lo voleva per suo sposo. Era una giovane assai bella e graziosa, e dopo pochi giorni si sposarono.

Un giorno, mentre erano affacciati alla finestra sul giardino, la Bella disse al marito: - Ciccillo, vedi là quel bel Sett'abito? - (Lo chiamava così perché erano sette abiti, uno dentro l'altro). - Lo vedi quel Sett'abito sull'albero?

- Sì che lo vedo! - rispose lui. - Perché me lo domandi?

- Perché ora ti dico. Quest'abito, se un qualche uccello si posa là sopra e tu lo pigli, a me non mi vedrai più. Se poi, mettiamo il caso, tu gli spari, l'abito volerà via, e io passerò una mala sorte. In questo caso disgraziato, tu vestiti con un abito rosso che è già preparato in questa stanza e mettiti in giro per il mondo. Ci penserò poi io a farmi ritrovare da te.

Successe un giorno che, mentre il marito era a caccia e sparava agli uccelletti, un uccello si posò proprio sopra il Sett'abito. E lui, appassionato com'era della caccia, senza pensare gli sparò. Il Sett'abito subito volò per l'aria e sparì dalla sua vista. Ciccillo allora si ricordò dell'avvertimento della moglie. Tornò subito al palazzo tutto affannato, temendo la disgrazia. La Bella, vedendolo, gli domandò: - Che hai? - e lui non osava risponderle. Ma lei alzò gli occhi all'albero e non vide più il Sett'abito. Allora prese a strapparsi i capelli e a dire: - Tradimento! Tradimento! Ora verranno e mi porteranno via. Marito, se questo accade, ricordati, vestiti di rosso, non mi abbandonare.

Lasciamo loro e seguitiamo il Sett'abito che, allo sparo, aveva preso il volo. Vola che ti vola, giunse a un palazzo, entrò per la finestra, e si posò davanti al tavolo d'un Re, che stava scrivendo. Il Re guardò il Sett'abito con attenzione, e si chiese a qual donna poteva appartenere. Chiese informazioni, domandò a destra e a manca: nessuno ne sapeva niente. Allora una vecchia, saputo che il Re cercava notizie della padrona del Sett'abito, si presentò al palazzo, dicendo: - Signori e Maestà, io sono buona a trovarvi la signora di quest'abito.

- Cosa ti ci vuole? - disse il Re.

- Ecco cosa mi ci vuole. Fatemi una bottiglia di rosolio oppiato e un chilo di cose dolci pure oppiate. Per il resto, lasciate fare a me. Poi mi ci vuole una carrozza con un buon cocchiere, e io mi metto là sopra con un pugnale al petto.

Il Re le diede tutte queste cose e la vecchia partì in carrozza come una regina.

Arrivata a un certo punto, disse al carrozziere: - Aspettatemi qui, e quando vi chiamo io venite -. Pioveva, ma la vecchia tirò dritto, fino al palazzo della Bella dei Sett'abiti. Bussò al portone e scese ad aprirle il marito con le sette dame. La vecchia chiese alloggio per una sera, perché pioveva: ed egli l'accolse volentieri e la fece venire a tavola con loro. A tavola, la vecchia tirò fuori il rosolio e le cose dolci, che erano oppiati, e disse: - Non sono cose degne di grandi personaggi come voi, ma dovete mangiarle per amor mio. S'è sposata mia figlia e ho portato questo po' di cose perché anche voi facciate festa.

Appena mangiati i dolci, gli sposi e tutti gli altri convitati cascarono in terra come pere. La vecchia allora tira fuori il pugnale e mena una pugnalata al marito, da trapassarlo da una parte all'altra; poi chiamò il carrozziere, che aspettava fuori, e tra tutti e due uno per la testa e l'altro per i piedi, presero la Bella addormentata e la portarono in carrozza. Ora che è dentro, correte cavalli che il Re v'aspetta.

Il Re davvero stava aspettando con grand'impazienza, e quando la vecchia arrivò, fece mettere la Bella dei Sett'abiti da sola in una stanza, aspettando che si svegliasse. Alla mattina andò a trovarla e la trovò sveglia, che piangeva la sua sventura. Cercò un po' di consolarla e poi, tutt'a un tratto, le chiese: - Quando vuoi che ci sposiamo? - A quest'uscita, la Bella cominciò a gridare come un aspide; e il Re, visto che non c'era niente da fare, se la diede a gambe. Dopo un mese, tornò e le ripeté la stessa domanda. La Bella gli rispose: - Quando trovi un uomo tutto vestito di rosso -. Il Re tirò un sospiro di sollievo e telegrafò subito in tutto il mondo. Ma Ciccillo era morto, pugnalato da quella vecchia, e l'uomo vestito di rosso non si poteva trovare.

Un giorno, il fratello grande che aveva aperto un caffè fece fallimento, e ridotto in misero stato pensò di cambiare paese per tentare la fortuna. Avvenne ch'egli facesse la stessa strada di suo fratello Ciccillo, e quando le sette dame gli aprirono la porta lo presero per il morto, tanto s'assomigliavano.

- Sei risuscitato? - gli chiesero.

- Perché? - fece lui meravigliato.

- O forse avevi un fratello che t'assomigliava?

- Sì che l'avevo, - disse lui, - ma perché me lo domandate?

- Vieni con noi e vedrai, - dissero le dame e lo fecero entrare in una stanza dove c'era un morto.

Questo morto era suo fratello, e appena lo vide egli si mise a piangere gridando: - Fratello mio! Fratello mio! - Le dame lo confortarono, gli dissero come era stato ammazzato a tradimento, e lo fecero restare là con loro.

Mentre una mattina questo giovane era là sulla porta, vide due lucertole, una grande e una piccola. La grande ammazzò la piccola; poi andò a strappare un'erba e con quest'erba si mise a ungere la lucertolina morta, finché non la fece risuscitare. Vedendo questo, il giovane pensò: "Chi sa se, ungendo mio fratello con la stessa erba, non risusciti? Tentar non nuoce". Strappò l'erba, unse tutto il corpo del fratello, e anche lui risuscitò. Domandò subito della sua sposa, e ricordandosi dell'avvertimento, si vestì di rosso e se ne andò per il mondo.

Proprio quel giorno, la Bella doveva sposarsi col Re: l'uomo rosso non l'avevano potuto trovare, e lei credeva ormai che fosse morto. Passando per la città dove si doveva celebrare il matrimonio, gli abitanti, vedendo uno vestito di rosso, dopo tante ricerche inutili, lo presero e lo portarono dal Re. Il Re s'affrettò a dire alla Bella che l'uomo rosso era stato trovato e perciò la condizione da lei posta s'era avverata e niente poteva ostacolare lo sposalizio. La Bella rispose che aveva bisogno di parlare con l'uomo rosso, da sola a solo chiusi in camera. L'uomo rosso fu fatto entrare nella camera della Bella, dove passarono la notte raccontandosi le loro disgrazie e facendo progetti per l'avvenire. La Bella aveva tutte le chiavi del palazzo, e quando il Re dormiva del suo sonno più profondo, s'alzarono, caricarono due asini di sacchi di danari e fuggirono.

Cammina cammina, venne buio e videro una stalla. Si coricarono in mezzo alla paglia, meglio che poterono, sotto un soppalco. Sopra al soppalco c'era un ubriaco che russava e si rivoltolava nel sonno; volta e rivolta, cade dal soppalco e finisce in mezzo tra marito e moglie, affondando nella paglia, senza svegliarsi né smetterla di suonare il trombone. Al mattino, si svegliò per prima la Bella e chiamò il marito: - Ciccillo, levati che è tardi: montiamo in groppa ai nostri asini coi nostri danari e andiamo -. Ma invece che al marito che dormiva ancora della grossa, s'era rivolta all'ubriaco, il quale, sentendo parlar di danari, le rispose subito: - Sì, sì, andiamo! - Era ancora buio, e a tentoni i due presero gli asini carichi di danari e partirono. Quando fece giorno, la Bella s'accorse che il suo compagno non era il marito, e cominciò a protestare. Quello, per tutta risposta, le menò una mascata e la lasciò tutta piangente, trottando via coi due asini. Non sapeva come fare per ritrovare il marito, perché insieme con l'ubriaco aveva già fatto un bel pezzo di strada. Tornò indietro finché arrivò a un pagliaio e incontrò un contadinello. Lo pregò e scongiurò e si fece dare i suoi vestiti, e così vestita da uomo poté proseguire il viaggio con meno pericolo.

Del marito non poté trovare più nessuna traccia. Allora, per campare, pensò di mettersi a garzone da un mugnaio, che era il mugnaio del notaio del Re. Gli faceva i conti e scriveva in bella calligrafia. Il notaio, accorgendosi di quella bella scrittura mai vista prima, domandò al mugnaio chi gli faceva i conti, e saputo che era un contadinello, lo prese con sé. Così la Bella faceva i conti per il notaio che li presentava al Re. Anche il Re si mise a guardare con meraviglia i conti scritti così bene e finì che volle con sé il contadinello tanto sapiente.

Intanto quell'altro Re che voleva sposare la Bella dei Sett'abiti era morto: s'era ammazzato da se stesso, dando la testa nel muro quando la mattina delle nozze non aveva più trovato la sposa. Il suo regno passava in eredità a quel Re che teneva a servizio il contadinello. Questo Re chiamò il contadinello e gli diede ordine d'andare alla città del Re morto e di stampare in tutti i paesi la notizia che, morto il Re, il Regno avrebbe avuto lui come governatore. Il contadinello rispose che se voleva che lui governasse, doveva dargli diritto di vita e di morte per tutti i cittadini, e il Re glielo accordò.

Arrivato dal Re morto, egli fece scrivere la notizia in tutti i paesi, e aggiunse l'invito che tutti coloro a cui era successo un fatto interessante, andassero alla presenza del nuovo Governatore, che avrebbe dato a ognuno una borsa di danari.

La voce si sparse e per prima si presentò a raccontare la sua storia la vecchia che l'aveva presa e le aveva pugnalato il marito. - Ah, vecchia scellerata! - le disse il Governatore. - E hai la faccia di venirmelo a dire?

La fece arrestare, poi ordinò di far bollire una caldaia d'acqua e cacciarla dentro.

Dopo la vecchia, venne l'ubriaco e raccontò la sua storia. - Ah, ladrone! - gli disse il Governatore. - Hai derubato una donna e hai anche il coraggio di dirlo? - Lo fece prendere e condannare alla forca, come ladro pericoloso. Dopo che i due furono condannati, ecco che venne il marito, anche lui per raccontare la sua storia.

Si riconobbero, si fecero festa, e il Governatore, spogliatosi dei vestiti d'uomo, comparì vestita del Sett'abito, bella che pareva un bocciuol di rosa. Fecero un bel pranzo e restarono tutti insieme, col fratello grande e le sette dame. Ciccillo fu nominato Re e così finirono le sue sventure.


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