Folk Tale

La serpe Pippina

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU403
LanguageItalian
OriginItaly

C'era una volta un mercante con cinque figli: quattro femmine e un maschio. Il maschio era il maggiore, un bel giovane, a nome Baldellone. Da ricco che era il mercante mutò fortuna, e andò in miseria. Ormai tirava avanti ad elemosine, e cosa gli succede, sul più bello? che sua moglie si mise ad aspettare un altro figlio. Vedendo tanta miseria, Baldellone baciò la mano al padre ed alla madre e s'imbarcò per la Francia. Era un giovane istruito, e appena arrivato a Parigi di Francia s'impalazzò a palazzo reale e lì fece carriera finché diventò Capitan generale.

Intanto, a casa, la moglie del mercante disse al marito: - Il bambino sta per nascere e non abbiamo il corredo. Vendiamo la tavola da pranzo che è l'unica cosa che ci resta, e facciamoci il corredo.

Passano i robivecchi per la strada, loro li chiamano e gli vendono la tavola. Così il mercante poté comprare il necessario, nacque il bambino, ed era una femmina, di bellezza senza pari, tanto bella che padre e madre, appena la videro, si misero a piangere: - Figlia, in quale miseria sei nata!

La bambina cresce, cresce, e verso i quindici sedici mesi cominciava ad andare da sola, e giocava nella paglia dove dormivano suo padre e sua madre. Giocando nella paglia, un giorno si mette a dire: - Mamma, mamma, belli, belli! - aveva le mani piene di monete d'oro.

Alla madre sembrava di sognare. Gliele prese di mano, se le infilò in petto, si fece prestare un guardinfante e corse in Vucciria (Nota 1 Vucciria: mercato pubblico di Palermo.) . Compra questo, compra quello, di far la spesa se ne tolse la voglia, e a mezzogiorno finalmente poterono mangiare a quattro palmenti.

- Ma, dimmi un po', Pippina, dove li hai presi questi bei cosini lustri? - chiese il padre alla bambina. E lei: - Qua, papà! - e gli mostra un pertugio sotto la paglia: c'era una giarra piena di monete. Bastava cacciarci dentro la mano e si cavavano quattrini.

Così la famiglia poté cominciare a tirar su la testa e a ritornare allo stato d'una volta. Quando la bambina ebbe quattro anni, suo padre disse alla moglie: - Moglie mia, mi pare venuto il tempo di far fatare Pippina; bella è bella, i quattrini li abbiamo; perché non dobbiamo farla fatare?

Per fatare le bambine a quel tempo s'andava a Mezzomonreale (Nota 2 Menzumurriali: "Mezzo Morreale, fuori Porta Nuova in Palermo, a metà della via che conduce a Monreale".) , dove stavano quattro fate sorelle. Le fate spiegarono tutto quel che si doveva preparare, e combinarono per domenica, che sarebbero passate loro a casa del mercante, e avrebbero fatto tutto lì.

La domenica, puntuali, le quattro sorelle scesero a Palermo, trovarono tutto preparato: si lavarono le mani, impastarono un po' di farina di Maiorca, fecero quattro bei pasticci e li mandarono a infornare.

La moglie del fornaio, dopo un poco, sente venir dal forno un profumo che era una delizia. Non seppe resistere alla gola, tirò fuori uno di quei pasticci e lo mangiò. Poi ne impastò uno così come veniva, con farina ordinaria, e acqua presa dal fosso dove lavava la scopa del forno. Gli diede una forma alla bell'e meglio e lo confuse in mezzo agli altri tre.

Quando i pasticci furono a casa del mercante, la prima fata ne taglia uno: - Io fato te, bella giovane, che tutte le volte che ti spazzoli i capelli, ti cadano perle e pietre preziose.

- E io, - dice la seconda tagliando un altro pasticcio, - ti fato da farti diventare più bella ancora di quel che sei.

S'alza la terza. - E io ti fato che tutti i frutti fuori stagione che vorrai ti possano comparire subito davanti.

S'alza la quarta e aveva appena detto: - Io ti fato... - quando, infilando il coltello nel pasticcio, che era quello impastato con la cenere della scopa del forno, la cenere schizzò fuori e le andò in un occhio: - Ahi! Che male! - esclamò la fata. - Ecco che fatagione ti faccio: che quando vedi il sole tu possa diventare una serpe nera! - E le quattro sorelle sparirono.

Il padre e la madre scoppiarono a piangere: la loro bambina non avrebbe più potuto vedere il sole!

Lasciamo loro, e pigliamo Baldellone che in Francia menava vanto delle gran ricchezze di casa sua, con tutto che sapeva che a casa sua non c'era più un soldo bucato. Ma a furia di raccontare mari e monti s'era fatto rispettare da tutti, perché si sa che, come dice il proverbio: Chi va fuori dal suo paese / Si finge conte, duca e marchese.

Al Re di Francia venne la curiosità di controllare se tutte queste ricchezze di Baldellone c'erano davvero: e mandò a Palermo un cavaliere, spiegandogli bene tutto quel che doveva guardare e riferire. Il cavaliere andò a Palermo, cercò del padre di Baldellone e gli indicarono un magnifico palazzo, con tanto di guardaportone. Entrò: c'erano stanze d'oro zecchino, camerieri e servi che non finivano più. Il mercante ricevette il cavaliere con grandi cerimonie, lo invitò a tavola e, dopo che il sole fu tramontato, fece venire Pippina. A vederla, il cavaliere restò incantato: mai aveva visto una ragazza così bella. Ritornò in Francia e lo raccontò al Re.

Il Re chiamò Baldellone: - Baldellone, va' a Palermo, corri a casa tua e portami tua sorella Pippina, che la voglio per sposa.

Baldellone, che non sapeva nemmeno d'avere una sorella, capì poco di tutto quel discorso, ma obbedì al Re e partì. Ora bisogna sapere che a Parigi di Francia Baldellone aveva fatto relazione con una ragazza. E questa ragazza volle che lui la portasse con sé a Palermo.

Arrivato a Palermo, Baldellone trovò la famiglia tornata in gran fortuna, si fece riconoscere, conobbe la sorella e le annunciò che il Re di Francia la voleva in sposa. Erano tutti contenti, ma la ragazza che era venuta con Baldellone dalla Francia, quando vide Pippina, fu presa da una grande invidia, e si mise in testa di farla cadere in disgrazia e di diventare lei regina.

Dopo pochi giorni, Baldellone doveva imbarcarsi con Pippina. - Bacio la mano, papà. - Addio figliuzzo mio. - Addio Pippina. - Addio mamma, addio sorelline, - e partirono. Per andare a Parigi di Francia si viaggia prima per mare e poi per terra. Baldellone chiuse Pippina buona buona nella nave, e non le fece mai vedere un raggio di sole. E l'amica di Baldellone le faceva compagnia. Quando la nave giunse in porto, egli fece sbarcare la sorella in una lettiga tutta chiusa insieme con l'amica. E questa invidiosa si consumava dalla rabbia, pensando che s'avvicinavano a Parigi e che una volta là Pippina sarebbe diventata regina e lei sarebbe rimasta moglie di generale.

Cominciò a dire: - Pippina, qui si soffoca: apriamo!

- Per carità, sorella mia, che mi rovini!

Lasciò passare un po' di tempo, e poi: - Pippina, io soffoco!

- Ma no, abbi pazienza...

E ancora: - Pippina, io muoio.

- Quand'anche tu morissi, lo sai che non posso aprire!

- Ah, è così? - e l'amica prese un temperino e squarciò il cuoio della lettiga: passò un raggio di sole a capofitto, batté sulla Pippina e lei si fece serpe, una serpe nera che sgusciò via nella polvere della strada e sparì nella siepe del giardino del Re, che era vicino.

Baldellone al veder arrivare la lettiga vuota lanciò un grido: - Povera sorella mia! E povero me! Come faccio ora, col Re che vuole mia sorella?

- Che paura hai? - disse l'amica. - Digli che tua sorella sono io, e sei a posto -. E Baldellone finì per far così.

Il Re, quando la vide, torse un po' il naso. - Sarebbe questa la bellezza senza eguali? Ma, basta: parola di Re è parola di Re. Devo sposarla.

E la sposò, e stavano insieme. Ma Baldellone non aveva pace: quella traditrice gli aveva fatto perdere la sorella, e poi l'aveva lasciato per il Re! Che Baldellone non le avrebbe mai perdonato, la nuova Regina lo sapeva, e cominciò a macchinare per levare di mezzo pure lui.

Disse al Re: - Maestà, sono malata e voglio fichifiori.

Per i fichifiori non era stagione e il Re disse: - E dove te li trovo?

- Ma sì, - fa lei, - ditelo a Baldellone e Baldellone ve li trova.

- Baldellone!

- Maestà.

- Va' a cogliere quattro fichifiori per la Regina.

- Fichifiori a quest'epoca, Maestà?

- Io non so d'epoca e non epoca. Ho detto fichifiori e fichifiori devono essere. Se no ne va la tua testa.

Afflitto e sconsolato, Baldellone scese nel giardino, e scoppiò in lagrime. Ed ecco dall'erba dell'aiuola uscì una serpe nera e gli disse: - Che hai?

- Sorella mia! - disse Baldellone. - Sono anch'io in grande sfortuna! - e le disse dell'ordine del Re.

- Se non è che questo, - rispose la serpe, - io ho una fatagione che posso far comparire la frutta fuori tempo. Vuoi dei fichifiori? Te'! - e comparve un bel cestino di fichifiori maturi.

Baldellone sale subito dal Re e glieli porta. La Regina li mangiò tutti, che le vadano in veleno! Dopo tre giorni, aveva appetito d'albicocche. La serpe Pippina fece venire le albicocche.

Poi le venne appetito di ciliege; e Pippina: ciliege. Poi fu la volta delle pere. Ma avevamo scordato di dire che la fatagione valeva per i fichi, valeva per le albicocche, valeva per le ciliege, ma per le pere non valeva.

Baldellone fu condannato a morte. Chiese una grazia: che la fossa gliela scavassero nel giardino reale.

- Ti sia concesso, - disse il Re. E Baldellone fu impiccato e seppellito. La Regina finalmente respirò.

Una notte, la moglie del giardiniere si svegliò e sentì una voce nel giardino che diceva: Ahimè, fratello mio, ahi Baldellone, / Sepolto sei tra le nere verdure / Mentre l'autrice delle tue sventure / Fa da Regina accanto al tuo padrone.

La donna svegliò il marito. S'affacciarono in silenzio e videro un'ombra nera che serpeggiava via dalla tomba del generale impiccato.

Al mattino, il giardiniere andando come al solito a fare un mazzo di fiori per il Re, trovò le aiuole cosparse di perle e pietre preziose, e le portò al Re, che fece grandi meraviglie.

La notte dopo, il giardiniere s'appostò con lo schioppo. E a mezzanotte, vide un'ombra comparire vicino alla tomba e dire: Ahimè, fratello mio, ahi Baldellone, / Sepolto sei tra le nere verdure / Mentre l'autrice delle tue sventure / Fa da Regina accanto al tuo padrone.

Il giardiniere prese la mira e stava per sparare quando l'ombra disse: - Abbassa lo schioppo! Sono carne battezzata e cresimata come te. Accostati e guardami -. E in così dire sollevò il velo e apparve un viso d'una bellezza senza eguali. Poi prese a sciogliersi le trecce e dai suoi capelli cadevano perle e pietre preziose. - Raccontalo al Re, - disse la fanciulla, - e digli che domani notte l'aspetto qui -. Il cielo schiariva e la fanciulla si trasformò in serpe e sgusciò via.

L'indomani notte, alla solita ora, l'ombra era appena apparsa e aveva detto: Ahimè, fratello mio, ahi

Baldellone, quando il Re le si fece accanto. La fanciulla sollevò il velo e mentre il Re la guardava allocchito gli raccontò la sua storia.

- Dimmi, cosa posso fare per liberarti? - le chiese il Re.

- Ecco quel che puoi fare: puoi partire domani con un cavallo che corra come il vento, andare fino al fiume Giordano, calarti fino alla sua riva, trovare le quattro fate che sono là che si lavano, una con un nastro verde alla treccia, una con un nastro rosso, una con un nastro celeste e una con un nastro bianco. Tu prendi i loro vestiti che sono sulla riva, loro li rivorranno, ma tu non darli, sai! Allora la prima ti getterà il nastro verde, poi la seconda il nastro rosso, la terza il nastro celeste, ma solo quando la quarta ti avrà gettato il nastro bianco e poi la sua treccia, tu lasciagli i vestiti, perché la mia cattiva fatagione sarà tolta.

Il Re non volle saper altro. L'indomani all'alba partì e andò fuori Regno. Cammina cammina, dopo trenta giorni e trenta notti giunse al fiume Giordano, trovò le fate e fece tutto quello che la vera sorella di Baldellone gli aveva detto. Appena ebbe in mano il nastro bianco e la treccia disse: - Ora vi lascio e me ne vado, ma non dubitate che saprò sdebitarmi di voi.

Tornato al Regno, corse subito al giardino, chiamò la serpe e la toccò con la treccia. E Pippina ridiventò subito la più bella fanciulla che mai si fosse vista. S'attaccò la treccia in testa e da allora in poi non ebbe più da temer nulla.

Il Re chiamò il giardiniere e gli disse: - Ora senti cosa devi fare. Prendi un gran vascello, imbarca la sorella di Baldellone e parti di notte. Passati un po' di giorni, torna al porto, battendo bandiera forestiera. Poi lascia fare a me.

Il giardiniere eseguì tutto a puntino, e dopo tre giorni voltò il timone e issò bandiera inglese. Dal palazzo reale si vedeva il mare; il Re s'affaccia e dice alla Regina: - E che vascello è questo? Guarda! È d'uno dei miei parenti. Andiamogli incontro.

La Regina, che era sempre pronta a mettersi in mostra, si vestì in un batter d'occhio. Salita a bordo, si trovò di fronte a Pippina. "Se non sapessi che la sorella di Baldellone è diventata una serpe nera, - pensò, - direi che è questa..."

Dopo molte cerimonie scesero a terra con la nuova arrivata, lodandone molto la bellezza. - Dimmi, - disse il Re alla Regina, - chi farebbe male a una creatura come questa, che castigo meriterebbe?

- Oh, - rispose la Regina, - e chi vuoi sia così scellerato da far del male a questa gioia?

- Ma se ci fosse, cosa meriterebbe?

- Meriterebbe d'esser buttato giù da questa finestra e poi bruciato!

- E così sarà! - disse subito il Re. - Questa donna è la sorella di Baldellone che io dovevo prendere in moglie e che tu invidiosa avevi fatto diventare serpe nera per prenderne il posto. L'inganno che facesti a me e le pene che hai fatto patire a questa poveretta, ora li pagherai tutti insieme: la pena te la sei data tu stessa. Olà! Soldati del Palazzo! Afferrate questa scellerata, gettatela dalla finestra e poi subito bruciatela!

Detto fatto, la bugiarda fu sdirupata giù dalla finestra e bruciata ai piedi del Palazzo. Il Re domandò perdono alla sorella di Baldellone d'aver fatto impiccare il suo fratello innocente. Ella rispose: - Non pensiamo al passato, andiamo piuttosto in giardino a vedere che cosa si può fare.

Andarono alla tomba e sollevarono la lapide. Il corpo di Baldellone era quasi intatto. Pippina con un pennellino gli bagnò il collo d'un unguento, e Baldellone cominciò a sospirare, poi a muoversi, poi a fregarsi gli occhi come risvegliandosi e alla fine s'alzò. La scena non si può descrivere. S'abbracciarono, si baciarono, il Re ordinò grandi feste, mandò a chiamare il mercante e sua moglie e sposò Pippina in pompa magna.


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