Folk Tale

La sorella del Conte

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU875
LanguageItalian
OriginItaly

Si conta e si racconta che c'era una volta un Conte ricco quanto il mare, e questo Conte aveva una sorella bella quanto il sole e la luna, che aveva diciott'anni. Per gelosia di questa sorella, egli la teneva sempre sotto chiave in un quartiere del suo palazzo, tanto che nessuno l'aveva mai vista né conosciuta. La bella Contessina, che non ne poteva più di star lì rinchiusa, di notte, adagio adagio, si mise a scavare nel muro della sua stanza, sotto un quadro. Muro a muro del palazzo del Conte c'era il palazzo del Reuzzo, e il pertugio in quel muro dava negli appartamenti del Reuzzo, sotto un alto quadro, cosicché non si vedeva.

Una notte, la Contessina spostò un poco il quadro e guardò nella camera del Reuzzo. Vide un prezioso lampadario acceso e gli disse: Lampada d'oro, lampada d'argento, / Che fa il tuo Reuzzo, dorme o veglia?

E il lampadario rispose: Entrate, Signora, entrate sicura. / Il Reuzzo dorme, non abbiate paura.

Ella entrò e andò a coricarsi a fianco del Reuzzo. Il Reuzzo si desta, l'abbraccia, la bacia, e le dice: Signora, donde siete, donde state? / Di quale stato siete?

E lei, facendo ridere la sua boccuccia d'oro, rispondeva: Reuzzo, che chiedete, che guardate? / Tacetevi ed amate.

Quando il Reuzzo si risvegliò e non si vide più quella bella Dea vicina, si rivestì in un lampo e chiamò Consiglio. - Consiglio! Consiglio! - Venne il Consiglio e il Reuzzo gli raccontò lo stato delle cose. - Cosa devo fare per farla restar con me?

- Sacra Corona, - disse il Consiglio, - quando voi l'abbracciate, legatevi i suoi capelli a un braccio. Così quando se ne vorrà andare vi dovete svegliare per forza.

Venne la sera e la Contessina domandò: Lampada d'oro, lampada d'argento, / Che fa il tuo Reuzzo, dorme o veglia?

E il lampadario: Entrate, Signora, entrate sicura. / Il Reuzzo dorme, non abbiate paura.

Ella entra e s'infila sotto le coperte.

- Signora, donde siete, donde state? / Di quale stato siete? / - Reuzzo, che chiedete, che guardate? /

Tacetevi ed amate.

Così s'addormentarono e il Reuzzo s'era legato al braccio i bei capelli della Contessina. La

Contessina piglia una forbice, si taglia i capelli e se ne va. Il Reuzzo si sveglia. - Consiglio! Consiglio! La Dea m'ha lasciato i capelli ed è sparita!

Risponde il Consiglio: - Sacra Corona, attaccatevi al collo la sua collanina d'oro.

La notte dopo, s'affacciò la Contessina: Lampada d'oro, lampada d'argento, / Che fa il tuo Reuzzo, dorme o veglia?

E il lampadario rispose: Entrate, Signora, entrate sicura, / Il Reuzzo dorme, non abbiate paura.

Il Reuzzo, quando l'ebbe tra le braccia le chiese ancora: Signora, donde siete, donde state? / Di quale stato siete?

E lei al solito: Reuzzo, che chiedete, che guardate? / Tacetevi ed amate.

Il Reuzzo si passò intorno al collo la collanina di lei; ma appena s'addormentò lei tagliò la collanina e sparì. Alla mattina: - Consiglio! Consiglio! - e riferì la cosa. E il Consiglio: - Sacra Corona, prendete un bacile d'acqua di zafferano e mettetelo sotto il letto. Appena essa si leva la camicia, voi gettatela a bagno nello zafferano... Così, quando se la metterà per andar via, per dove passerà lascerà l'orma.

Alla notte che venne, il Reuzzo preparò il bacile con lo zafferano e si coricò. A mezzanotte ella disse al lampadario: Lampada d'oro, lampada d'argento, / Che fa il tuo Reuzzo, dorme o veglia?

E il lampadario rispose: Entrate, Signora, entrate sicura. / Il Reuzzo dorme, non abbiate paura.

Il Reuzzo, svegliandosi, le fece la solita domanda: Signora, donde siete, donde state? / Di quale stato siete?

E lei gli diede la solita risposta: Reuzzo, che chiedete, che guardate? / Tacetevi ed amate.

Quando il Reuzzo sprofondò nel sonno, ella si levò quatta quatta, fece per andarsene ma trovò la camicia a mollo nello zafferano. Senza dir nulla, torce e spreme ben pulita la camicia, e scappa senza lasciare orme.

Da quella sera in poi, il Reuzzo aspettò invano la sua Dea, e ne era disperato. Ma dopo nove mesi, una mattina, appena sveglio, si trovò coricato al fianco un bambino bello che pareva un angelo. Si vestì in un lampo, gridando: - Consiglio! Consiglio! - e mostrò al Consiglio il bambino dicendo: - Questo è mio figlio. Come farò ora a riconoscere sua madre?

E il Consiglio rispose: - Sacra Corona, fate finta che sia morto, mettetelo in mezzo alla chiesa, e date ordine che tutte le donne della città vengano a piangerlo. Chi lo piangerà più di tutte, sarà sua madre.

Così il Reuzzo fece. Venivano ogni sorta di donne, dicevano: - Figlio, figlio! - e partivano com'erano venute. Venne alla fine la Contessina e con le lagrime che le scendevano giù si mise a strapparsi i capelli e a gridare: O figlio! figlio! / Che per avere troppe bellezze / Mi son tagliata le mie brune trecce, / Che per essere troppo bella / Mi son tagliata la mia catenella, / Che per esser troppo vana / Ho la camicia di zafferana.

Il Reuzzo e il Consiglio e tutti si misero a gridare: - Questa è la madre! Questa è la madre!

In quel momento si fece avanti un uomo con la sciabola sfoderata. Era il Conte, che puntò la spada sulla sorella. Ma il Reuzzo si buttò in mezzo, e disse: Fermati, Conte, vergogna non è, / Sorella di Conte e moglie di Re!

E si sposarono in quella stessa chiesa.


Text viewBook