Folk Tale

Sperso per il mondo

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
LanguageItalian
OriginItaly

C'era una madre vedova con due figlie femmine e un maschio che si chiamava Peppi e non sapeva come buscarsi un pezzo di pane. La madre e le sorelle filavano, e Peppi disse: - Madre, sapete cosa vi dico? Vi domando bella licenza e me ne vado sperso per il mondo.

Andando, vide una masseria, chiese: - Avete bisogno di un picciotto? - Gli risposero: - Eh, eh! cane, cane! - e gli abbaiarono i cani dietro.

Peppi andò, e già veniva scuro quando incontrò un'altra masseria. - Viva Maria!

- E viva Maria! Che abbiamo?

- Se aveste bisogno d'un picciotto...

- Oh, - dice, - sì, siedi, siedi: ci dev'essere il boaro che se ne va. Aspetta che vado a chiederlo al padrone.

E uno andò su a chiederlo al padrone, il quale disse: - Sì, fagli fare colazione, che quando scendo ne parliamo.

Così gli misero davanti un pane e un piatto di ricotta, e lui si mise a mangiare. Mentre scendeva il padrone, gli venne avanti il boaro. - È vero che te ne vai? - disse il padrone. - Sissignore, - fece il boaro. Allora il padrone disse a Peppi: - Domattina vai coi buoi, ma senti, figlio mio: qua se ci vuoi stare c'è il semplice mangiare e nulla più.

- Io ci sto, - disse Peppi. - Sia quello che vuol Dio.

Passò la notte e poi alla mattina si prese il pane, un po' di companatico e andò coi buoi. Stava tutto il giorno coi buoi, Peppi, e alla sera tornava a casa. S'avvicinava carnevale, e Peppi tornava a casa con tanto di muso.

Il curatolo gli diceva: - Peppi! - Oh!

- Che hai?

- Niente!

Alla mattina andava via coi buoi, sempre intrombato in viso, quando incontrò il padrone. - Peppi. - Oh!

- Che hai?

- Niente!

- Niente, Peppi? Perché non me lo dici?

- Che ci ho da dirvi? Sta venendo carnevale, e neanche stavolta mi darete un po' di soldi che vada a far festa con mia madre e le sorelle?

- Ih! Di tutto puoi discorrere, fuorché di soldi: se vuoi pane, quanto ne vuoi, ma soldi no.

- E se dovessi comprare un po' di carne, come faccio?

- I patti te li ho fatti prima: non so cosa dirti.

Faceva giorno e Peppi se ne andava con i suoi santi buoi. E si sedette sempre malinconioso. Sentì chiamare: - Peppi? - Si voltò da ogni parte, pensò: "È l'apprensione che ho in cuore che mi fa sentire quel che non c'è".

Ma ancora si sentì chiamare: - Peppi! Peppi! - Ma chi è che mi chiama?

Si voltò un bue: - Sono io.

- Come? Parli?

- Io sì che parlo. Che hai che metti il muso così lungo?

- Cos'ho da avere? Viene carnevale e il padrone non mi da niente.

- Senti come devi dirgli, Peppi, stasera, quando ci vai. Gli devi dire: "E neanche il bue vecchio mi date?" A me il padrone non mi può vedere, perché non ho mai voluto lavorare, e mi regalerà a te. Hai capito?

La sera Peppi tornò a casa col viso come una tromba lunga sette canne, e il padrone gli disse: - Peppi, che hai, sempre con questa tromba?

- Ho da dirvi una cosa: neanche il bue vecchio mi volete dare, che ha più anni lui della civetta? Almeno, quando arrivo a casa lo scanno e metto un po' a mollo quella sua carne dura.

- Pìgliatelo, - disse il padrone, - ti regalo anche un pezzo di corda per portartelo via.

L'indomani appena giorno Peppi si prese il bue, una bisaccia, otto pani, il berretto in capo e andò al paese. In un pianoro, due campieri a cavallo arrivarono correndo: - Il toro! Il toro! Guarda a te, guarda a te! Sta arrivando un toro che t'ammazza!

Il bue, piano: - Digli, Peppi: "Se lo prendo, me lo date?"

Peppi lo disse, e quelli: - Magari! Ma non puoi, quello ammazza te e il bue insieme.

Il bue gli disse: - Peppi, mettiti dietro a me, e non aver paura -. Arrivò il toro con le narici aperte, a muso a muso contro il vecchio bue, e cominciarono a darsi spintoni, e il bue vecchio era così duro che il toro dopo un po' restò intronato.

- Peppi, piglialo, - disse il bue vecchio, - e legalo accoppiato alle mie corna -. Peppi legò il toro, salutò i campieri, e tirò avanti.

Arrivato che fu in un paese di passaggio, udì un bando: Chiunque si sente di lavorare e finire in un giorno una salma di terra, si piglia la figlia del Re in moglie; se è sposato, due tumuli di monete d'oro; e se non ce la fa, il collo tagliato.

Peppi portò i buoi al fondaco e andò a presentarsi al Re. Le sentinelle non volevano farlo passare perché era tutto stracciato, ma s'affacciò il Re in persona e lo fece passare.

Salì e disse: - Ai piedi di Sua Maestà.

- Cos'abbiamo?

- Intesi il bando, ho due buoi, e vorrei vedere se posso farcela io con quella salma di terra.

- Ma l'hai inteso tutto, il bando?

- L'intesi: se non ce la faccio, ne va il collo di mezzo. Maestà deve darmi l'aratro e un po' di fieno perché io non ho niente, essendo di passaggio.

- Porta i buoi nella mia scuderia, - disse il Re, - e govèrnateli -. Lui andò a prendere i buoi e li portò là: e il bue vecchio gli disse: - A me mezza manna (Nota 1 Manna (dial. siciliano): manipolo di fieno.) di fieno, al toro una manna -. La mattina Peppi prese l'aratro, quattro manne di fieno e andò. Si fece insegnare la terra, appoggiò i buoi, e si mise sotto ad arare.

I Consiglieri guardavano dal balcone dirimpetto, e dissero al Re: - Maestà, che sta facendo? Non vede che quello là sta finendo d'arare? Le vuol dare quel brutto villano a sua figlia?

Il Re disse: - E voialtri cosa mi consigliate?

- A mezzogiorno gli mandi una gallina al forno, del sedano tenero e una bottiglia di vino oppiato... Mandarono una serva a portare a Peppi questo mangiare. - Venite a mangiare che raffredda! - Lui non aveva da arare che un triangolo di terra grande quanto un cappello da prete. Andò a mangiare, e diede mezza manna al bue vecchio e una manna al toro. Poi si mise a sbocconcellare la pollastra e a bere vino. Se lo bevve tutto, si mangiò tutta la gallina e si buttò a dormire. Il bue vecchio mangiò il suo fieno, aspettò che il toro finisse il suo, e intanto lasciava che Peppi dormisse. Quando ebbe finito di mangiare anche il toro, cominciò a scuotere Peppi con la zampa.

- Ah... ah... - faceva Peppi nel sonno.

- Alzati, - diceva il bue, - alzati che ne va di mezzo il collo!

S'alzò, si lavò la faccia, aggiogò i buoi, e più addormentato che sveglio finì di lavorare il pezzetto di terra e si mise a ripassarlo.

- L'oppio era poco: accidenti! - dissero i Consiglieri dal balcone.

Peppi ci dava dentro con l'anima e alle dieci di sera ce l'aveva fatta: tornò a palazzo, diede fieno ai buoi e salì dal Re: - Papà, mi benedica.

- Oh. Hai finito? Cosa vuoi: due tumuli di monete d'oro?

- Scapolo sono, Maestà, che me ne faccio delle monete d'oro? Ora è moglie che voglio prendere.

Lo presero, lo lavarono da capo a piedi e lo vestirono da principe. Anche l'orologio gli misero. E si sposò.

Il bue vecchio gli disse: - Ora che ti sposi mi devi ammazzare e tutte le mie ossa le devi mettere in una corba e andarle a piantare una per una nella terra che hai arato; devi lasciar fuori solo una zampa, e devi metterla dentro il tuo materasso. La mia carne devi dire al cuoco che la può cucinare come vuole: da carne di coniglio, di lepre, di pollame, di tacchino, di castrato e anche di pesce.

Così Peppi scannò il bue vecchio. Il Re non voleva, perché ci s'era affezionato anche lui, ma Peppi disse: - No, papà, ammazziamolo, e così non avrete da comprar carne per il banchetto di nozze -. E ordinò al cuoco di cucinare la carne del bue come carne di ogni sorta di animali. Ci fu una gran tavolata; cominciarono a portare i piatti e tutti erano contenti: - Questa è lepre... Questo è coniglio... Bestia giovane, questa... Bella carne!

La sera, appena la sposa si fu addormentata, Peppi infilò la zampa del bue sotto il materasso, si caricò su una spalla la corba con le ossa, andò a seminare le ossa con tutte le regole, e tornò a letto che sua moglie non aveva sentito niente. La moglie si sveglia dopo un po' e dice: - Oh, che sogno ho fatto! Mi pareva come tante ciliege, tante mele che mi pendessero in bocca: e tante rose, tanti gelsomini... Mi pare ancora di averli sotto gli occhi... - Tende una mano e coglie una mela.

- Non è sogno, non è sogno: questa è mela che si tocca! - E il marito risponde: - Non è sogno, non è sogno: son ciliege che ho già in bocca! - e tendeva la mano e coglieva ciliege.

Venne il Re ad augurare il buon giorno e trovò la camera piena di fiori e frutti fuori tempo. Si mise a mangiarli anche lui.

I Consiglieri s'affacciarono al balcone e il loro sguardo cadde sulla terra che aveva lavorata Peppi: era piena d'alberi fitti di tutte le specie. Chiamarono il Re: - Guardi Vostra Maestà: non son alberi laggiù nella terra arata da Peppi? - Il Re aguzzava gli occhi: - Ma sì: non è un abbaglio! Andiamo là a vedere, - e si misero in carrozza.

Arrivati là c'erano aranci, limoni, susini, ciliegi, viti, peri, tutti carichi di frutti. Il Re colse un po' di frutta e tornò a casa contento.

Bisogna sapere che il Re aveva altre due figlie, sposate con figli di principi. E queste figlie cominciarono a domandare alla sorella: - Ma tutte queste cose le fa tuo marito?

- E io che ne so? - rispose lei.

- Sciocca, domandagli come fa.

- Eh, stasera gli domando.

- Brava, e poi diccelo subito.

La sera, a letto, la sposa cominciò a fargli domande e lui, perché lo lasciasse dormire, le confidò tutto. L'indomani lei lo disse alle sorelle, e le sorelle ai mariti. Mentre erano tutti insieme col Re, i cognati dissero: - Facciamo una scommessa, cognato Peppi?

- E quale?

- Che siamo capaci a dire come avete fatto a far crescere tutti questi alberi.

- Scommettiamo.

- Allora: voi tutta la roba che avete avuto qui, noi tutto quello che possediamo.

Andarono da un notaio e stesero l'atto.

Allora i cognati gli dissero tutto. Peppi, che si fidava di sua moglie, pensò: "E chi glielo ha detto? Il

Sole?"

Diede a loro tutta la sua roba e restò un morto di fame come prima. Si mise in marcia, con la sua bisaccia, vestito da villano, e arrivò a una capanna. Bussò. - Chi è?

- Sono io, padre eremita.

- E che vai cercando?

- Mi sapreste dire dove spunta il Sole?

- Ih, figlio, per stasera dormi qua e domattina ti mando da un altro eremita che è più vecchio di me. La mattina all'alba l'eremita gli diede una pagnotta, e Peppi lo salutò: cammina cammina arrivò a un'altra capanna e c'era un eremita con la barba bianca fino alle ginocchia. - Padre reverendo, sia benedetto.

- Che abbiamo, che abbiamo?

- Mi sa dire dove spunta il Sole?

- Ih! figlio, cammina finché trovi un altro padre più vecchio di me.

Peppi domandò bella licenza e camminò fino a un'altra capanna e baciò la mano all'eremita. - Gran padre, sia benedetto...

- Che vai cercando?

- Mi sa dire dove spunta il Sole?

- Ih! figlio... Mah... forse tu ci arriverai. Senti, tieni questo spillo. Cammina: sentirai ruggire un leone; tu grida: "Compare leone, vi manda a salutare il vostro compare eremita, e vi manda lo spillo per togliervi la spina dalla zampa, e per soprasaluto mi dovete far parlare con il Sole".

Così Peppi fece e tolse la spina al leone che disse: - Ah, m'hai ridato la vita!

- Ora mi dovete far parlare col Sole.

Il leone lo guidò fin dove c'era un mare grande con l'acqua nera. - Qui s'affaccia il Sole, ma prima del

Sole s'affaccia un serpente e tu gli devi dire: "Compare serpente, vi manda a salutare vostro compare il leone, e per soprasaluto dovete farmi parlare col Sole".

Il leone se ne andò e Peppi vide l'acqua tramestare: s'affacciò il serpente, e Peppi gli disse parola per parola come gli aveva insegnato il leone. Disse il serpente: - Presto, buttati in acqua e infilati sotto le mie ali, se no i raggi del Sole ti bruceranno.

Peppi si mise sotto un'ala. Spuntò il Sole e il serpente disse: - Va', Peppi, di' al Sole quello che hai da dirgli, prima che se ne vada.

E Peppi: - O Sole traditore, tu solo mi potevi ingannare, e non me lo dovevi fare, traditore!

E il Sole: - Io? Non fui io che t'ingannai. E sai chi fu? Tua moglie, cui confidasti il segreto.

- Allora scusa, Sole, - disse Peppi. - Ma c'è un piacere che puoi farmi soltanto tu, Sole mio: dovresti tramontare a mezzanotte e mezzo, così mi ripiglio la mia roba.

- Va' pure, che questo piacere te le faccio volentieri.

Peppi ringraziò tutti e domandò bella licenza. Tornò a casa, la moglie gli aveva preparato il brodo; si ristorò e si sedette un po' al fresco. Passarono i suoi cognati figli di principi. - Cognati, - disse lui, - adesso facciamo un'altra scommessa.

- E cosa scommetti? Di roba non ne hai più.

- Be', io ci scommetto il collo e voialtri la mia roba.

- Bene, allora tu il collo, noi la roba tua e anche la nostra; ma cos'è questa scommessa?

Allora Peppi disse: - Il Sole quando tramonta?

- Bene, è diventato matto, non sa neanche quando tramonta il Sole, - dissero tra loro i cognati. E a lui: - Ma come? Alle nove e mezzo, tramonta!

- E io dico che tramonta a mezzanotte e mezzo!

Andarono a stendere l'atto e si misero a guardare il Sole. Alle nove e mezzo il Sole stava per tuffarsi giù, quando Peppi gli fa: - O Sole, è questa la parola che m'hai dato?

Allora il Sole si ricordò e invece di tramontare, la tirò in lungo, la tirò in lungo, fino a mezzanotte e mezzo.

- Non ve l'avevo detto? - fece Peppi.

- Hai ragione, - fecero i cognati e gli ridiedero subito la sua roba e anche la loro.

- Ebbene, - disse Peppi, - vi voglio mostrare il cuore d'un villano -. (Loro lo chiamavano sempre villano). Prende e gli restituisce la loro roba. - Tenete qua, che io la roba degli altri non la voglio, voglio la mia.

Peppi riprese a far la vita di prima con sua moglie; il Re lo volle abbracciare, e si toglie la corona e la mette in testa a Peppi. I cognati, si capisce, mangiavano rabbia ma non davano a vedere. L'indomani ci fu una bellissima tavolata con tutti i parenti: si divertirono, un piatto andava e un piatto veniva, e all'ultimo ci fu anche il caffè, il gelato e la cassata e così Peppi da bovaro morto di fame diventò Reuzzo.


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