Folk Tale

Il vaso di maggiorana

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU879
LanguageItalian
OriginItaly

C'era una volta uno speziale; era vedovo e aveva una figlia bella e cara che si chiamava Stella Diana. Stella Diana tutti i giorni andava a imparare il cucito da una maestra. In casa di questa maestra c'era una terrazza piena di vasi di fiori e piante, e tutti i pomeriggi Stella Diana andava ad annaffiare un vaso di maggiorana che le piaceva tanto. Di fronte alla terrazza, c'era un poggiolo, dove un giovane signore stava affacciato. E il giovane signore un giorno le disse: Stella Diana, Stella Diana, / Quante foglie ha la tua maggiorana?

E la ragazza gli rispose: O bel nobile cavaliero, / Quante stelle c'è nel cielo?

E lui: Le stelle del cielo non si posson contare.

E lei: La mia maggiorana non si deve guardare.

Il signore allora si travestì da pescivendolo e andò sotto alle finestre della maestra a vendere pesce.

La maestra mandò Stella Diana a comprarle un pesce da friggere per cena, e lei scese e domandò al pescivendolo quanto costava. Lui disse il prezzo, ma era una cifra così grossa che Stella Diana disse che non lo voleva. Allora lui le disse: - Per un bacio, glielo do per niente.

Stella Diana gli diede un bacio di sfuggita e lui le diede il pesce per la cena della maestra.

Al pomeriggio quando Stella Diana apparve tra i vasi della terrazza, il signore dal poggiolo le disse: Stella Diana, Stella Diana, / Quante foglie ha la tua maggiorana?

E lei: O bel nobile cavaliero, / Quante stelle c'è nel cielo?

E lui: Le stelle del cielo non si posson contare.

E lei: La mia maggiorana non si deve guardare.

Allora il signore le disse: Per un solo pesciolino / Tu m'hai dato un bel bacino.

Stella Diana, compreso lo scherzo, s'arrabbiò e si ritirò dalla terrazza, e subito pensò di rispondergli con un altro scherzo. Si vestì da uomo e si mise alla vita una bella cintura preziosa; salì in groppa a una mula e si mise a passeggiare per la via dove stava quel signore. Lui vide la cintura e disse: - Che bella! Me la venderebbe? - Ma lei facendo la voce da uomo, gli disse che non la vendeva per nessun prezzo. Lui disse che avrebbe fatto qualsiasi cosa per aver quella cintura; e lei: - Allora dia un bacio sulla coda alla mia mula e io gli darò la cintura -. Al signore quella cintura piaceva davvero e, guardatosi intorno che nessuno lo vedesse, diede un bacio alla coda della mula, prese la cintura e andò via.

Quando si videro lei sulla terrazza e lui sul poggiolo, ci fu il solito dialogo.

- Stella Diana, Stella Diana, / Quante foglie ha la tua maggiorana? / - O bel nobile cavaliero, / Quante stelle c'è nel cielo? / - Le stelle del cielo non si posson contare. / - La mia maggiorana non si deve guardare. / - Per un solo pesciolino / Tu m'hai dato un bel bacino. / - Per avere una cintura / Hai baciato la coda alla mia mula.

A sentire questa battuta, il signore ci restò davvero male. Decise di mettersi d'accordo con la maestra e le chiese il permesso di nascondersi sotto la scala. Quando Stella Diana salì la scala, il giovane, di sotto, le tirò la sottana. La ragazza gridò: Signora maestra, signora maestra, / La scala mi tira la vesta!

E dalla terrazza al balcone, quel pomeriggio si tenne questo dialogo: - Stella Diana, Stella Diana, / Quante foglie ha la tua maggiorana? / - O bel nobile cavaliero, / Quante stelle c'è nel cielo? / - Le stelle del cielo non si posson contare. / - La mia maggiorana non si deve guardare. / - Per un solo pesciolino / Tu m'hai dato un bel bacino. / - Per avere una cintura / Hai baciato la coda alla mia mula. / - Signora maestra, signora maestra, / La scala mi tira la vesta!

Stavolta fu Stella Diana a restarci male; e pensò: "Adesso ti faccio vedere io!" Con una mancia al servitore riuscì a entrare una sera in casa del giovane e gli apparve con un lenzuolo sulla testa, una torcia in mano e un libro aperto. Il giovane, quando vide quel fantasma, cominciò a tremare e disse: Io sono giovane, morte mia bella, / Va' invece da mia zia, che è vecchierella.

Stella Diana spense la torcia e se ne andò. L'indomani, il duetto continuò: - Stella Diana, Stella Diana, / Quante foglie ha la tua maggiorana? / - O bel nobile cavaliero, / Quante stelle c'è nel cielo? / - Le stelle del cielo non si posson contare. / - La mia maggiorana non si deve guardare. / - Per un solo pesciolino / Tu m'hai dato un bel bacino. / - Per avere una cintura / Hai baciato la coda alla mia mula. / - Signora maestra, signora maestra, / La scala mi tira la vesta! / - Io sono giovane, morte mia bella, / Va' invece da mia zia, che è vecchierella.

A questa nuova beffa, il giovane si disse: "Stavolta non posso più sopportare. Troverò un nuovo modo per vendicarmi". E detto fatto, andò dallo speziale a chiedere la mano di Stella Diana. Lo speziale fu ben contento e stesero subito il contratto. Si avvicinava il giorno delle nozze e Stella Diana aveva paura che lo sposo covasse ancora propositi di vendetta per tutti i suoi scherzi. Pensò di farsi una bambola di pasta, grande quanto lei, che le somigliasse in tutto e per tutto, e al posto del cuore le mise una vescica piena di lattemiele. Quando dopo le nozze si ritirò in camera, mise la bambola a letto, con la sua cuffia e la sua camicia, e si nascose.

Entrò lo sposo. - Ah, siamo soli finalmente! È venuto il momento di vendicarmi di tutte le mortificazioni che m'hai dato -. E sguainato un pugnale lo ficcò nel cuore della bambola. La vescica scoppiò e il lattemiele schizzò dappertutto: anche in bocca allo sposo.

- Ah povero me! Com'è dolce il sangue della mia Stella Diana! E io che l'ho uccisa! Cos'ho mai fatto! Ah, potessi mai farla rivivere!

Allora saltò fuori Stella Diana, sana come un pesce. - Eccomi qua, sono io la tua Stella Diana, non sono mica morta!

Lo sposo l'abbracciò felice e contento e d'allora in poi felici e contenti continuarono a vivere.


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