Folk Tale

Il diavolo

Translated From

Su tiaulu

AuthorFrancesco Mango
LanguageSardinian
LanguageItalian
OriginItaly

Una volta c’era un povero, che teneva tre figlie, e ogni giorno andava nel bosco per fare un fascio di legna. Un giorno nel mentre che era tagliando le legna, gli pare di sentire passi, si volta e vede un signore che gli ha detto: – «Buon uomo, che fate?» – «Lo vede, signore mio, prendo legna per riscaldarci». – «Vuole che io l’aiuti?» – «Aiuto ne vogliamo fino a morire». – «Molta famiglia avete?» – «Tre figlie» – «Ebbene, io l’aiuto a fare legna, anzi se vuole che sposi una sua figlia». – «Quando mai sposa una figlia mia così povera?» Prende questo signore un gambo intero, glielo dà e gli dice: «Dunque domani aspetto la risposta». – «Sì sì, sì sì». E tra esso ha detto: – «Questo dev’essere il diavolo, altrimenti non poteva tagliare quel ramo grande in un momento». Basta; va a casa, e narra il conto alle figlie. La grande dice: – «No, babbo». La seconda: – «Neppure io». – «Lo voglio io», dice la piccola, «così sarò signora in casa mia». L’indomani prima di uscire il padre ha domandato alla piccola: – «Dunque lo vuoi?» – «Sì, per me sì». Ecco che arriva al bosco, e viene il signore. «Ebbene, che ha fatto, buon uomo? chi mi vuole?» – «La piccola», ha detto il povero. «Prenda questo denaro, e domani vengo a casa sua». Subito tornato a casa il padre, pensa di apparecchiare tutto per sposarli. Il giorno stesso che avevano sposato erano partiti, per andare a casa di lui. La madre prima di partire regala un cagnolino alla figlia per farle compagnia. Arrivati al paese, esso la porta a casa, le dà le chiavi e le dice: – «Tu sei la padrona di tutto», e le fa vedere la casa; però di una camera non gliel’aveva date, ed essa dice tra sé: – «Devo cercare di scoprire, perché sarà che non mi ha dato le chiavi di questa camera? Mi dà pure a pensare che non viene a casa da mezzodì a mezzanotte, così la cosa non può andare». Un giorno viene ad avere la chiave tanto desiderata, e apre la porta. Quale era lo spettacolo che si presentava agli occhi suoi! Non vede altro che tante anime condannate. Ed essa tutta spaventata lor dice: – «Chi siete voi altre?» – «Noi siamo scontando la pena nostra: io, dice una donna mugnaia, rubavo un imbuto di grano di ogni povero che veniva dove me; io, dice un’altra, bestemmiavo di continuo; io, dice la terza, ho ammazzato lo sposo mio». E così ognuno dice la pena sua. «E lei chi è?» domandano le condannate – «Io sono la padrona della casa che abito qua con lo sposo mio». – «Povera ragazza, e non sa ch’è maritata con il diavolo?» – «Come faccio a vivere con quest’uomo?», essa dice. – «Non si disperi, noi le diciamo il modo per starsene lontano. Faccia una lettera, e dica che è la mamma che la manda perché vuol vedere la figlia; glielo dica allo sposo, e vedrà che ce la porta subito. Quando arriva, si faccia dare un gallo per il ritorno, quando sarà a mezzo cammino stringa le ali, e vedrà che esso scompare». Prepara la lettera e la dà piangendo allo sposo. – «Che è questa disperazione?» – «Leggi questa lettera e vedrai il motivo». – «Ebbene, non piangere, noi partiremo, e tu vedrai la tua madre». – «Arrivano e vedono la madre che non aveva nulla. «Che vuol dire, figlia mia, qui?» – «Zitta, mamma, faccia vedere che era malata, e che mi ha voluto vedere. Io le devo dire una cosa di molta importanza». Quando erano sole, la figlia racconta tutto alla madre. La madre subito trova un gallo, e lo apparecchia per la partenza. Partono; quando erano a metà del cammino, essa stringe le ali al gallo, il marito sparisce, ed essa allegra e contenta torna a casa sua.


Text view