trans-3974

Cecino e il bue

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU700
LanguageItalian
OriginItaly

Una donna faceva cuocere dei ceci. Passò una povera e ne chiese una scodella in elemosina. - Se li do a voi, non li mangio io! disse la donna. Allora la povera le gridò contro: - Che tutti i ceci nella pentola vi diventino figli! - e se ne andò. Il fuoco si spense e dalla pentola, come ceci che bollono, saltarono fuori cento bambini, piccoli come chicchi di cece e cominciarono a gridare: - Mamma ho fame! Mamma ho sete! Mamma prendimi in collo! - e a spargersi per i cassetti, i fornelli, i barattoli. La donna, spaventata, comincia a prendere questi esserini, a ficcarli nel mortaio e a schiacciarli col pestello come per farne la purea di ceci. Quando credette d'averlí ammazzatí tutti, si mise a preparare il mangiare per il marito. Ma pensando a quel che aveva fatto, le venne da piangere, e diceva: - Oh, ne avessi lasciato in vita almeno uno; ora mi aiuterebbe, e potrebbe portare da mangiare a suo padre in bottega! Allora si sentì una vocina che diceva: - Mamma, non piangete, ci sono ancora io! - Era uno dei figliolini, che s'era nascosto dietro il manico della brocca e s'era salvato. La donna fu tutta felice: - Oh, caro, vieni fuori, come ti chiami? -Cecino, - disse il bambino scivolando giú per la brocca e mettendosi in piedi sul tavolo. -Bravo il mio Cecino! - disse la donna, - ora devi andare in bottega a portare da mangiare al babbo -. Preparò il paniere e lo mise in testa a Cecino. Cecino cominciò ad andare e si vedeva solo il paniere che sembrava camminasse da solo. Domandò la strada a un paio di persone e tutti prendevano spavento perché credevano che fosse un paniere che parlava. Cosí arrivò alla bottega e chiamò: - Babbo, o babbo! Vieni: ti porto da mangiare. Suo padre pensò: " Chi è che mi chiama? Io non ho mai avuto figlioli! " Uscì e vide il paniere e di sotto al paniere veniva una vocina: - Babbo, alza il paniere che mi vedrai. Sono tuo figlio Cecino, nato stamattina.

L'alzò e vide Cecino. - Bravo, Cecino! - disse il babbo, che faceva il magnano, - ora verrai con me che devo fare un giro perle case dei contadini per sentire se hanno qualcosa di rotto da accòmodare.

Cosí il babbo si mise in tasca Cecino e andarono. Per la strada non facevano che chiacchierare e la gente vedeva l'uomo che pareva parlasse da solo, e pareva fosse matto. Chiedeva nelle case: - Avete nulla da stagnare?

-Si, ne avremmo della roba, - gli risposero, - ma a voi non la diamo perché siete matto.

- Come matto? Io sono piú savio di voi! Cosa dite?

>Diciamo che per la strada non fate che parlare da solo. Macché solo. Discorrevo con mio figlio. dove l'avete questo figlio? tasca. Ecco: cosa dicevamo? Siete matto.

-Be', ve lo farò vedere, - e tirò fuori Cecino a cavallo d'un suo dito.

-Oh, che bel figliolo! Mettetelo a lavorare da noi, che gli facciamo far la guardia al bue.

- Ci staresti, Cecino? - lo sí.

- E allora, ti lascio qui e passerò a riprenderti stasera. Cecíno fu messo a cavallo d'un corno del bue e pareva che il bue fosse solo, li per la campagna. Passarono due ladri e visto il bue incustodito lo vollero rubare. Ma Cecino si mise a gridare: - Padrone! Vieni, padrone!

Corse il contadino e i ladri gli chiesero: - Buon uomo, da dove viene questa voce?

-Ah, - disse il padrone. - È Cecino. Non lo vedete? È- li su un corno del bue.

I ladri guardarono Cecino e dissero al contadino: - Se ce lo cedete per qualche giorno vi faremo diventare ricco, - e il contadino lo lasciò andare coi ladri.

Con Cecino in tasca, i ladri andarono alla stalla del Re per rubare cavalli. La stalla era chiusa, ma Cecino passò per il buco della serratura, apri, andò a slegare i cavalli e corse via con loro nascosto nell'orecchio d'un cavallo. I ladri erano fuori ad aspettarlo, montarono sui cavalli e galopparono via a casa. Arrivati a casa dissero a Cecino: - Senti, noi siamo stanchi e andiamo a dormire. Da' tu la biada ai cavalli. Cecino cominciò a mettere le museruole ai cavalli, ma cascava dal sonno e finí per addormentarsi in una museruola. Il cavallo non s'accorse di lui e lo mangiò insieme alla biada. Iladri, non vedendolo piú tornare, scesero a cercarlo nella stalla. - Cecino, dove sei? Sono qui, - rispose una vocina, - sono in pancia a un cavallo! Quale cavallo? Questo qui! I ladri sbuzzarono un cavallo, ma non lo trovarono. - Non è questo. In che cavallo sei? - In questo! - e i ladri ne sbuzzarono un altro. Cosí continuarono a sbuzzare un cavallo dopo l'altro finché non li ebbero ammazzati tutti, ma Cecino non l'avevano trovato. S'erano stancati e dissero: - Peccato! l'abbiamo perso! E dire che ci faceva tanto comodo! E per di píú abbiamo perso tutti i cavalli! Presero le carogne, le buttarono in un prato e andarono a dormire. Passò un lupo affamato, vide i cavalli sbuzzati e ne fece una scorpacciata. Cecino era ancora là nascosto nella pancia d'un cavallo e il lupo lo ingoiò. Così se ne stette nella pancia del lupo e quando al lupo tornò fame e si avvicinò a una capra legata in un campo, Cecino di là dentro si mise a gridare: - Al lupo, al lupo! - finché venne il padrone della capra e fece scappare il lupo. Il lupo disse: " Come mai faccio queste voci? devo aver la pancia piena d'aria! ", e cominciò a cercare di buttar fuori l'aria per di dietro. " Be', adesso non l'avrò píú, - pensò. - Andrò a mangiare una pecora". Ma quando fu vicino alla stalla della pecora, Cecino dalla sua pancia ricominciò a gridare: - Al lupo! Al lupo! - finché non si svegliò il padrone della pecora. Il lupo era preoccupato. " Ci ho ancora quest'aria nella pancia che mi fa fare questi rumori ", e ricominciò a cercare di buttarla fuori. Spara fuori aria, una volta, due volte, alla terza saltò fuori anche Cecino e si nascose in un cespuglio. Il lupo, sentendosi líberato, tornò verso le stalle. Passarono tre ladri e si misero a contare i denari rubati. Uno dei ladri cominciò: - Uno due tre quattro cinque... - E Cecino, dal cespuglio gli faceva il verso: - Uno due tre quattro cinque... Il ladro disse ai compagni: - State zitti che mi confondete. Chi dice una parola l'ammazzo -. Poi riprese a contare: - Uno due tre quattro cinque...

E Cecino: - Uno due tre quattro cinque... -Ah, non vuoi star zitto? - dice il ladro a uno dei compagni. - Ora t'ammazzo! E l'ammazza. E all'altro: - Tu se vuoi fare la stessa fine sai come hai da fare... - E ricomincia: - Uno due tre' quattro cinque... E Cecíno ripete: - Uno due tre quattro cinque...

-.Non sono io che parlo, - disse l'altro ladro, - ti giuro, non sono lo...

-Credi di far lo stupido con me! Io t'ammazzo! - E l'ammazzò. - Ora sono solo, - si disse, - potrò contare i denari in pace e tenermeli tutti per me. Uno due tre quattro cinque... E Cecino: - Uno due tre quattro cinque... Al ladro si rizzarono i capelli sulla testa: - Qui c'è qualcuno nascosto. È meglio che scappi -. Scappò e lasciò li i denari. Cecino col sacco dei denari in testa se ne andò a casa e bussò. Sua madre apri e vide solo il sacco di denari. - È, Cecíno! - disse. Alzò il sacco e sotto c'era suo figlio e l'abbracciò.


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