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Il linguaggio degli animali e la moglie curiosa
Author | Italo Calvino |
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Book Title | Fiabe italiane |
Publication Date | 1956 |
ATU | 670 |
Language | Italian |
Origin | Italy |
Una volta c'era un giovane maritato, che non potendo più trovar da campare dalle sue parti emigrò in un altro paese e si mise a servizio da un prete. Un giorno, lavorando in campagna, trovò un grosso fungo, e lo portò al suo padrone. E il prete gli disse: - Torna in quello stesso posto domani, e scava dov'era il fungo, e quel che trovi portamelo.
Il contadino scavò e trovò due vipere. Le ammazzò e le portò al padrone. Quel giorno al prete avevano portato delle anguille, così disse alla serva: - Dàgli da mangiare, a quel giovane, prendi le due anguille più sottili e friggigliele -. La serva si sbagliò: frisse le vipere e le servì al contadino. Il contadino le mangiò e gli piacquero.
Finito che ebbe di mangiare, c'erano lì la gatta e il cane del prete, e il contadino sentì che parlavano. Il cane diceva: - Io devo avere più carne di te, - e la gatta: - No, sono io che ne devo avere di più.
- Io vado fuori col padrone, - diceva il cane, - e tu stai a casa. Quindi devo mangiare di più io.
- Se esci col padrone è il tuo mestiere, - diceva la gatta, - come il mio è restare in casa.
Il contadino capì che mangiando le due vipere aveva acquistato la virtù di capire il linguaggio degli animali.
Scese nella stalla per dare l'orzo alle mule, e le mule parlavano tra loro. - A me, - diceva la mula capo- redine, - mi deve dare più orzo di te, perché io lo porto a cavallo.
E l'altra mula diceva: - Quanto ne dà a te, tanto ne deve dare a me, perché io porto il carico.
Il contadino sentendo questi discorsi, divise l'orzo in parti uguali. - Vedi che lui fa giusto, come dicevo io? - disse la seconda mula.
Il contadino tornò su e la gatta gli venne incontro, e gli parlò: - Sta' a sentire, - disse, - so che tu capisci quando parliamo. Guarda che il padrone ha cercato le vipere e la serva gli ha detto che per sbaglio le ha fatte mangiare a te, e ora il padrone vuole sapere se tu hai preso la virtù di sentir parlare gli animali, perché lui l'ha letto in un libro d'incantesimi, e te lo domanderà e tu devi rispondergli di no, e lui insisterà e tu devi sempre dire di no, perché se glielo dici, muori e la virtù passa al padrone.
Il contadino, così avvertito, non volle dire nulla al prete, per quante domande questi gli facesse. Finché il prete si stancò e lo mandò via. Per strada, incontrò un gregge. I pecorai era disperati, perché ogni notte gli veniva a mancare qualche pecora. - Quanto mi date se non ve ne faccio mancare più? - chiese il contadino. Rispose il curatolo: - Quando vediamo che non ne mancano più, ti diamo una giumenta e una mula giovane -. Il contadino rimase con il gregge, e la sera si coricò fuori, nel pagliaio. A mezzanotte sentì parlare: erano i lupi, che chiamavano i cani: - O compare Vito! (Nota 1 "Si ricordi che san Vito è il protettore de' cani" (Pitrè).) .
E i cani rispondevano: - O compare Cola!
- Possiamo venire per pecore?
- No, non potete, - rispondevano i cani, - c'è un pastore coricato fuori.
Così per otto giorni, il contadino dormì fuori e sentiva i cani avvertire i lupi che non s'avvicinassero; così al mattino non mancavano mai pecore. Al nono giorno fece ammazzare i cani traditori e mettere di guardia nuovi cani. Alla sera i lupi gridarono ancora: - O compare Vito, possiamo venire? - E i nuovi cani risposero: - Sì, venite, i vostri amici li hanno ammazzati, noi abbaiamo e per voi ci sarà polvere e palle.
L'indomani i pastori diedero al contadino una giumenta e una mula giovane e lui partì. Arrivato a casa, la moglie gli domandò di chi erano quelle due bestie. - Nostre, sono, - disse lui.
- E come le hai avute?
Ma il marito non le spiegò niente e stette zitto.
A un paese vicino c'era la fiera, il contadino decise d'andarci con la moglie. Si misero tutti e due a cavallo della giumenta, e la mula andava dietro. - Mamma, aspettami! - diceva la mula. E la cavalla: - Dài, cammina, che tu sei leggera e io ho due persone in groppa!
A sentir questo discorso il contadino scoppiò a ridere. La moglie, curiosa, gli disse: - Perché ridi? E il marito: - Così. Per niente.
- Dimmi subito perché ridi, se no scendo e me ne torno a casa.
E il marito: - Be', te lo dirò arrivati al Santo.
Arrivarono al Santo, e la moglie ricominciò: - Adesso devi dirmi perché ridevi. Eh, perché ridevi?
E lui: - Te lo dirò tornati a casa.
La moglie allora non volle più andare alla fiera per tornare a casa immantinenti. E una volta a casa: -
Ora me lo dici.
- Va' a chiamare il confessore, - disse il marito, - e poi te lo dico.
La moglie, tutta in affanno, si mette il velo e va a chiamare il confessore e se lo porta a casa di gran corsa.
Il marito aspettava il confessore, e pensava: "Ora mi tocca dirglielo, e morirò. Triste destino! Ma prima mi confesserò e prenderò la comunione, così morirò in pace".
E mulinando questi pensieri, buttava un po' di crusca alle galline. Le galline si affollavano per beccare la crusca, ma il gallo con un balzo e un batter d'ali era sopra a loro e le cacciava via. Il contadino chiese al gallo: - Perché non lasci mangiare le galline?
E il gallo: - Le galline devono fare come voglio io, anche se sono in tante; non come te che hai una moglie sola e ti riduci a fare quel che vuole lei, e ora le dirai che intendi il nostro linguaggio e morirai.
Il contadino ci pensò su, poi disse al gallo: - Tu hai più cervello di me.
Prese la cinghia, la bagnò, s'assicurò che fosse bella flessibile, e si mise ad aspettare. Torna sua moglie, e fa: - Ora arriva il confessore: dimmi perché ridevi.
Il marito prende la cinghia e giù cinghiate, fino a lasciarla più morta che viva. Arriva il prete: - Chi si vuole confessare?
- Mia moglie.
Il prete mangiò la foglia e se ne andò. Dopo un po' la moglie rinvenne, e il marito le disse: - Hai sentito cosa dovevo dirti, moglie?
E lei: - Non voglio sapere più niente. E da quel giorno non fu più curiosa.
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