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L'erba dei leoni
Author | Italo Calvino |
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Book Title | Fiabe italiane |
Publication Date | 1956 |
ATU | 612 |
Language | Italian |
Origin | Italy |
C'era un mastro d'ascia che aveva una figliola, bella infinita, ma erano poveri assai. Questa ragazza si chiamava Mariaorsola, e poiché era così bella suo padre non la lasciava mai uscire né affacciare alla finestra. Dirimpetto al mastro d'ascia abitava un mercante, che era molto ricco e aveva un figlio maschio. A questo figlio maschio venne all'orecchio che il mastro d'ascia aveva una figlia, e andò a casa del mastro d'ascia. - Mastr'Antò, mi fate un tavolo?
- Portami il legno, - gli disse l'uomo, - e io ti farò il tavolo; perché non ho nemmeno i soldi per comprarlo.
Il ragazzo di nascosto dai genitori che non volevano che entrasse in casa di gente così povera, gli portò il legno e sempre dava occhiate in casa per cercar di vedere Mariaorsola. Lei credeva che se ne fosse già andato, e si fece sulla scala. Peppino la vide e se n'innamorò.
- Mastr'Antò, - disse al mastro d'ascia. - Vi chiedo Mariaorsola in moglie.
- Ragazzo mio, - disse l'uomo, - non burlarti di noi, Mariaorsola è troppo povera e tuo babbo e tua mamma non la vorranno.
- Non sono qui per burlare, - disse Peppino, - non v'incaricate di mio babbo e di mia mamma. Io sono contento di Mariaorsola e me la sposerò.
Così fecero il contratto di nozze, all'insaputa del babbo e della mamma di Peppino.
Ma la mamma di Peppino, dalla gente della strada, venne a sapere che il figlio era sposo novello e lo disse subito al marito.
- Come si fa? Dobbiamo imbarcarlo! - disse il mercante.
Quando alla sera venne Peppino, gli disse: - Vedi che io sono vecchio, e bisogna andare in Continente a portare le mercanzie.
- Ebbene, - disse il figlio, - quando volete che vada ditemelo.
Il giorno dopo che Peppino disse a Mariaorsola: - Sai? Devo partire, - la sposa scoppiò a piangere. Lui le lasciò una manciata di danari. - Sta' tranquilla e allegra, e non dimenticarti mai di me.
L'indomani uscì da casa sua per partire, e Mariaorsola s'affacciò appena appena alla finestra e sentì Peppino che diceva alla gente in strada: - State sani, io parto e tornerò di qui a un anno.
A sentir la voce di Peppino, a Mariaorsola prese uno svenimento. Si mise a letto, e da quel giorno che partì Peppino in poi stette sempre tra la morte e la vita.
Dopo un anno Peppino arrivò a Porto Torres e mandò subito una lettera a casa sua dicendo che era arrivato e che mandassero un carro per scaricare le mercanzie. Gli vennero incontro il babbo, la mamma, gli amici. Dopo che li ebbe salutati, subito domandò: - E nella nostra strada, sono sani tutti?
- Tutti sani, - gli risposero, - tranne Mariaorsola, la figlia di Mastr'Antonio, che se non è morta è lì lì per morire. Da quando Vossignoria è partito, non si è mai alzata dal letto.
A Peppino prese uno svenimento. Lo misero in carrozza, lo portarono a casa, chiamarono il dottore. Era malato del dispiacere per Mariaorsola, ma il dottore non capiva che malattia avesse, e sua madre si disperava.
Bisogna sapere che Peppino, prima di partire, s'era confidato sul suo matrimonio con due amici affezionati. E questi amici andarono dal dottore e gli dissero: - Guardi che quel giovane è sposo novello, all'insaputa di sua mamma e di suo babbo, e la sua sposa è malata grave da quando lui è partito. Ed è questo il dispiacere che lui ha: e finché non avrà quella giovane, non guarirà mai.
Il dottore andò a dirlo alla mamma e al babbo. - Come facciamo? - disse il babbo a sua moglie, che a sentire dello sposalizio di suo figlio con una povera era ancora più disperata.
- Per vedercelo morire, è meglio vederlo sposato a questa figlia del mastro d'ascia, - disse la madre, e mandò a chiedere notizie di come stava Mariaorsola.
- Mariaorsola sta morendo, - le disse la madre della sposa. - Da tanto tempo che era malata, mai me ne avete chiesto, e ora che sta per morire ve ne ricordate!
- E io voglio portarla a casa mia, - disse la madre di Peppino.
- La lasci stare, che sta morendo.
Ma la madre di Peppino tanto disse e tanto fece che levò dal letto Mariaorsola, la portò a casa sua e la fece coricare su un sofà davanti al letto di Peppino.
- Peppino, - lo chiamò sua mamma, - guarda Mariaorsola tua.
Peppino, a quelle parole, cominciò a riaversi e si levò. - Mariaorsola!
Mariaorsola vedendo Peppino al suo capezzale cominciò a riaversi lei pure.
Così guarirono. E quando furono ben sani celebrarono le nozze e si volevano bene immensamente. Dopo qualche tempo di vita felice, Mariaorsola cadde malata. - Senti, Peppino, - disse, - se muoio mi devi recitare l'uffizio dei morti presente il corpo -. Ed ecco che morì.
La portarono via e Peppino s'era dimenticato di recitarle l'uffizio.
Alla notte gli venne in mente. "Eh! Mi sono scordato!", e subito corse in chiesa, bussò. Il sagrestano:
- E che c'è?
E lui: - Fa' il piacere, scendi -. E quando fu sceso: - Aprimi la tomba di quella defunta, e ti do dieci scudi.
- Come faccio? E se lo sanno?
- Non lo saprà nessuno. È buio.
Così gli aprì la tomba e lo lasciò solo. Peppino si inginocchiò e cominciò a recitare l'uffizio. Mentre recitava sente dei ruggiti e nella chiesa entrano due leoni. I leoni si mettono a far la lotta tra di loro. Un leone atterra l'altro, lo morde, lo morde, lo morde e l'ha ucciso. Il leone vivo allora corre a strappare dell'erba che cresceva lì nel chiostro della chiesa, alza le labbra del leone morto, e gli frega l'erba sui denti. Il leone morto torna in vita e insieme i due leoni corrono via.
Peppino, intanto, aveva terminato di recitare l'uffizio, e si disse: "Vediamo se faccio tornare in vita Mariaorsola!" Prese un po' di quell'erba, sfregò i denti della morta e lei s'alzò. - Che hai fatto, Peppino? - gli disse. - Io godevo la gloria!
Peppino le diede il suo mantello e la prese a braccio.
- Cos'è? Cos'è che fai? Porti via la defunta? - disse il sagrestano.
- Lasciami andare, che mia moglie è viva!
La portò a casa, la mise a letto, e a forza di panni caldi le ridiede calore. Poi s'addormentò accanto a lei.
Saranno state le sette quando la mamma andò a bussare alla porta. - Chi è? - disse Mariaorsola.
A sentire la voce della morta la suocera cadde dalle scale, batté il capo e morì.
Dopo un po' andò la serva, bussò, e Mariaorsola: - Chi è? Siete sempre lì a bussare?
La serva anche lei dallo spavento cadde dalla scala e batté il capo e restò morta.
Quando si svegliò Peppino, Mariaorsola gli disse: - In questa casa non si può dormire. Bussano sempre dalla porta.
- E tu hai risposto?
- Sì che ho risposto.
- Cos'hai fatto? Loro credono che tu sia morta!
Peppino aperse la porta e vide la madre e la serva morte in fondo alla scala. "Ah! Che disgrazia è successa! - si disse. - Ma silenzio, per non spaventare mia moglie!" E con l'erba dei leoni fece ritornare in vita le due donne morte.
Mariaorsola quando era malata aveva fatto voto d'andare a San Gavino (Nota 1 S. Bainzu: San Gavino, chiesa di Porto Torres.) . E disse al marito: - Domani andiamo a San Gavino.
Si misero in strada e dopo un po', lei disse: - Peppino, ho dimenticato l'anello sul davanzale.
- Eh, andiamo, andiamo.
- No, vallo a prendere, che se viene un po' di vento lo butta giù.
- Vado, ma tu, mi raccomando, non t'avvicinare al mare, perché c'è la barca del Re di Moscovia -. E tornò indietro.
Mariaorsola invece s'avvicinò al mare, e c'era il Re di Moscovia che l'acchiappò e la portò via. Quando Peppino tornò con l'anello, cerca cerca Mariaorsola e non la trova. Allora si buttò in mare e si mise a nuotare. Vide un bastimento e sventolò un fazzoletto bianco.
- Presto, c'è un uomo in mare! - disse il padrone del bastimento. Lo presero a bordo e Peppino chiese: - Avete visto il bastimento del Re di Moscovia?
- No, non l'abbiamo visto.
- Fatemi il piacere, portatemi in Moscovia.
In Moscovia, c'era Mariaorsola vestita da regina. Peppino appena la vide le fece un sorriso, e lei si voltò dall'altra parte. Peppino non sapeva come fare ad avvicinarla. S'offerse al Re come cameriere e fu preso per servire a tavola. La trovò sola a tavola e le disse: - Eh! Mariaorsola mia, non mi riconosci più!
Lei gli fece il muso torvo e gli voltò la schiena; e già pensava come fare per perderlo. Disse a un paggio del Re: - Prendi tutte queste posate d'argento e mettile in tasca a quel cameriere.
Quelle posate non si trovavano più e lei disse: - Frugate questo cameriere!
Così le posate furono trovate in tasca a Peppino. - Era questo il ladro di casa. Imprigionatelo e poi sia impiccato davanti alle mie finestre!
Peppino aveva con sé ancora di quell'erba dei leoni e quando lo portarono alla forca disse al confessore: - Io sono innocente e quando m'impiccano domando la grazia che non mi tronchino l'osso del collo e che vossignoria si porti il mio cadavere a casa sua e mi freghi sotto le labbra con quest'erba: io ritornerò in vita.
Il confessore, all'ora stabilita, disse al boia: - Bada, non devi troncargli l'osso del collo -. Poi domandò al Re di portarsi a casa il cadavere. Il boia lo impiccò badando che l'osso del collo non si rompesse, e il confessore si portò il cadavere al convento. Appena ebbe l'erba sui denti, Peppino ritornò in vita, e ringraziato il confessore, si mise in via.
Andò al paese del Re delle Sette Corone. La moglie del Re delle Sette Corone era morta e il palazzo era parato a lutto.
- Voglio salire a Palazzo, - disse Peppino alla sentinella.
- Sì che vogliono a voi, a Palazzo, adesso! - rispose la sentinella.
- E voi ditegli che voglio salire.
Tanto fece che lo lasciarono salire. - Maestà voglio restar solo con la defunta -. E il Re fece uscir tutti fuori.
Peppino chiuse la stanza, calò la morta dal catafalco, la sdraiò sul letto, e le mise quell'erba tra le labbra; si riebbe e tornò viva. Peppino aperse la porta. - Maestà, ecco vostra moglie -. Subito fu tolto il lutto dal palazzo e cominciarono i festini.
Da quel giorno il Re prese a tenere Peppino sempre accanto a sé e un giorno gli disse: - Peppino, sono vecchio, tu ora sei nostro figliolo e ti voglio dare le mie sette corone.
E Peppino: - Quando s'incorona il Re delle Sette Corone chi sono i Re che ci vengono?
- Ci vengono: il Re di Spagna, il Re d'Italia, il Re di Francia, il Re di Portogallo, il Re d'Inghilterra, il Re d'Austria, il Re di Moscovia. Questi sono i sette Re che incoronano il Re delle Sette Corone.
- Prenderò le sette corone, - disse Peppino.
Furono mandati gli inviti, e il Re di Moscovia si preparò al viaggio. Sua moglie che era Mariaorsola, si fece un vestito numero uno, e così arrivarono al palazzo del Re delle Sette Corone.
Nella sala, in mezzo a tutti quei Re e Regine, Peppino riconobbe subito Mariaorsola, ma lei non riconobbe lui. Dopo l'incoronazione ci fu il pranzo. Dopo il pranzo, disse Peppino, con le sette corone in capo: - Ora ognuno deve raccontare una storia.
E così uno per volta cominciarono a raccontare. Quando toccò a Peppino: - Adesso racconto la mia. Nessuno s'alzi da tavola finché non ho finito -. E raccontò tutta la sua storia, da quando s'era sposato Mariaorsola. Mariaorsola pareva stare sui carboni accesi. Diceva che aveva mal di capo, che voleva uscire, ma Peppino: - Nessuno s'alzi!
Finito il racconto, disse al Re di Moscovia: - E cosa si meriterebbe una donna come questa?
- Prima impiccarla, - disse il Re di Moscovia, - poi bruciarla, poi gettare le ceneri per aria.
- Così sia fatto, - disse Peppino, - arrestate la moglie del Re di Moscovia, - e fu subito strozzata. E lui restò Re delle Sette Corone.
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