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Prezzemolina
Author | Italo Calvino |
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Book Title | Fiabe italiane |
Publication Date | 1956 |
ATU | 302 |
Language | Italian |
Origin | Italy |
C'era una volta marito e moglie che stavano in una bella casina. E questa casina aveva una finestra che dava sull'orto delle Fate.
La donna aspettava un bambino, e aveva voglia di prezzemolo. S'affaccia alla finestra e nell'orto delle Fate vede tutto un prato di prezzemolo. Aspetta che le Fate siano uscite, prende una scala di seta e cala nell'orto. Fatta una bella scorpacciata di prezzemolo, risale per la scala di seta e chiude la finestra.
L'indomani, lo stesso. Mangia oggi, mangia domani, le Fate, passeggiando nel giardino, cominciarono ad accorgersi che il prezzemolo era quasi tutto andato.
- Sapete cosa facciamo? - disse una delle Fate. - Fingiamo d'esser uscite tutte, e una di noi invece resterà nascosta. Così vedremo chi viene a rubare il prezzemolo.
Quando la donna scese nell'orto, ecco che saltò fuori una Fata. - Ah, briccona! T'ho scoperta, finalmente!
- Abbiate pazienza, - disse la donna, - ho voglia di prezzemolo perché aspetto un bambino...
- Ti perdoniamo, - disse la Fata. - Però se avrai un bambino gli metterai nome Prezzemolino, se avrai una bambina le metterai nome Prezzemolina. E appena sarà grande, bambino o bambina che sia, lo prenderemo con noi!
La donna scoppiò a piangere e tornò a casa. Il marito, appena seppe del patto con le Fate andò su tutte le furie: - Golosaccia! Hai visto?
Nacque una bambina, Prezzemolina. E col tempo, i genitori non pensarono più al patto con le Fate. Quando Prezzemolina fu grandetta, cominciò ad andare a scuola. E mentre tornava a casa, tutti i giorni, incontrava le Fate, che le dicevano: - Bambina, di' alla mamma che si ricordi quel che ci deve dare.
- Mamma, - diceva la Prezzemolina, tornando a casa, - le Fate dicono che dovete ricordarvi quel che gli dovete dare -. La mamma si sentiva un groppo al cuore e non rispondeva niente.
Un giorno la mamma era distratta. Tornò Prezzemolina da scuola e disse: - Dicono le Fate che vi ricordiate quel che gli dovete dare, - e la mamma, senza pensare, disse: - Sì, di' che la piglino pure.
L'indomani la bambina andò a scuola. - Allora, se ne ricorda, tua mamma? - chiesero le Fate.
- Sì, dice che potete prendere quella cosa che vi deve dare.
Le Fate non se lo fecero dire due volte. Afferrarono Prezzemolina e via.
La mamma, non vedendola tornare, era sempre più in pensiero. A un tratto si ricordò della frase che le aveva detto, e disse: - O me disgraziata! Ora non si può più tornare indietro!
Le Fate portarono Prezzemolina a casa loro, le mostrarono una stanza nera nera dove tenevano il carbone, e dissero: - Vedi, Prezzemolina, questa stanza? Quando torniamo stasera dev'essere bianca come il latte e dipinta con tutti gli uccelli dell'aria. Se no ti mangiamo -. Se ne andarono e lasciarono Prezzemolina disperata, tutta in lacrime.
Bussano alla porta. Prezzemolina va ad aprire, sicura che siano già le Fate di ritorno e che sia giunta la sua ora. Invece entrò Memé, cugino delle Fate. - Che hai che piangi, Prezzemolina? - chiese.
- Piangereste anche voi, - disse Prezzemolina, - se aveste questa stanza nera nera da far bianca come il latte e dipingerla con tutti gli uccelli dell'aria, prima che tornino le Fate! E se no mi mangiano!
- Se mi dài un bacio, - disse Memé, - faccio tutto io.
E Prezzemolina rispose: Preferisco dalle Fate esser mangiata / Piuttosto che da un uomo esser baciata.
- La risposta è così graziosa, - disse Memé, - che farò tutto io lo stesso.
Batté la bacchetta magica, e la stanza divenne tutta bianca e tutta uccelli, come avevano detto le Fate. Memé andò via e le Fate tornarono. - Allora, Prezzemolina, l'hai fatto?
- Sissignora, vengano a vedere.
Le Fate si guardarono tra loro. - Di' la verità, Prezzemolina, qui c'è stato nostro cugino Memé.
E Prezzemolina: Non ho visto il cugino Memé / Né la mia mamma bella che mi fé.
L'indomani le Fate tennero conciliabolo. - Come facciamo a mangiarcela? Mah! Prezzemolina!
- Cosa comandano?
- Domattina devi andare dalla Fata Morgana e le devi dire che ti dia la scatola del Bel-Giullare.
- Sissignora, - rispose Prezzemolina, e la mattina si mise in viaggio. Cammina cammina, trovò Memé cugino delle Fate che le chiese: - Dove vai?
- Dalla Fata Morgana, a prendere la scatola del Bel-Giullare.
- Ma non sai che ti mangia?
- Meglio per me, così sarà finita.
- Tieni, - disse Memé, - queste due pentole di lardo; troverai una porta che batte i battenti, ungila e ti lascerà passare. Poi tieni questi due pani; troverai due cani che si mordono l'uno con l'altro; buttagli i pani e ti lasceranno passare. Poi tieni questo spago e questa lesina; troverai un ciabattino che per cucire le scarpe si strappa la barba e i capelli; daglieli e ti lascerà passare. Poi tieni queste scope; troverai una fornaia che spazza il forno con le mani, dagliele e ti lascerà passare. Bada solo di far svelta.
Prezzemolina prese lardo, pani, spago, scope e li diede alla porta, ai cani, al ciabattino, alla fornaia; e tutti la ringraziarono. Trovò una piazza, e nella piazza c'era il palazzo della Fata Morgana. Prezzemolina bussò.
- Aspetta, bambina, - disse la Fata Morgana, - aspetta un poco -. Ma Prezzemolina che sapeva che doveva far svelta, corse su per due rampe di scale, vide la scatola del Bel-Giullare, la prese, e via di corsa.
La Fata Morgana, sentendola scappare, s'affacciò alla finestra. - Fornaia che spazzi il forno con le mani, ferma quella bambina, fermala!
- Fossi matta! Dopo tanti anni che fatico, mi ha dato le scope per spazzare il forno!
- Ciabattino che cuci le scarpe con la barba e i capelli! Ferma quella bambina, fermala! - Fossi matto! Dopo tanti anni che fatico, m'ha dato lesina e spago!
- Cani che vi mordete! Fermate quella bambina!
- Fossimo matti! Ci ha dato un pane per uno!
- Porta che sbatti! Ferma quella bambina!
- Fossi matta! M'ha unta da capo a piedi!
E Prezzemolina passò. Appena fu in salvo, si domandò: "Cosa ci sarà in questa scatola del Bel-
Giullare?" e non seppe resistere alla tentazione d'aprirla.
Ne saltò fuori tutto un corteo d'omini piccini piccini, un corteo con la banda, che andava avanti a suon di musica e non si fermava più. Prezzemolina voleva farli tornare nella scatola, ma ne prendeva uno e gliene scappavano dieci. Scoppiò in singhiozzi, e proprio in quel momento arrivò Memé.
- Curiosaccia! - disse. - Vedi quel che hai combinato?
- Oh, volevo solo vedere...
- Adesso non c'è più rimedio. Ma se tu mi dài un bacio, io rimedierò.
E lei: Preferisco dalle Fate esser mangiata / Piuttosto che da un uomo esser baciata.
- L'hai detto così per benino che rimedierò io lo stesso -. Batté la bacchetta magica e tutti gli omini tornarono nella scatola del Bel-Giullare.
Le Fate, quando sentirono Prezzemolina picchiare all'uscio, ci restarono male. - Come mai la Fata
Morgana non se l'è mangiata?
- Felice giorno, - disse lei. - Ecco la scatola.
- Ah, brava... E cosa t'ha detto la Fata Morgana?
- M'ha detto di farvi tanti saluti.
- Abbiamo capito! - dissero le Fate tra loro. - Dobbiamo mangiarcela noi -. Alla sera, venne a trovarle
Memé. - Sai, Memé? - gli dissero. - La Fata Morgana non s'è mangiata Prezzemolina. Dobbiamo mangiarcela noi.
- Oh, bene! - fece Memé. - Oh, bene!
- Domani, quando avrà fatto tutte le faccende di casa, le faremo mettere al fuoco una caldaia di quelle grandi da bucato. E quando bollirà la prenderemo e la butteremo dentro.
- E sì, e sì, - disse lui, - resta inteso così, è una buona idea.
Quando le Fate furono uscite, Memé andò da Prezzemolina. - Sai, Prezzemolina? Ti vogliono buttare nella caldaia, quando bolle. Ma tu devi dire che manca la legna e che vai in cantina a prenderla. Poi verrò io.
Così le Fate dissero a Prezzemolina che bisognava fare il bucato, e che mettesse la caldaia al fuoco. Lei accese il fuoco, poi disse: - Ma non c'è quasi più legna.
- Va' a prenderla in cantina.
Prezzemolina scese, e sentì: - Sono qua io, Prezzemolina -. C'era Memé che la prese per mano.
La condusse in un posto in fondo alla cantina dove c'erano tanti lumi. - Queste sono le anime delle
Fate. Soffia! - Si misero a soffiare e ogni lume che si spegneva era una Fata che moriva.
Rimase solo un lume, il più grosso di tutti. - Questa è l'anima della Fata Morgana! - Si misero a soffiare insieme con tutte le loro forze, finché non lo spensero, e così rimasero padroni d'ogni cosa.
- Ora sarai mia sposa, - disse Memé e finalmente Prezzemolina gli diede un bacio.
Andarono al palazzo della Fata Morgana; del ciabattino ne fecero un duca, della fornaia una marchesa; i cani li tennero con loro al palazzo e la porta la lasciarono lì badando a ungerla ogni tanto. Così vissero e godettero, / Sempre in pace se ne stettero / Ed a me nulla mi dettero.
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