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L'arte di Franceschiello

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
LanguageItalian
OriginItaly

Una mamma aveva un figlio solo, Franceschiello, e voleva che imparasse qualche arte. E il figlio rispondeva: - Voi trovatemi il maestro e io imparerò l'arte -. La mamma per maestro gli trovò un fabbroferraio.

Franceschiello andò a lavorare dal fabbroferraio e gli successe di darsi una martellata su una mano. Tornò dalla mamma. - Mamma, trovatemi un altro maestro, ché quest'arte non fa per me.

La mamma gli cercò un altro maestro e trovò un ciabattino. Franceschiello lavorò dal ciabattino e gli successe che si diede la lesina in una mano. Tornò dalla madre: - Mamma, trovatemi un altro maestro, ché neanche quest'arte fa per me.

Gli rispose la madre: - Figlio mio, mi restano solo dieci ducati. Se tu impari l'arte va bene, se no non so più che farti.

- Se è così, mamma, - disse Franceschiello, - è meglio che tu mi dia questi dieci ducati e io me ne vada per il mondo a vedere se imparo un'arte per conto mio.

La madre gli diede i dieci ducati e Franceschiello si mise in cammino. Strada facendo in mezzo a un bosco, sbucano fuori quattro armati e gridano: - Faccia a terra!

E Franceschiello: - Faccia a terra come?

E quelli: - Faccia a terra!

E Franceschiello: - Fatemi vedere voi come mi devo mettere.

Il capo dei briganti pensò: "Questo è uno più duro di noi. Se lo pigliassimo nella nostra compagnia?"

E gli chiese: - Giovanotto, ci verresti insieme a noi?

- Che arte m'insegnate? - disse Franceschiello.

- La nostra arte, - disse il capo-brigante, - è l'arte onorata. Andiamo incontro alla gente, e se non ci vogliono dare i quattrini li stendiamo morti. Poi mangiamo, beviamo e andiamo a spasso.

E Franceschiello si mise a batter le strade con la compagnia. Dopo un anno, il capo morì, e fu fatto capo Franceschiello. Un giorno comandò a tutta la compagnia d'andare in giro e restò solo a guardia del bottino. Gli venne un'idea: "Con tutti i quattrini che c'è qui, potrei caricarmi un mulo, andarmene e non farmi più vedere". E così fece.

Arrivò a casa di sua madre e bussò: - Mamma, apritemi! - La madre aprì e si trovò davanti il figlio che teneva un mulo per la cavezza, e subito si mise a scaricare sacchi di quattrini.

- Ma che arte hai imparato? - gli chiese subito la madre.

- L'arte onorata, mamma, un'arte buona. Si mangia, si beve e si va a spasso.

La madre, che non se n'intendeva, credette che fosse un'arte buona e non gli domandò più niente.

Bisogna sapere che essa aveva per compare l'Arciprete. L'indomani andò a trovare quest'Arciprete e gli disse: - Compare, sai, è tornato il comparuccio tuo!

- E allora, - disse il compare, - l'ha imparata un'arte?

- Sì, - fece la madre, - ha imparato l'arte onorata: si mangia, si beve e si va a spasso. E ha guadagnato un mulo di quattrini.

- Ah sì, - fece l'Arciprete, che la sapeva lunga, - be', fammelo rivedere, che gli voglio un po' parlare... Franceschiello andò a trovarlo. - Allora, comparuccio, è vero che hai imparato una buona arte?

- Signorsì.

- Be', se è vero che l'hai imparata buona, dobbiamo fare una scommessa.

- E che scommessa?

- Io ho dodici pastori e venti cani. Se tu riesci a portarmi via un castrato dalla mandria, ti do cento ducati.

E Franceschiello: - Compare, se hai dodici pastori e i cani, come vuoi che faccia? Mah, che volete che vi dica? Proviamo.

Si vestì da monaco e andò dai pastori. - Ve', pastori, tenete i cani, sono un povero sacerdote.

I pastori legarono i cani. - Vieni, vieni, zi' monaco, vienti a scaldare con noialtri.

Franceschiello si sedette accanto al fuoco coi pastori, trasse di tasca un pezzo di pane e si mise a mangiare. Poi si sfilò da tracolla una fiaschetta e fece finta di bere (fece solo finta, perché era vino coll'oppio). Disse un pastore: - Alla buonora, zi' monaco, mangi e bevi e non inviti nessuno?

- Padrone! - disse Franceschiello. - A me basta un sorso -. E gli porse la fiaschetta. Bevve il pastore, bevvero pure gli altri e quand'ebbero bevuto cominciò a prenderli il sonno. - Proprio ora che volevamo discorrere un po' con lo zi' monaco, a voialtri vi piglia sonno! - disse l'unico che era rimasto sveglio; non aveva ancora finito di dirlo, che prese sonno anche a lui, e s'abbatté a dormire.

Quando Franceschiello vide che dormivano della grossa tutti e dodici, li spogliò uno per uno e li rivestì tutti da monaci. Prese il castrato più grosso, e andò via. A casa, uccise il castrato e lo fece arrosto; e una coscia la mandò all'Arciprete.

Quando i pastori si svegliarono e si videro vestiti da monaci, capirono subito d'esser stati derubati. - E ora, - dissero, - come andremo a dirlo al padrone?

- Vacci tu, - disse uno. - Vacci tu, - disse l'altro. Ma nessuno ci voleva andare. Allora decisero d'andarci tutti e dodici insieme. Bussarono. S'affacciò la serva e disse: - Sor padrone, c'è pieno di monaci che vogliono entrare!

E l'Arciprete: - Stamattina ho l'uffizio; digli che se ne vadano.

- Aprite, aprite! - gridarono i pastori. E finalmente entrarono tutti quanti.

Quando l'Arciprete vide i suoi pastori vestiti da monaci capì che doveva esser un tiro di

Franceschiello e disse fra sé: "Allora è vero che ha imparato l'arte!" Lo mandò a chiamare e gli diede i cento ducati.

- Ora però, compare, - gli disse, - datemi la rivincita. Scommettiamo duecento ducati. C'è una chiesa in campagna, della nostra parrocchia. Se riesci a prendere una qualsiasi cosa da quella chiesa, vinci. Ti do otto giorni di tempo.

- Va bene, - disse Franceschiello.

L'Arciprete mandò a chiamare il romito che stava a quella chiesa, e gli disse: - Ve', sta' attento; verrà uno a portar via qualcosa in chiesa. Fa' la guardia di giorno e di notte.

Il romito rispose: - Non dubitare, sor padrone! Armami bene, e ci penso io.

Franceschiello lasciò passare sette giorni e sette notti. All'ultima sera cominciò ad avvicinarsi alla chiesa, e si nascose dietro un angolo. Il romito, che, poveretto, erano sette giorni e sette notti che non dormiva s'affacciò alla porta e si mise a dire: - Per sette notti non è venuto. Stanotte è l'ultima. Son suonate le sei e non s'è visto. Segno che non si fida di venire. Mah! Andrò a fare i miei bisogni e poi me ne andrò a dormire.

Uscì per fare i suoi bisogni, e Franceschiello, che aveva sentito tutto, svelto come un gatto, si cacciò dentro la chiesa. Rientrò il romito, sbarrò le porte, e poi, morto di sonno com'era, si buttò giù in mezzo alla chiesa e s'addormentò. Franceschiello allora prese tutte le statue della chiesa e gliele mise intorno; vicino ai piedi gli mise un sacco; poi si vestì da prete, salì sull'altare e cominciò a predicare: - Romito che stai in questa chiesa, è tempo che tu sia salvato!

Il romito non si svegliava.

- Romito che stai in questa chiesa, ora è tempo che tu sia salvato!

Il romito si svegliò e si vide intorno tutti quei santi. - Santità, - disse, - Santità! lasciate che vi preghi! cosa devo fare?

E Franceschiello: - Entra nel sacco, ché or è tempo che tu sia salvato!

Il povero romito si cacciò nel sacco. Franceschiello scese dall'altare, si mise il sacco in spalle e via.

Andò a casa dell'Arciprete e gli buttò il sacco in mezzo alla stanza. Il romito da dentro fece: - Ih! - Compare, ecco! Guardate cos'ho portato via dalla chiesa.

L'Arciprete aperse il sacco e si trovò faccia a faccia col romito.

- Compare Franceschiello, - disse l'Arciprete, - eccoti duecento ducati. Vedo che l'arte l'hai imparata bene. È meglio che siamo amici, se no metterai nel sacco pure me.


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