calvino-133

Le Principesse maritate al primo che passa

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU552
LanguageItalian
OriginItaly

C'era una volta un Re con quattro figli: tre femmine e un maschio, che era il Principe ereditario. Venuto in agonia il Re chiamò il Principe e gli disse: - Figlio, io muoio: quel che ti comando dovrai farlo. Quando le tue sorelle saranno giunte all'età di maritarsi devi farle affacciare al balcone, e il primo che passerà per strada dovrai darlo loro per marito, sia villano, maestro o galantuomo.

Quando la più grande venne in età di marito si mise al balcone. Passò un uomo a piedi scalzi.

- Amico, fermatevi un momento.

- Cosa comanda, Maestà? - disse l'uomo. - Mi lasci andare, che ho i porci chiusi in stalla e devo portarli a pascolare.

- Siediti: abbiamo da dirci due parole in confidenza. Ti devo dare mia sorella maggiore per moglie.

- Vostra Maestà vuol scherzare: io non sono che un povero porcaro.

- E sposerai mia sorella, perché sia fatta la volontà di mio padre.

Così la Principessa e il porcaro si sposarono e lasciarono il palazzo.

Ecco che venne l'ora di sposare la seconda sorella. La mise al balcone, e il primo che passò lo chiamò in casa.

- Vostra Maestà mi lasci andare. Ho teso i lacciuoli e devo andare a vedere se ci si sono impigliati degli uccelli.

- Non importa, sali un momento che t'ho da parlare.

E gli propose di sposare la sorella. - Maestà, come è possibile? - disse l'uomo, - sono un povero uccellatore, non posso imparentarmi con un Re.

- Così ha decretato mio padre, - disse il giovane Re, e la seconda sorella fu data in moglie all'uccellatore e partì con lui.

Quando la terza sorella si mise al balcone, passò un beccamorto, e il fratello, per quanto a malincuore, perché era molto affezionato alla sorella minore, la mandò sposa al beccamorto.

Rimasto solo nel palazzo, senza più le sorelle, il giovane Re pensò: "Vediamo; se facessi come le mie sorelle, chi mi toccherebbe di sposare?" e si mise al balcone. Passò in fretta una vecchia lavandaia, e lui la chiamò: - Comare, comare, aspettate un momento...

- E che volete?

- Salite un momento, che vi ho da parlare di premura!

- Ma che premura e premura! Premura l'ho io che devo andare al fiume a lavare questi panni.

- Insomma, salite! Ve lo ordino!

Ma sì, andar a dar ordini alle vecchie. Gli si voltò contro e gli lanciò una imprecazione: - Andate a cercarvi la bella Fiorita! - Si voltò e andò via.

Il Re si sentì tremare e dovette appoggiarsi al balcone. Fu preso da una gran nostalgia e credeva che fosse per le sorelle che aveva perduto, e invece era quel nome della bella Fiorita che gli s'era conficcato nel cuore. Si disse: "Bisogna che io lasci questa casa, e giri il mondo finché non troverò la bella Fiorita".

Cammina cammina, girò mezzo mondo, e nessuno sapeva dargli notizie della bella Fiorita. Erano tre anni che era in viaggio, quando un giorno si trovò in una campagna e cominciò a incontrare una mandria di porci, e poi un'altra, e un'altra ancora, e così andava avanti in mezzo a un mare di porci e facendosi largo tra questi porci si trovò dinanzi a un gran palazzo. Bussò e disse: - Ehi, di casa! Datemi alloggio per stanotte!

La porta del palazzo s'aperse e apparve una gran dama, vide il Re e gli buttò le braccia al collo: - Fratello mio! - E il Re riconobbe la sua sorella maggiore, che era stata sposata a un porcaro: - Sorella mia!

Ed ecco venne anche il cognato porcaro, vestito da gran signore, e gli fecero vedere il magnifico palazzo che abitavano, e gli dissero che anche le altre due sorelle ne avevano di eguali.

- Io vado cercando la bella Fiorita, - disse il Re.

- Noi non sappiamo della bella Fiorita, - disse lei, - ma va' dalle nostre sorelle che forse ti potranno aiutare.

- E se ti troverai in pericolo, - disse il cognato che era stato porcaro, - tieni queste tre setole di porco; ti basterà gettarne una in terra e ti toglierai da ogni impaccio.

Ripreso il viaggio, il Re dopo molto cammino si trovò in un bosco. Su ogni ramo del bosco c'erano posati uccelli, da un albero all'altro c'erano uccelli che passavano a volo e il cielo non si vedeva dagli uccelli d'ogni specie che vi aleggiavano; e tutti cinguettavano insieme, in un coro assordante. In mezzo a quel bosco sorgeva il palazzo della seconda sorella, che stava ancora meglio della prima, col marito che da povero uccellatore era diventato gran signore. Neanche loro sapevano nulla della bella Fiorita, e indirizzarono il Re dalla terza sorella, ma prima di salutarlo, il cognato gli diede tre penne d'uccelli, che bastava ne gettasse una in terra trovandosi in un pericolo, e si sarebbe certo salvato.

Il Re continuò il suo viaggio e a un certo punto ai due lati della strada cominciò a vedere delle tombe e queste tombe si facevano sempre più fitte, e tutt'intorno nella campagna ormai non si vedevano che tombe. Così arrivò al palazzo della terza sorella che gli era ancora più cara delle altre, e il cognato che era stato beccamorto gli diede un ossicino di morto, e gli disse che se si fosse trovato in pericolo, gli bastava gettasse l'ossicino. E la sorella gli disse che sì, sapeva la città dove abitava la bella Fiorita, anzi l'avrebbe indirizzato da una vecchia, cui lei aveva fatto del bene, e che certo l'avrebbe aiutato.

Il giovane arrivò al paese della bella Fiorita, che era la figlia del Re. E in faccia al palazzo del Re, c'era proprio la casa di quella vecchia, che accolse con gratitudine il fratello della sua benefattrice. Dalla finestra della casa della vecchia il giovane Re poté vedere la bella Fiorita che s'affacciava all'alba, coperta da un velo, un fior di bellezza che lui, a vederla, se la vecchia non lo teneva, sarebbe cascato giù dal davanzale.

- Ma non provatevi a chieder la sua mano, Maestà, - disse la vecchia. - Il Re di questo paese è crudele, e ai pretendenti propone delle prove impossibili, e fa tagliar la testa a chi non riesce.

Ma il giovane non ebbe paura e si presentò al padre della bella Fiorita a chieder la sua mano. Il Re lo fece chiudere in un fruttaio sterminato, tutto scaffali pieni di mele e pere e gli disse che se non le avesse mangiate tutte in un giorno, gli avrebbe fatto tagliar la testa. Il giovane si ricordò delle setole di porco del cognato porcaro, e le gettò in terra. Subito s'udì un coro di grugniti e da tutte le parti entrarono porci, porci, porci, un mare di porci grugnenti e grufolanti che mangiarono tutto quello che trovarono, buttarono giù tutti gli scaffali e mangiarono tutte le mele e tutte le pere senza lasciarne neppure un torsolo.

- Bravo, - disse il Re, - sposerai mia figlia. Ma c'è la seconda prova. La prima notte che passerai con lei devi riuscire ad addormentarla col canto degli uccelli, i più belli e i più armoniosi che si siano mai visti e uditi. Se no domani ti farò tagliar la testa.

Lo sposo si ricordò delle tre penne di suo cognato uccellatore e le gettò per terra. Ed ecco l'aria fu oscurata da una nuvola d'uccelli, con le ali e le code di ogni colore, che si posarono sugli alberi, sulle guglie, sui tetti e cominciarono a cantare con una musica così soave che la Principessa s'addormentò con un dolcissimo sorriso sulle labbra.

- Sì, - disse il suocero, - ti sei meritata mia figlia. Però visto che siete sposi, già domattina dovete farmi trovare un bambino che sappia dire babbo e mamma. Se no taglierò la testa a te e a lei.

- Fino a domani c'è tempo, - rispose lo sposo e congedandosi dal Re rimase con la bella Fiorita.

Al mattino, si ricordò dell'ossicino del cognato beccamorto. Lo gettò in terra ed ecco che l'ossicino si trasformò in un bel bambino con una mela d'oro in mano, che chiamava babbo e mamma.

Entrò il Re suocero e il bambino gli andò incontro e gli voleva mettere quella mela d'oro in cima alla corona. Il Re allora baciò il bambino, benedisse gli sposi e toltasi la corona, la mise in testa al genero, che così ne ebbe due.

Fecero una gran festa a cui parteciparono anche il cognato porcaro, il cognato uccellatore e il cognato beccamorto con le loro spose.


Download XMLDownload textStoryBook