calvino-96

Quattordici

AuthorItalo Calvino
Book TitleFiabe italiane
Publication Date1956
ATU650
LanguageItalian
OriginItaly

C'erano una mamma e un babbo con tredici figli tutti maschi. Ne nacque un altro, e gli misero nome

Quattordici. Crebbe in fretta e diventò grande; e la mamma gli disse: - È ora che anche tu aiuti i tuoi tredici fratelli che sono nel campo a zappare. Prendi questo cesto con la colazione per te e per loro e raggiungili.

Gli diede un cesto con quattordici pagnotte, quattordici forme di cacio e quattordici litri di vino; e Quattordici andò. A metà strada gli prese fame e sete e mangiò tutte e quattordici le pagnotte e le forme di cacio e bevve tutti e quattordici i litri di vino.

I fratelli, rimasti a bocca asciutta, gli dissero: - Prendi un bidente anche tu e mettiti a zappare.

E Quattordici: - Sì, ma voglio un bidente che pesi quattordici libbre.

I fratelli gli trovarono un bidente che pesava quattordici libbre, e Quattordici disse: - Facciamo chi fa prima a zappare fino in fondo al campo?

Si misero a zappare tutti e quattordici; e Quattordici arrivò per primo in fondo al campo.

Da allora in poi, Quattordici lavorò coi fratelli: lavorava per quattordici ma mangiava anche per quattordici e i fratelli diventarono magri come acciughe.

Allora la madre e il padre gli dissero: - Vattene un po' per il mondo! - e Quattordici ci andò. C'era un contadino grosso (Nota 1 Contadì grosso (dial. marchigiano): "Con tale espressione si suol significare tra noi il contadino che conduca una vasta colonia e abbia numerosa famiglia" (Gianandrea).) che aveva bisogno di quindici zappatori. - Io lavoro per quattordici e mangio per quattordici, quindi pretendo la paga per quattordici, - disse lui. - Se mi prendete a questo patto, vengo.

Il contadino grosso volle metterlo alla prova e prese lui insieme a un altro uomo, così Quattordici più uno faceva quindici. Andarono a zappare e mentre l'uomo dava un colpo di bidente, Quattordici ne dava quattordici e presto zappò tutta la campagna.

Quando ebbe tutta la campagna zappata, il contadino grosso pensò che non gli conveniva di dargli la paga e da mangiare per quattordici e pensò a un sistema per liberarsi di lui. - Sta' a sentire, - gli disse. - Devi farmi un servizio. Devi andare all'Inferno con sette mule e quattordici bigonce a caricarle d'oro da Lucibello.

- Certo che ci vado, - disse Quattordici, - datemi solo una tenaglia che pesi quattordici libbre.

Avuta la tenaglia, frustò le mule per la strada dell'Inferno. Arrivato alle porte dell'Inferno, disse a quei diavoli: - Chiamatemi Lucibello.

- Che vuoi dal nostro capo? - chiesero i diavoli.

Quattordici diede la lettera del suo padrone, che chiedeva gli riempisse le quattordici bigonce d'oro.

- Vieni giù, - gli rispose Lucibello. Quando fu giù quattordici diavoli gli s'avventarono contro per divorarlo. Ma appena un diavolo apriva la bocca, Quattordici gli prendeva la lingua con la tenaglia e lo lasciava morto. Ci rimase solo Lucibello capo dei diavoli.

- Come faccio a riempirti d'oro le quattordici bigonce se m'hai ammazzato i quattordici diavoli che dovevano caricarle?

- Le carico io, - disse Quattordici; riempì d'oro le bigonce e disse: - Grazie, me ne vado.

- Credi d'andartene così? - disse Lucibello e aperse la bocca per mangiarlo. Quattordici prese la lingua con la tenaglia anche a lui, lo alzò da terra, se lo mise a tracolla appeso alla tenaglia, e via dall'Inferno con le mule piene d'oro.

Arrivò a casa dal padrone e legò il Diavolo al piede della tavola di cucina.

- Cosa devo fare, ora? - disse Lucibello.

E Quattordici disse: - Prenditi il mio padrone e tornatene all'Inferno con lui.

Il Diavolo non se lo fece dire due volte; e Quattordici restò lui padrone di tutto.


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